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Un sussidio per spiegare l’ebraismo a scuola

Giulia Ceccutti
24 marzo 2023
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Un sussidio per spiegare l’ebraismo a scuola

Sedici schede elaborate da esperti della Cei e dell'Ucei. Pensate per correggere alcune storture, criticità e mancanze individuate nei libri di testo scolastici italiani per l’insegnamento della religione, possono essere utili a tutti.


«È un passo piccolo, ma in realtà gigantesco». Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei), definisce così le Sedici schede per conoscere l’ebraismo, elaborate da un gruppo di lavoro misto, composto da esperti designati dalla Conferenza episcopale italiana (Cei) e dall’Ucei.

La pubblicazione – volutamente agile, una novantina di pagine – è stata ufficialmente presentata il 15 e 16 marzo scorsi a Ferrara, nella cornice del Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah (Meis), alla presenza di numerose autorità appartenenti al mondo ebraico ed ecclesiastico italiano, nonché di diversi docenti di religione ed esponenti dell’universo editoriale.

Ragioni e obiettivi

Il testo è ora accessibile a tutti e scaricabile online, nei siti internet della Cei e dell’Ucei.

Clicca sull’immagine per scaricare le 16 schede

Si propone di rispondere ad alcune storture, criticità e vere e proprie mancanze che sono state individuate nel corso di una preliminare ricognizione sui libri di testo delle scuole per l’insegnamento della religione. Vuoti e imprecisioni che riguardano non solo i testi, ma anche le immagini, con i relativi – spesso più potenti – messaggi.

L’obiettivo è quello di offrire uno strumento utile per una migliore conoscenza del mondo ebraico, scevra da pregiudizi e stereotipi. Destinatari sono pertanto in primis autori e redattori dei testi destinati ai bambini e ragazzi delle scuole, insieme ai docenti e, di riflesso, alle famiglie. Ma anche – come illustrato da Ernesto Diaco (direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per l’educazione, la scuola e l’università e responsabile del Servizio nazionale dell’Irc) nel corso dell’evento di Ferrara – i momenti di catechesi, gli oratori, i centri culturali delle parrocchie e tutti gli spazi legati alla formazione dei fedeli.

«A questo serve il dialogo»

Alle parole di Noemi Di Segni fanno eco quelle di rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, che di questo lavoro dice: «È un risultato importante. Non è stato semplice arrivarci». E spiega: «Abbiamo visto sul campo le grandi difficoltà che ancora esistono. Il lavoro compiuto è servito a mettere in evidenza tali difficoltà. E quindi è stato, anche per coloro che l’hanno svolto, un processo educativo, che si riverserà sugli educatori. A questo serve il dialogo: per rendersi conto dei problemi che esistono, e cercare di risolverli con buona volontà».

Un lavoro condiviso

Le sedici schede sono il frutto di un’opera intensa e condivisa su tutti i fronti tra esperti ebrei e cattolici: dalla redazione e revisione dei testi, alla programmazione dei tempi.

Un iter iniziato alcuni anni fa e segnato da alcune tappe che vale la pena citare. Tra queste, un seminario intitolato Ebraismo e cristianesimo a scuola (tenutosi a Roma nel giugno 2019) e una prima presentazione del progetto, che aveva già preso forma, ai Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli nel dicembre 2021.

Dopo quell’incontro, una fase conclusiva di lettura condivisa, durante la quale, ha specificato ancora Diaco, «si è letto insieme letteralmente tutto», per arrivare finalmente alla pubblicazione.

I contenuti

Le schede trattano sinteticamente i principali temi dell’ebraismo e i punti di contatto con il cristianesimo. Tre le grandi aree in cui vengono suddivisi: i concetti fondamentali; la vita della comunità ebraica; la storia dell’ebraismo.

Ai temi che rientrano nella sfera della vita pratica (quali ad esempio l’osservanza dello Shabbat, il calendario ebraico, il ciclo delle feste) si accompagnano questioni più astratte ed elevatissime, come i concetti di giustizia e misericordia, la differenza tra rabbini, sacerdoti e preti, o il tema «sensibile» dell’elezione d’Israele, ancora fonte di pregiudizio.

L’ultima scheda presenta poi la descrizione del corretto significato di alcuni termini: tra gli altri, “israeliano” e “israelita”, “antigiudaismo, antisemitismo, antisionismo”. A ricordarci che le scelte linguistiche contano, eccome.

«Non è stata un’opera semplice», ha commentato il presidente dell’Assemblea rabbinica italiana rav Alfonso Arbib, «perché si è trattato di combattere pregiudizi antisemiti, anche quando sono espressi in buona fede, o in presunta buona fede. I pre-giudizi vanno spesso al di là del ragionamento. È senza dubbio più facile combattere l’antisemitismo dichiarato».

Nel solco della Nostra aetate

In conclusione, va sottolineato che questa fruttuosa collaborazione, nelle intenzioni dei promotori, si inserisce all’interno di un percorso più ampio avviato in seguito alla dichiarazione Nostra aetate, del concilio ecumenico Vaticano II, che sin dal 1965 ricorda la necessità di una mutua conoscenza e stima tra cristiani ed ebrei, da attuarsi «soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo» (Na, n. 4).

L’idea è quella di continuare quanto iniziato, ampliando le schede e trovando altre forme di collaborazione. In sintesi, compiere un altro passo avanti.


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