Riguardo al tema dell’ospitalità e dell’accoglienza, nella nostra cultura esistono molti detti proverbiali che talvolta sono in contraddizione tra loro. Per esempio, c’è chi dice che l’ospite è sacro e chi afferma che l’ospite è come il pesce e dopo tre giorni puzza. L’esperienza dell’ospitalità qualifica la civiltà di un popolo sin dall’antichità. Per i greci l’ospitalità era un tema che andava oltre le buone maniere. Infatti, si pensava che dietro il forestiero si nascondesse un’entità divina che aveva assunto sembianze umane e che, se non accolta con i dovuti rispetti, poteva scatenare la sua ira divina. Il tema dell’accoglienza nei Vangeli è fondamentale per comprendere l’annuncio del Regno di Dio.
Nel racconto evangelico del ministero di Gesù, ma ancor prima nell’Antico Testamento, questo termine accompagna e lega come un filo rosso tutta la Storia della Salvezza. Così, Cristo ci è raccontato come colui che possiamo accogliere, come fece Abramo con i tre misteriosi personaggi, alle querce di Mamre, che sono stati la porta per una nuova vita feconda per lui e la moglie Sara (cfr Genesi,18). Ancora oggi a Betania, nei pressi del Monte degli Ulivi sono vive le memorie e i segni archeologici che ci parlano di Marta, Maria e Lazzaro e della loro esperienza di accoglienza di Gesù e dei suoi discepoli.
Il celebre episodio narrato dall’evangelista Luca (10,38-42) ci racconta di Gesù che è accolto in una casa a Betania dalle due sorelle. Leggendo con attenzione il brano si può dire che Marta accoglie il Maestro non solo nella sua casa, ma direttamente in sé. Lei con il suo corpo, con il suo cuore e con la sua premura si fa casa per il viandante Gesù, che diventa così ospite. A cambiare la situazione esistenziale di Gesù, infatti, non è tanto e solo la novità del suo entrare nella vita delle persone e nelle case, ma il fatto che qualcuno lo accoglie. Il Vangelo vuole dire che l’accoglienza ha il potere di modificare l’essere dell’altro e la sua esistenza di forestiero e migrante permettendogli di raccontarsi e in qualche modo di esistere. Nell’esperienza di Betania, l’uomo Gesù che si ferma e gli è concesso di radicarsi in uno spazio proprio, permette poi a Maria di accogliere «la parte migliore» e custodirla perché «non le sarà tolta».
Nel Vangelo di Matteo Gesù si qualifica in questo modo: «Ero forestiero e mi avete accolto…» (25,35). Matteo usa un verbo (sunágo, in greco) che più correttamente significa «raccogliere». Raccolto è qualcuno che sta in basso o è caduto a terra e poi viene riunito al gruppo. Il forestiero, quindi, deve essere visto come colui che ha bisogno di essere innalzato e riconnesso a un gruppo. È l’esperienza dell’incarnazione che Dio vuole comunicare attraverso suo Figlio. Gesù quindi non chiede solo accoglienza, ma con la sua presenza e con la sua parola ci trasforma da stranieri in familiari, come dice san Paolo nella lettera ai cristiani di Efeso: «Non siete più né stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e famigliari di Dio» (Lettera agli Efesini 2,19). Il Regno dei cieli annunciato da Gesù è figurato dal banchetto a casa di Levi nel quale c’è posto per tutti coloro che accolgono l’invito di stare alla sua mensa. Anche i peccatori!
Questo tratto segna fortemente l’esperienza di Francesco di Assisi e il suo modo di guardare alle cose del mondo. Nelle fonti sulla sua vita, infatti, è narrato un episodio riguardo ad alcuni ladroni che Francesco incontra in un eremo vicino al Monte della Verna. I ladroni andavano al convento per domandare del pane, ma poi derubavano anche i passanti e quindi i frati erano molto contrariati e si domandavano quale atteggiamento tenere nei loro confronti. Francesco consiglia ai suoi frati di andare nel bosco, portare del cibo ai ladroni e di servirli, chiedendo di non percuotere i derubati. Poi dice di tornare di nuovo con cibo ancor più abbondante e di chiedere loro di ravvedersi. La strategia di Francesco è di considerare quei ladroni come persone, accogliendoli senza pregiudizi, e di offrire loro la possibilità di un tessuto relazionale che è «casa» e non «accusa». In quel modo quegli uomini passano alla vita onesta e alcuni di loro entrano perfino a far parte della fraternità. Aprire una porta e «dare casa», quindi, è ancora oggi la possibilità e la via che ci è data per trasformare un forestiero in ospite e vivere in modo autentico il nostro essere discepoli e assomigliare sempre di più a Gesù.
Eco di Terrasanta 4/2023
Casa di sant’Anna e «casa di misericordia»
Luogo di due memorie: la natività di Maria (dal VI secolo) e, già due secoli prima, la guarigione del paralitico. Tradizioni diverse in uno spazio appartato, presso il lato orientale delle mura di Gerusalemme. Un invito alla riscoperta.