A giorni Arabia Saudita e Iran riapriranno le proprie ambasciate nelle capitali dei due Paesi. Intanto sul terreno vi sono già gesti concreti di cooperazione. Come l'evacuazione di cittadini iraniani in Sudan da parte della marina saudita.
Un gesto impensabile fino a tre mesi fa. Eppure, adesso gli (ex) nemici si aiutano. Nei giorni scorsi, l’esercito e la marina sauditi hanno infatti salvato 65 iraniani rimasti intrappolati nella guerra scoppiata in Sudan. A raccontare con gratitudine l’episodio, citato a dimostrazione del nuovo clima che si è stabilito tra Riyadh e Teheran, sono i giornali iraniani. Anche le televisioni saudite hanno mostrato scene del salvataggio, con tanto di discorso del capo militare dell’operazione, Ahmed al-Dabais, che esalta l’amicizia e la fratellanza tra le due nazioni del Golfo e invita addirittura gli iraniani in fuga a guardare al Regno arabo come alla propria terra.
L’Arabia Saudita ha svolto un ruolo importante nell’evacuazione degli stranieri da Khartum e dal Sudan dopo l’aprirsi improvviso, lo scorso 15 aprile, di un nuovo brutale conflitto tra l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan e le Forze di rapido intervento guidate da un altro generale sudanese, Mohamed Hamdan “Hemedti” Dagalo. Le navi della marina saudita hanno trasportato migliaia di fuggitivi di varie nazionalità, compresi gli iraniani, attraversando il Mar Rosso, da Port Sudan a Gedda.
Insomma le prove di pace tra le due potenze regionali non mancano, in attesa dell’imminente riapertura (è ormai questione di giorni) delle rispettive ambasciate a Riyadh e Teheran, prevista nell’accordo firmato il 10 marzo scorso a Pechino, da Iran e Arabia Saudita, grazie alle garanzie della Cina. I due paesi avevano rotto i rapporti diplomatici nel 2016, in un crescendo di tensioni e scontri in tutta l’area.
In attesa che tornino gli ambasciatori, già tre missioni diplomatiche iraniane sono operative in Arabia Saudita, secondo quanto riferiscono i media della Repubblica islamica. L’haij, il tradizionale pellegrinaggio alla Mecca e a Medina, è alle porte: comincerà infatti a fine giugno e l’obiettivo immediato è quello di consentire ai fedeli iraniani, dopo anni di sospensione, di parteciparvi in sicurezza, grazie all’appoggio politico e organizzativo delle ambasciate rimesse in funzione.
In parallelo all’haji iraniano verso la Mecca e Medina, i sauditi – a quanto ha riferito l’iraniana PressTv – hanno proposto di istituire una rotta aerea regolare per collegare la città saudita di Damman, dove vive una maggioranza di arabi sciiti, con Mashhad, la città santa sciita iraniana, nel nord-est del Paese, quasi al confine con l’Afghanistan, meta di pellegrinaggi di decine di milioni di devoti da tutto il mondo. Anche questa notizia ha qualcosa di straordinario, se si pensa alle limitazioni e alle restrizioni imposte finora dal Regno saudita alla propria minoranza religiosa. Fu proprio la decapitazione di un leader della comunità locale araba sciita, accusato di reati politici dalle autorità di Riyadh, a scatenare la crisi che nel 2016 portò all’assalto dell’ambasciata saudita a Teheran e alla rottura diplomatica.
La piena ripresa dei rapporti tra Arabia Saudita e Iran apre grandi aspettative: potrà avere – secondo molti osservatori – un’influenza importante sugli assetti regionali e potrà pesare positivamente sulla soluzione di conflitti, come quelli in Siria e in Yemen, o anche stabilizzare situazioni traballanti come quelle in Iraq e in Libano. Intanto anche il salvataggio degli iraniani in Sudan, la ripresa dell’haij alla Mecca per i musulmani della Repubblica islamica e il possibile avvio di un pellegrinaggio semplificato per gli arabi sauditi sciiti a Mashhad non sono cose da poco in quella parte di mondo.