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Sputi anti-cristiani a Gerusalemme, un convegno per far luce

Marinella Bandini
19 giugno 2023
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Sputi anti-cristiani a Gerusalemme, un convegno per far luce
Un momento del convegno del 16 giugno 2023 a Gerusalemme. (foto M. Bandini)

Organizzato il 16 giugno 2023 a Gerusalemme, l'appuntamento culturale ha riflettuto su un fenomeno in crescita. Presentata una hotline che consentirà di denunciare e censire gli episodi di oltraggio.


Perché (alcuni) ebrei sputano contro i gentili? Non è solo un titolo – quello della conferenza che si è tenuta il 16 giugno a Gerusalemme – ma l’interrogativo che i cristiani si pongono ogni giorno nella Città Santa. I bersagli sono soprattutto sacerdoti e religiosi, ben riconoscibili dalla foggia dei loro abiti, ma non solo, come raccontano le immagini delle telecamere sparse in tutta la città. Gli autori degli oltraggi sono, di solito, ebrei ultra-ortodossi o giovani coloni, istigati da leader razzisti e sempre più spalleggiati dal «governo di estrema destra che incoraggia questo tipo di violenza» dice apertamente Yosi Havilio, uno dei vicesindaci di Gerusalemme, presente alla conferenza organizzata dal Centro studi per le relazioni fra ebrei, cristiani e musulmani dell’Università aperta di Israele (Open University of Israel).

I punti più caldi e una hotline per le denunce

Tra le zone più “calde”, ci sono la Via Dolorosa, il quartiere armeno e il Monte Sion. L’abbazia benedettina della Dormizione è regolarmente al centro di atti vandalici: «Succede ogni giorno, soprattutto il sabato. Ma questo è dissacrare il Sabato!» osserva l’abate, padre Nikodemus Schnabel. «Io li considero degli “hooligan dell’ebraismo”: non hanno alcuna conoscenza della loro religione, la usano solo per affermare la propria identità». Per contrastare il fenomeno, è stata lanciata una hotline, in dieci lingue, per le denunce. Secondo Yisca Harani, ricercatrice di Storia del cristianesimo e tra i promotori del convegno, il 90 per cento degli incidenti non viene denunciato per sfiducia o timore di ritorsioni. Ora una settantina di volontari raccolgono testimonianze, filmati e registrazioni delle telecamere di sicurezza e aiutano a denunciare. L’idea è portare questa documentazione alla conoscenza delle istituzioni e «liberare la città dagli sputi».

Una conferenza per provare a capire

L’appuntamento del 16 giugno avrebbe dovuto svolgersi nel Museo di Gerusalemme alla Torre di Davide, luogo ebraico per eccellenza, che nella propria mission ha anche la promozione dell’incontro tra le diverse componenti del tessuto sociale cittadino. Due giorni prima, la direzione ha comunicato la non disponibilità della sala. Si parla di forti pressioni da parte della Municipalità – guidata dal partito Likud, del premier Benjamin Netanyahu, e degli ultra-ortodossi. Un pressing iniziato alcune settimane fa, con la dissociazione del ministero degli Esteri e del vicesindaco Arieh King dai contenuti del convegno. Anche il rabbino capo sefardita di Gerusalemme, Shlomo M. Amar, che giorni fa aveva espresso riprovazione per il ricorso agli sputi, si è pronunciato contro la location. Un’occasione mancata, dice Havilio, che sullo sfondo vede le elezioni comunali che si terranno tra quattro mesi e nelle quali peseranno i voti degli ultra-ortodossi. La conferenza si è tenuta così nel seminario armeno, a poche centinaia di metri dalla Torre di Davide, ed è stata seguita da circa 300 persone, in presenza o collegate online. «Ci rammarichiamo che qualcuno si sia sentito offeso dal linguaggio e ci impegniamo a prevenire i malintesi in futuro», si legge in una nota del Museo della Torre di Davide resa pubblica alla vigilia dell’evento.

Le radici culturali

Alcuni degli studiosi intervenuti hanno presentato il background culturale in cui affonda l’abitudine degli ebrei di sputare contro i gentili (cioè i non ebrei) – in segno di disprezzo e per allontanare da sé l’impurità. L’usanza risalirebbe all’epoca delle Crociate, anche se ci sono riferimenti nella letteratura più antica e già nei racconti della Passione di Cristo. Addirittura nella preghiera quotidiana dell’Aleinu Ieshabeakh, in corrispondenza di alcuni versetti che si riferiscono a un Dio diverso da quello degli ebrei – «Perché adorano la vanità e il vuoto e pregano un dio che non può salvare» – alcuni ebrei avevano l’abitudine di sputare. In contesti come quello europeo, in cui gli ebrei erano in minoranza, lo sputo dimostrava disprezzo, ma anche audacia contro l’oppressione. Un atto interiorizzato a tal punto che anche in un contesto di maggioranza, come in Israele oggi, taluni ebrei infliggono questo trattamento a chi è in minoranza.

Per un cambiamento di mentalità

«Non c’è alcun riferimento, nella Legge giudaica, a un’attitudine positiva verso questi comportamenti», ha detto Yair Furstenberg, dell’Università ebraica di Gerusalemme. Non solo, ma la legge stessa punisce questo tipo di aggressioni. Secondo il professore, non avendo l’ebraismo ortodosso un’istituzione-guida, l’unico modo per cambiare questa pratica è «una profonda comprensione delle proprie tradizioni». Insomma, è questione di educazione, di formazione. Sul tema pedagogico hanno fatto perno anche gli interventi di monsignor William Shomali, per il patriarcato latino di Gerusalemme, e fra Alberto J. Pari per la Custodia di Terra Santa. «Se abbiamo in mente un Dio che vuole distruggere tutto ciò che non è perfettamente ortodosso, saremo portati a fare questo e a insegnarlo ai bambini – ha dichiarato a margine dei lavori fra Matteo Munari, dello Studium Biblicum Franciscanum –. Ma se conosciamo un Dio che è misericordia, che è addirittura disposto ad accettare su di sé gli sputi dell’uomo per amore, allora comincia una pagina nuova».


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