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In Israele nervi tesi sulla riforma giudiziaria

Terrasanta.net
15 febbraio 2023
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In Israele nervi tesi sulla riforma giudiziaria
Israeliani manifestano a Gerusalemme il 13 febbraio 2023 contro i progetti di riforma della giustizia. (foto Erik Marmor/Flash90)

Quasi centomila persone, venute da varie parti di Israele, hanno manifestato lunedì 13 febbraio a Gerusalemme contro la riforma della giustizia che la maggioranza di governo sta varando in parlamento e che viene contestata da molte componenti della società israeliana.


(g.s.) – La stampa israeliana aveva predetto un «lunedì nero» e la folla non è mancata. Sin dal mattino del 13 febbraio le immagini hanno mostrato treni e stazioni affollate. Quasi 80mila israeliani (100mila secondo gli organizzatori) provenienti da tutto il Paese si sono riuniti davanti al palazzo della Knesset (il parlamento monocamerale), a Gerusalemme. Tutti uniti per manifestare contro una riforma della giustizia ampiamente controversa.

I testi delle prime due misure previste dal pacchetto che sta a cuore alla maggioranza di governo sono stati discussi e approvati proprio il 13 febbraio durante una seduta della commissione parlamentare per la Costituzione, il Diritto e la Giustizia. Dopo il disco verde in commissione, la parola passa all’assemblea che le esaminerà nei prossimi giorni. Nel caso in cui non vengano bocciate in prima lettura il normale iter legislativo prevede che tornino all’esame di una commissione e quindi nuovamente in aula per una seconda e terza lettura. Se approvata anche in terza lettura, la normativa entra in vigore con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

I primi due mattoni della riforma giudiziaria

La prima proposta di legge, redatta dal presidente della commissione Simcha Rothman, impedisce alla Corte suprema di pronunciarsi su futuri emendamenti, introdotti dal legislatore, alle leggi fondamentali del Paese.

La seconda proposta modifica la composizione della commissione che sceglie i giudici e sposta gli equilibri a favore della maggioranza parlamentare che esprime il governo: dei nove membri previsti, sei saranno di nomina politica – incluso un rappresentante dell’opposizione parlamentare – e tre verranno dalla magistratura. Per deliberare, la commissione non avrà più bisogno di raggiungere il quorum di sette voti (e quindi di avere il consenso di almeno uno dei rappresentanti della magistratura), ma ne basteranno cinque.

I passi futuri

Altre misure volte a riformare il sistema giudiziario sono in arrivo nei prossimi giorni. Tendono tutte a ridurre i margini di manovra della Corte suprema rispetto al potere legislativo, togliendole la possibilità di esaminare e dichiarare irragionevoli, in determinati casi, le nomine di ministri (è successo pochi giorni fa con il leader del partito Shas, nominato ministro dell’Interno Aryeh Deri nonostante recenti condanne penali) o di avere l’ultima parola su norme introdotte dal legislatore e ritenute in contrasto con le Leggi fondamentali dello Stato. Va ricordato, in proposito, che al momento dell’Indipendenza, nel 1948, Israele non riuscì a dotarsi di una Costituzione. Negli anni successivi la Knesset ha approvato una serie di Leggi fondamentali (Basic Laws) che prevalgono sulle altre norme e regolano alcuni ambiti della vita istituzionale e sociale di Israele.

Sin da quando sono stati annunciati, ai primi di gennaio, questi intenti del governo hanno generato accese reazioni tra magistrati, politici e giuristi, ma anche nell’opinione pubblica (a Tel Aviv affollate manifestazioni di protesta si succedono settimanalmente). I toni sono surriscaldati: accanto a chi parla di cambio di regime e prevede uno Stato più simile all’Ungheria e alla Polonia dei giorni nostri, c’è chi denuncia lo stravolgimento dell’equilibrio tra poteri giudiziario e legislativo, se non, persino, l’avvento di una dittatura e i rischi di «guerra civile»… Le opposizioni, scalzate dai posti di governo solo poche settimane fa, sono sulle barricate.

Prove di dialogo

Il presidente di Israele, Isaac Herzog, cerca di fare da pontiere tra le diverse posizioni e esorta tutti a trovare la strada del dialogo per non lacerare irreparabilmente il tessuto sociale e politico dello Stato ebraico.

Lunedì sera, il ministro della Giustizia Yariv Levin e il presidente della commissione per le leggi Simcha Rothman hanno lanciato una «proposta di dialogo» ai leader dell’opposizione Yair Lapid e Benny Gantz. Il 15 febbraio la coalizione di governo sembra orientarsi e non tirare troppo la corda e a rallentare, almeno, il passo delle sue riforme.


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