In vista delle elezioni del prossimo 14 maggio, secondo gli analisti, le elettrici potrebbero voltare le spalle al presidente Recep Tayyip Erdogan in favore del candidato leader dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu.
Nelle prossime elezioni del 14 maggio in Turchia il Partito per la giustizia e per lo sviluppo (Akp) di Recep Tayyip Erdogan potrebbe perdere consensi tra le donne conservatrici, che sono state per vent’anni uno dei pilastri del suo bacino elettorale. «Solo» il 68,7 per cento delle elettrici dell’Akp nelle precedenti tornate elettorali, riferisce la testata elettronica Al Monitor, voterà probabilmente di nuovo per il partito al potere, secondo un sondaggio promosso su un campione di 1.067 donne dalla fondazione turca Democrazia sociale (Sosyal Demokrasi Vakfı, Sodev nell’acronimo turco) in collaborazione con la fondazione tedesca Friedrich Ebert e con l’istituto di sondaggi e ricerche Panaliz.
Secondo la rilevazione, il 7,8 per cento di chi volterà le spalle all’Akp darà il proprio voto al partito di opposizione nel Paese, il Partito popolare repubblicano (Chp) e il 2 per cento lo darà al Partito Buono (Iyi Parti), che è uno dei due partiti politici con una donna co-presidente. Questi due partiti, i maggiori dell’opposizione, hanno formato con altre quattro formazioni minori di destra un’alleanza elettorale che sfiderà unita il presidente in carica con il leader del Chp e candidato alla presidenza Kemal Kilicdaroglu. Erdogan ha cercato di ampliare la sua base di sostenitori con il tradizionale alleato, il patriarcale Partito del Movimento nazionalista (Mhp) di Dehvet Bahceli, e due partiti islamisti minori. Per il sondaggio della Sodev il 14 per cento del campione resta indeciso su come voterà nelle elezioni parlamentari, che si svolgeranno contemporaneamente alle presidenziali.
Erdogan alleato di due partiti islamisti misogini
Diversi analisti prevedono che molti dei voti femminili andranno ai due principali partiti dell’opposizione, il Partito popolare repubblicano e il Partito Buono. Un precedente sondaggio, svolto a gennaio, aveva in effetti indicato che l’Akp, storicamente il partito che raccoglie il maggior numero di voti da parte delle donne, si fermava in quel momento al 26,5 per cento delle preferenze ed era stato sorpassato dal Chp, in testa con il 29,2 per cento dei consensi ancora prima che l’Akp firmasse la contestata alleanza elettorale del mese scorso con due partiti islamisti che minacciano di abrogare la legge contro la violenza di genere e di non riconoscere una serie di diritti acquisiti delle donne. Nello stesso sondaggio il Partito Buono riceveva il 18,8 per cento dei voti femminili ed il filo-curdo Partito democratico del popolo (Hdp), che detiene il più alto numero di giuriste in Parlamento e una donna co-presidente, prendeva il 7,4 per cento dei voti.
Sebbene non costituiscano un blocco monolitico, vent’anni fa le elettrici conservatrici guardavano all’Akp come l’unico partito che rispecchiava i loro valori. Tuttavia diversi sondaggi e commentatori hanno rilevato una flessione nei consensi a partire dal 2018 ed in modo ancora più marcato nel 2020, dovuta alle ristrettezze economiche, alle disuguaglianze di genere nei salari e agli atteggiamenti dell’Akp verso i diritti delle donne, soprattutto sulla violenza domestica e sui matrimoni precoci. Le nuove generazioni, poi, non condividono le visioni dell’Akp sulla famiglia e sulla maternità. Lamentano inoltre che la struttura patriarcale del partito le usi come «bassa manovalanza» senza permettere che partecipino ai processi decisionali o abbiano una qualche forma di visibilità nei media e nella politica.
Nel 2021 la Turchia si è ritirata dalla Convezione di Istanbul
L’ennesimo passo falso di Erdogan contro le donne è stato il ritiro dell’adesione alla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Parliamo di un trattato internazionale promosso dal Consiglio d’Europa e firmato a Istanbul nel 2011, che la Turchia aveva ratificato nel 2012 insieme ad altri 44 Paesi (clicca qui per una valutazione di Amnesty International sulla Convenzione). Nove anni dopo, il presidente Erdogan ha deciso il ritiro dalla Convenzione. Documenti riservati hanno poi mostrato che alcuni esponenti dell’Akp stanno anche cercando di emendare la legge 6284 (dell’8 marzo 2012 – ndr) che tutela le donne e i bambini vittime di violenza. La giurista e parlamentare dell’Akp Ozlem Zengin ha lamentato di esser stata lasciata sola dai suoi colleghi maschi a difendere la normativa.
Secondo la politologa Seyda Taluk «c’è una evidente incomprensione sia da parte dell’Akp sia da parte di esponenti dei partiti dell’opposizione circa l’impatto del ritiro di Ankara dalla Convenzione di Istanbul. Molti politici hanno liquidato la questione come un dibattito intellettuale che non tocca la base. Si sono sbagliati. Quello è stato un momento chiave nella definizione dei rapporti tra l’Akp e il suo elettorato femminile». I sondaggi mostrano che uno zoccolo duro di elettrici continuerà a votare per l’Akp, ma tale bacino è in costante erosione visto che le elettrici più giovani non si riconoscono più nel modello di famiglia patriarcale e nella sottomissione e dipendenza economica vissuta da molte delle loro madri.