Era il 4 settembre 1523 quando agli occhi di Iñigo Lopez di Loyola (1491-1556) – un nobile basco di piccolo rango imbevuto di ideali cavallereschi e affascinato dalla vita di corte, che aveva da poco intrapreso un risoluto percorso di conversione e che in seguito tutti impararono a conoscere come Ignazio – apparve per la prima volta Gerusalemme. Nella Città Santa cominciò e si concluse il suo pellegrinaggio, dalla durata di diciannove giorni, sebbene l’effettiva partenza dal porto di Giaffa avvenne solo il 3 ottobre.
«Intanto si avvicinava il tempo in cui si era prefisso di partire alla volta di Gerusalemme» (Racconto del Pellegrino 34 – autobiografia di Ignazio)
Come spesso accade, anche ai giorni nostri, l’esperienza del farsi pellegrini in Terra Santa non è riducibile ai giorni della durata di un pellegrinaggio scandito dalle sue tappe. Coinvolge tempi ben più dilatati, che si estendono da quando prendono forma e crescono nel cuore l’intuizione e il desiderio di intraprendere il «santo viaggio» a quel tempo, sempre piuttosto difficile da determinare, che apre alla maturazione dei frutti di una simile esperienza. Questa dilatazione temporale fu particolarmente rilevante nella vicenda personale di Ignazio, per il quale l’orizzonte del farsi pellegrino in Terra Santa si aprì nel 1521, durante un lungo periodo di convalescenza dovuta a una ferita riportata in battaglia, e perdurò fino al 1538, anno in cui Ignazio e i suoi primi compagni desistettero dal proposito di recarsi insieme nei Luoghi Santi e fermarvisi definitivamente, per trascorrervi l’intero pellegrinaggio della loro esistenza.
«Era suo fermo proposito stabilirsi a Gerusalemme per ritornare spesso su quei luoghi santi. Oltre a questo scopo di devozione ne aveva un altro: aiutare le anime». (RdP 45)
Il pellegrino che nel marzo del 1523 si imbarcò da Barcellona alla volta di Roma, a distanza di più di un anno e mezzo dalla decisione presa in cuor suo di recarsi nei Luoghi Santi, non mirava più soltanto a un’impresa da compiere come parte del suo itinerario di conversione, ma l’appuntamento con Gerusalemme era progressivamente divenuto un progetto di vita: lì voleva stabilirsi sia per radicare una sua esperienza personale di discepolo di Gesù che intendeva ripercorre costantemente le orme del Maestro, sia perché proprio lì voleva dare maggiore incarnazione a un desiderio apostolico che sempre più aveva maturato nel suo cuore: «aiutare le anime». Sentiva di poterlo fare all’interno di un contesto radicale, stando «tra gli infedeli», anche nella prospettiva – non del tutto scevra da ideali cavallereschi – di contribuire a una loro «conversione». Per dare corpo a questa intuizione – dopo un rallentamento durato quasi un anno e mezzo, dovuto sia alle esigenze proprie di una maturazione interiore, sia all’affacciarsi di alcune problematiche di salute – il proposito procedette secondo una cadenza più lineare e spedita: da Barcellona a Roma al fine di ottenere le credenziali e autorizzazioni per potersi recare in Terra Santa con lo status di pellegrino a tutti gli effetti; da Roma a Venezia per poter individuare una nave sulla quale imbarcarsi ed elemosinare quanto necessario per sostenere le spese di viaggio, e compiere quindi l’anelata traversata.
