In occasione della Giornata mondiale dell’acqua, il prossimo 22 marzo le Nazioni Unite puntano i riflettori sul Libano, dove la crisi socioeconomica aggrava quella politica. «Qui la sostenibilità agricola per adattarsi al surriscaldamento è questione di vita o di morte» dice Rewa Assi, ingegnere ambientale libanese e collaboratrice dell’Unicef.
«Il Libano è sempre stato descritto come un Paese ricco di acqua in confronto alla media regionale in Nord Africa e Medio Oriente ma, se guardiamo un po’ più da vicino alla realtà sul campo, se analizziamo la qualità e la quantità delle risorse idriche disponibili, la realtà è ben diversa» dice Rewa Assi, ingegnere ambientale coordinatrice della sezione libanese del Water Innovation Lab e collaboratrice dell’Unicef. La giovane formatrice libanese prende la parola in un video nelle pagine che le Nazioni Unite dedicano al cambiamento climatico alla vigilia della Conferenza Onu in programma a New York dal 22 al 24 marzo in occasione della Giornata mondiale dell’acqua sul tema Accelerare il cambiamento.
Sistema idrico al collasso
Il Libano viene da decenni di crisi politica e socioeconomica, aggravata dall’esplosione nel porto di Beirut dell’agosto 2019 che ha distrutto l’infrastruttura e messo in ginocchio l’economia libanese, pochi mesi prima che scoppiasse la pandemia mondiale di Covid-19. Il surriscaldamento e la siccità degli ultimi anni hanno inferto ulteriori durissimi colpi alla sicurezza idrica e alimentare con le ondate di calore e la prolungata siccità. È vero che il Libano soffre da centinaia di anni di penuria d’acqua, ma «la portata attuale della crisi è senza precedenti»: il sistema idrico libanese è sull’orlo del collasso, mentre aumentano l’inquinamento e i problemi causati dalla cattiva gestione di raccolta e smaltimento dei rifiuti.
I danni all’agricoltura accrescono l’instabilità sociale
«L’acqua ha cominciato a scarseggiare – aggiunge Rewa – la nostra produzione agricola si è ridotta, colpendo l’economia e questo danneggia gli agricoltori provocando ulteriore instabilità sociale oltre a quella che già viviamo da decenni». La giovane studiosa lavora da anni per diffondere l’agricoltura sostenibile come risposta fondamentale all’insicurezza idrica e alimentare: il cambiamento climatico richiede adattamento anche in relazione alla crescita demografica.
La crescita demografica è amplificata dai profughi
I popoli del Medio Oriente e Nord Africa hanno in effetti i più alti tassi di crescita della popolazione, con Libano e Giordania tra i primi cinque al mondo: nel Paese dei cedri il tasso di fertilità è di 2,10 nascite per donna a fronte della media globale di 2,30. Ma il Libano detiene anche il primato mondiale per numero di profughi pro-capite: 4,4 milioni di libanesi convivono con circa 1,5 milioni di siriani, ai quali si aggiungono circa 400mila palestinesi e 18mila di altre nazionalità. In pratica, il Libano ospita 156 profughi ogni mille abitanti, seguito dalla Giordania con 72 (l’Italia ne ha 5 ogni mille).
Questione di vita o di morte
Ecco perché adattarsi al cambiamento climatico, in primis aumentando la raccolta e la conservazione dell’acqua, è cruciale per la sicurezza idrica e alimentare. «Con l’aumento della popolazione – spiega Rewa – aumenta anche la richiesta di cibo e quindi la richiesta di risorse per produrlo». Secondo l’ingegnera, la transizione all’agricoltura sostenibile in Libano è ormai una questione di vita o di morte proprio per l’obbligo di assicurare a tutti la giusta quantità di cibo. Le prassi sostenibili hanno mostrato di «saper migliorare la resilienza agricola e far crescere i raccolti in ambienti climatici dove storicamente coltivare è stato difficile, e hanno anche contribuito a ridurre le emissioni di gas serra attraverso pratiche come il sequestro di carbonio nel suolo. Questi accorgimenti – rimarca – favoriscono non solo l’adattamento al cambiamento climatico, ma possono essere anche un inestimabile fattore di riduzione della povertà nel mondo».
Serve un approccio sistemico
Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite per l’acqua, la gestione sostenibile delle risorse idriche è essenziale per costruire la resilienza di società ed ecosistemi e per ridurre le emissioni. «Utilizzeremo ogni mezzo e ogni risorsa a disposizione – chiosa l’ingegnera – per far progredire la giustizia climatica e la sicurezza idrica. Il nostro sogno è di ottenere una maggiore attenzione e concentrazione sul tema dell’acqua perché se osserviamo i diversi aspetti del cambiamento climatico vediamo che l’acqua è il comun denominatore fra di essi quindi per offrire delle risposte dobbiamo assumere una prospettiva olistica e un approccio sistemico».
Onu: nell’area Mena lo stress idrico più acuto al mondo
Nell’ultimo rapporto del World Resources Institute il Libano è oggi al secondo posto al mondo dopo il Qatar per la carenza d’acqua, seguito da Israele con i Territori palestinesi, Iran, Giordania e Libia. Sui primi 17 Paesi maggiormente sottoposti a stress idrico – e dove vivono un miliardo e 700 milioni di abitanti (il 60 per cento dei quali in India) – 11 si trovano in Nord Africa e Medio Oriente. Con l’accresciuta dipendenza dall’acqua di industrie come quella alimentare, dall’Algeria alla Penisola arabica, l’intera regione Mena (acronimo di Middle East and North Africa) consuma l’80 per cento delle risorse idriche disponibili (a fronte di una media del 70 per cento nel resto del mondo). Si stima che nei prossimi anni, fra piogge sempre più scarse, stagioni agricole più brevi e temperature più alte, quest’area sarà quella che soffrirà le perdite economiche maggiori – a livello globale – per la scarsità d’acqua, con un’oscillazione fra il 6 e il 14 per cento del Pil.