Fondendo il dramma della vita reale con la fiaba e l’immaginazione, il film mostra quanto la guerra (in Siria) condizioni pesantemente la vita famigliare. Paradossalmente sarà proprio un bombardamento su Damasco a portare la luce e a fare intravvedere una via di uscita alla protagonista Zeina e a sua madre Hala...
È stato girato proprio a Gaziantep, epicentro della prima scossa sismica che ha distrutto villaggi e città al confine fra Turchia e Siria alle prime ore del 6 febbraio 2023, il secondo film della regista siriana Soudade Kaadan. Nella città che ha ospitato nell’ultimo decennio 400mila profughi siriani, il terremoto ha distrutto l’antico castello romano, patrimonio dell’Unesco, e provocato danni ingenti alle abitazioni.
Nel film Nezouh – Il buco nel cielo è un enorme squarcio rotondo quello che si apre nel soffitto della stanza di Zeina, quattordicenne che vive con i genitori in una Damasco deserta e spettrale a causa dei continui bombardamenti. Attraverso quel buco Zeina scoprirà, oltre all’azzurro del cielo, il desiderio di una vita sua, indipendente dal rigido controllo imposto dal padre a lei e alla madre.
L’immagine di una ragazzina che guarda le stelle sdraiata sul letto ha ispirato la regista nella sceneggiatura del film in cui racconta il decennale conflitto che ha distrutto la Siria usando lo sguardo limpido di un’adolescente. «Con i bombardamenti si vedevano per la prima volta soffitti aperti come finestre rivolte verso il cielo e verso le stelle. Volevo mostrare che non solo le case sono cambiate a Damasco, ma anche la dinamica della famiglia è cambiata quando le donne siriane hanno iniziato a prendere il comando», ha spiegato Kaadan (dal 2012 vive a Londra) che con Nezouh ha vinto a Venezia, nell’ultima edizione della Mostra cinematografica, il Premio degli Spettatori per la sezione Orizzonti Extra (nel 2018 aveva vinto il Leone del Futuro con l’opera prima The day I lost my shadow).
Fondendo il dramma della vita reale con la fiaba e l’immaginazione, il film mostra quanto la guerra condizioni pesantemente la vita famigliare. Le prime sequenze mostrano la famiglia rinchiusa al buio, senza energia elettrica e senz’acqua, alle prese con un generatore che non funziona. Anche se i miliziani intimano ai superstiti di lasciare il quartiere, il padre Motaz è ostinatamente determinato a rimanere nell’appartamento distrutto perché, dice, «non diventeremo mai degli sfollati», mentre la madre Hala decide di mettere in salvo Zeina, sottraendola così anche a un matrimonio combinato. Le figlie maggiori sono già lontane, fuggite con i loro mariti.
Paradossalmente sarà proprio un bombardamento a portare la luce e a fare intravvedere una via di uscita.
Per Zeina è la voce di un compagno di scuola, Amer, che le lancia una corda dal foro del soffitto in modo che possa raggiungerlo sul tetto. Qui scoprirà un mondo nuovo: le foto del mare proiettate da Amer e la canna da pesca che le regala le offrono la possibilità di sognare una vita all’esterno della prigione, anche affettiva, paterna.
Il blu del cielo diventa il mare, su cui fare rimbalzare i sassi e immaginarsi un futuro da pescatrice.
Se l’immaginazione guida Zeina verso un altro mondo possibile, è invece la presa di coscienza della realtà che spinge Hala alla fuga dall’autoritarismo patriarcale del marito. Madre e figlia prendono in mano, da sole, il proprio destino.
In arabo il titolo del film significa «spostamento di anime, acque e persone»: è quello che compiono le due donne camminando per strade diventate un cumulo di macerie, dove è impossibile riconoscere i luoghi una volta famigliari. Nel loro perdersi e girovagare alla ricerca di una via d’uscita dal quartiere, ritrovano Amer che le condurrà al tunnel sotterraneo attraverso il quale arrivare alla libertà, la fuga verso il mare, lasciandosi alle spalle gli orrori della guerra. Il viaggio verso l’esilio – ci tiene a precisare Soudade Kaadan – è una scelta dolorosa e difficile: «Nessuno vuole lasciare tutto, patria, ricordi, identità per diventare uno straniero, carico di stereotipi, a meno che non ci sia una vera minaccia per la sua vita». Si augura che Nezouh, che in Siria non è possibile vedere, aiuti gli spettatori a capire perché le persone diventano rifugiati.
Un mese di prove prima di iniziare le riprese ha permesso ai giovanissimi esordienti Hala Zein (Zeina) e Nizar Alani (Amer) di formare una vera famiglia con Kinda Mazen Alloush (Hala, la madre) e Samer al Masri (Motaz, il padre), attori molto noti e amati dal pubblico, che dal 2011 vivono in esilio in Egitto.
Nezouh
Il buco nel cielo
regia: Soudade Kaadan
interpreti: Hala Zein, Kinda Alloush, Samer al Masri, Nizar Alani, Darina Al Joundi
genere: drammatico
produzione: Siria – Gran Bretagna – Francia, 2022
durata: 100 minuti