«Stavano per arrivare al luogo da cui si poteva scorgere la città; perciò era bene che tutti si preparassero interiormente e rimanessero in silenzio». (RdP 44)
Molto scarne ed essenziali sono le informazioni sui giorni trascorsi in Terra Santa presenti nell’Autobiografia dettata da Ignazio verso la fine della sua vita. Si trattava del medesimo itinerario che centinaia di pellegrini avevano più o meno anonimamente percorso in quegli anni e che egli condivise con altri venti compagni di viaggio, quattro dei quali morirono subito a causa della salute precaria messa a dura prova dalle fatiche del viaggio. L’itinerario percorso in quei giorni fu predisposto dai frati della Custodia incaricati dell’accoglienza dei pellegrini (cui elemento centrale era il rendere compatibile un’esperienza spirituale e devozionale con le «istanze di sicurezza»). I diari dello svizzero Peter Füssli e dell’alsaziano Philip Hagen, due dei suoi compagni di viaggio, sono una fonte preziosa per ricostruire questo pellegrinaggio avvenuto al termine dell’estate del 1523. I pellegrini vennero accolti e alloggiati presso il convento francescano del Monte Sion, il loro gruppo fu uno degli ultimi (forse l’ultimo!) a poter celebrare l’eucaristia presso la Sala superiore del Cenacolo (da cui i francescani furono allontanati definitivamente nel 1552 – ndr). Per lo più si trattò di un itinerario nella Città Santa e dintorni, con alcune visite che si spinsero sino a Betlemme e a Gerico. Ignazio e il suo gruppo non visitarono la Galilea né la Samaria, in quanto ritenute in quei mesi «territori non sicuri». Molto dettagliato è invece il racconto autobiografico relativo all’ultimo giorno gerosolimitano, il 22 settembre 1523. Diversi gli eventi che si dispiegarono in quella giornata, a partire dall’incontro tra Ignazio e il Custode di Terra Santa (Angelo da Ferrara – ndr), il cruciale momento in cui il pellegrino basco rese manifesto il suo proposito di non ripartire con il gruppo, ma di fermarsi stabilmente in Terra Santa. La risposta del Custode fu netta: non c’erano le condizioni perché Ignazio prolungasse la sua presenza, né tantomeno si stabilisse in Terra Santa. I motivi erano soprattutto di ordine precauzionale e dovuti alle fatiche crescenti che i frati della Custodia andavano incontrando con le autorità ottomane. Costanti erano le preoccupazioni per l’incolumità, non solo dei pellegrini ma degli stessi frati e dei Luoghi Santi. Il messaggio del Custode fu chiaro: la presenza di un «libero battitore», con un profilo umano ed ecclesiale così poco inquadrabile e gestibile, fu valutata in modo problematico e come una potenziale «grana» in più da gestire. La generosità e la passione proprie di un neoconvertito, l’essere disposto a vivere sobriamente, provvedendo a sé, chiedendo elemosine in un contesto in cui simili operazioni erano piuttosto rischiose e delicate, volenteroso nel voler «aiutare le anime», ma senza nessuna esperienza, né titolo per poterlo fare. Tale fermezza venne accompagnata dalla esplicitazione della facoltà di imporre la pena di scomunica, a cui il Custode era disposto a ricorrere, nel caso in cui il Loyola non avesse desistito dal suo proposito e avesse tentato disobbedienza.
«Il pellegrino aveva compreso che la sua permanenza a Gerusalemme non era volontà di Dio. Da allora andava sempre considerando tra sé cosa doveva fare». (RdP 50)
La reazione del pellegrino fu emotivamente molto carica e impulsiva, vedendo crollare con lo scambio di poche battute un progetto di vita costruito nel tempo e maturato come «volontà di Dio». Lo smarrimento fu totale e lo avvolse una profonda tristezza. Simili stati d’animo culminarono – giunti a poche ora dalla partenza! – nella ricerca di un modo adeguato a esprimere il suo congedo non solo da Gerusalemme, ma dall’intero progetto di «nuova vita» che aveva fin lì elaborato. Le ultime ore divennero frenetiche: Ignazio abbandonò il suo gruppo per recarsi da solo presso l’Edicola dell’Ascensione, al sommo del monte degli Ulivi e potersi congedare dalla Terra Santa in quello stesso luogo in cui Gesù risorto lo aveva fatto dai suoi discepoli. Questo impulso devozionale si ripeté una seconda volta, poiché per trovare pace nel suo addio forzato dalla Terra Santa, diventò decisivo non solo il recarsi presso l’Edicola, ma accedere alla pietra contenuta in essa, in cui sono impresse le orme dei piedi lasciate dal Risorto prima della sua salita al Cielo. L’ultima immagine che Ignazio volle conservare del suo pellegrinaggio fu la direzione indicata da quelle orme, ovvero la ricerca di un segno che potesse offrire un nuovo punto di partenza su che cosa fare nella sua vita, occupandosi delle cose di Dio e trovando un posto nelle trame della storia degli uomini. La risposta assunse un volto, attraverso vicende ancora lunghe e tortuose, che condussero alla nascita del Compagnia di Gesù nel 1540. Ciò avvenne a diciassette anni di distanza da quella estate del 1523 e dopo un secondo fallimentare tentativo di ritornare in Terra Santa, insieme ad alcuni compagni desiderosi di spendere proprio lì, come aveva desiderato Iñigo, tutta la loro vita. Ma questa è un’altra storia e quell’Ignazio di Loyola che costituirà la Compagnia di Gesù era una persona profondamente diversa, pur conservando sempre nel cuore il desiderio di essere in contatto con i Luoghi in cui il Signore Gesù si è reso presente.
Terrasanta 3/2023
Il sommario dei temi toccati nel numero di maggio-giugno 2023 di Terrasanta su carta. Al centro il Dossier dedicato al Terra Sancta Museum e al patrimonio storico della Custodia di Terra Sancta.
Custodire la memoria
Vanno crescendo le istituzioni che la Custodia di Terra Santa, a Gerusalemme, mette a servizio di visitatori locali e pellegrini per narrare la storia cristiana in questa regione.