Un nuovo progetto di infrastrutture ferroviarie e navali potrebbe accorciare le distanze tra l'India e la penisola arabica, con un prolungamento fino ad Israele, grazie agli Accordi di Abramo. Un disegno statunitense in chiave anticinese.
Una rete di infrastrutture per collegare attraverso treni caricati su apposite navi l’India ai Paesi del Golfo. E un domani – se gli Accordi di Abramo dovessero mai estendersi davvero all’Arabia Saudita – anche a Israele. In un Medio Oriente in cui la Cina ha rilanciato le sue ambizioni con la mediazione che ha portato alla ripresa ufficiale delle relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita, viaggia sui binari la risposta di Washington alle mosse di Pechino. Con un mega-progetto infrastrutturale in cui non è difficile scorgere una sfida alla Belt and Road Initiative, la «nuova via della seta» su cui ha da tempo scommesso il presidente cinese Xi Jinping.
In questi giorni il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan è stato in Arabia Saudita per incontrare le sue controparti saudita, emiratina e indiana. E sul sito statunitense Axios il giornalista israeliano Barak Ravid ha svelato qualche giorno fa quello che deve essere stato il piatto forte delle discussioni: un grande progetto per lo sviluppo di linee ferroviarie e porti che rafforzino i collegamenti per il traffico di merci tra Paesi del Medio Oriente e – attraverso appositi corridoi marini – anche direttamente con l’India.
Non è un caso che la notizia sia stata diffusa proprio da un giornalista israeliano: come Sullivan stesso ha spiegato in un intervento al Washington Institute for Near East Policy – uno dei più autorevoli think tank sul Medio Oriente – l’incubatore in cui è nata l’idea è stato infatti l’I2U2, un forum politico quadrilaterale che dal 2021 vede insieme Stati Uniti e Israele, con Emirati Arabi Uniti e India. L’obiettivo (neanche troppo velato) di Washington è quello di far leva sulle ambizioni di New Delhi e Abu Dhabi per contenere in un’area chiave del mondo l’ascesa di Pechino. Ed è un gioco in cui Israele ha tutto da guadagnare.
L’India – che guarda con preoccupazione alla Belt and Road Initiative ed è frenata a ovest dalla storica contrapposizione con il Pakistan – vede negli Accordi di Abramo una nuova opportunità. Il progetto delle reti ferroviarie e del corridoio marittimo con gli Emirati Arabi Uniti consentirebbe infatti a New Delhi di spedire merci verso il Golfo che – attraversando l’Arabia Saudita e la Giordania – potrebbero arrivare a Beit She’an e al porto di Haifa. Da qui sarebbe semplice farle poi arrivare al porto greco del Pireo e in tutta Europa.
Del resto i legami economici tra gli Emirati Arabi Uniti e l’India sono già solidi: l’India è il principale importatore di beni emiratini, mentre Abu Dhabi è il terzo partner commerciale di New Delhi. Ma anche nelle relazioni economiche e politiche con Israele l’India ha fatto passi da gigante in questi ultimi anni. Lo stesso porto di Haifa – dopo la privatizzazione dello scorso anno – è oggi nelle mani di un consorzio che vede una partecipazione importante del miliardario indiano Gautam Adani, vicinissimo al premier Narendra Modi.
È, dunque, un progetto in cui ciascuno ha qualcosa da guadagnare quello dei treni indiani nel Golfo. Per funzionare davvero, però, ha bisogno del passaggio geopolitico più delicato: quella normalizzazione nei rapporti tra Israele e l’Arabia Saudita, nell’aria ormai da tempo ma scoraggiata dalla situazione politica di oggi a Gerusalemme. L’amministrazione Biden preme per arrivare a questo risultato, che sarebbe fondamentale per la sua partita con Pechino. Ma il principe Mohammed bin Salman non ha intenzione di perdere la faccia nel mondo arabo, stringendo accordi alla luce del sole con un governo come quello guidato oggi da Benjamin Netanyahu. E con la nuova sponda cinese, ora, può anche permettersi di giocare su due tavoli. Vantaggio non da poco in un mondo in cerca di nuovi equilibri come quello di oggi.
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