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Siria e Libano, sanzioni Usa ai trafficanti di Captagon

Fulvio Scaglione
30 marzo 2023
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Il governo degli Stati Uniti ha annunciato, il 28 marzo scorso, di aver adottato sanzioni economiche contro sette persone accusate di traffico internazionale di stupefacenti. Tre i libanesi, quattro i siriani, vicini al presidente Bashar al-Assad.


Il Dipartimento del Tesoro, che nel governo degli Stati Uniti è incaricato di emettere le sanzioni a carico dei Paesi, delle aziende e degli individui che devono essere “colpiti”, il 28 marzo scorso ha annunciato di aver adottato provvedimenti contro sette persone. Tre sono cittadini libanesi. Quattro siriani, e sono personaggi di peso. Eccoli: Khalid Qaddour, uomo d’affari noto tra l’altro per le strette relazioni con Maher al-Assad, capo della famosa Quarta Divisione dell’esercito siriano e fratello del presidente Bashar al-Assad; Samer Kamal al-Assad, cugino del capo dello Stato; Wassim Badi al-Assad, altro cugino del presidente; Imad Abu Zureik, ex ufficiale dell’esercito siriano e ora capo di una milizia che opera nel Sud della Siria. Washington li ritiene responsabili di traffico di droga, con diversi ruoli: Qaddour sarebbe un finanziatore, Samer al-Assad controllerebbe alcuni laboratori di produzione nella zona di Latakia, Wassim al-Assad coordinerebbe una rete di spacciatori, Zureik si occuperebbe del traffico di droga attraverso il confine con la Giordania.

Ovviamente è importante il come, visto che la rete di spaccio sarebbe tale da raggiungere l’intero Medio Oriente. Ancor più importante sarebbe il chi, perché è chiaro che se le accuse corrispondono a realtà, ci troviamo di fronte a uno spaccio di Stato che chiama in causa direttamente il presidente Assad. Molto interessante è anche il cosa. La droga in questione, infatti, sarebbe il Captagon, ovvero quella che qualche anno fa veniva chiamata «la droga del jihad», perché usata come eccitante dai terroristi islamisti.

Si tratta di una miscela di anfetamina e caffeina che produce euforia e induce un’apparente resistenza straordinaria alla fatica e al dolore. Circola da molti anni, tanto che all’inizio se ne parlava soprattutto come di uno stimolante per le feste “bene” dei ricchi del Medio Oriente, soprattutto in Arabia Saudita che ancora oggi risulta essere il maggiore mercato. Col tempo e con le guerre, è stata adottata da miliziani e militari e infine, complice il costo relativamente basso (le pillole di bassa qualità possono costare solo un dollaro, quelle più raffinate 25) e la mancanza di stigma sociale (che per esempio accompagna, per ragioni religiose, l’eventuale consumo di alcol), anche da lavoratori non abbienti che cercano con essa di superare la fatica.

Nel 2021, secondo stime dell’agenzia France Presse, in Medio Oriente sono stati sequestrati 460 milioni di pillole, a fronte di una produzione che sfiora i 2,5 milioni di pasticche l’anno, per un valore di oltre 10 miliardi di dollari. E qui il discorso torna sulla Siria e sulla famiglia Assad. L’80 per cento della produzione di Captagon, infatti, avviene proprio in Siria. Se le percentuali e i valori non mentono, la conclusione è che lo spaccio di captagon vale per il gruppo di potere siriano circa tre volte le esportazioni ufficiali del Paese. Oltre a essere una vitale fonte di valuta “forte” (il commercio avviene rigorosamente in dollari) in un Paese bloccato dalle sanzioni internazionali e con le maggiori fonti di petrolio di fatto sequestrate dagli americani.

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