(g.s.) – «La Giordania è parte integrante della Terra Santa». Una verità, non a tutti evidente, che i vescovi, europei e nordamericani, del Coordinamento Terra Santa hanno voluto ribadire nel comunicato diffuso il 19 gennaio scorso al termine della loro consueta visita annuale ai luoghi della vita terrena di Gesù, nostro Signore.
La regia del Coordinamento è affidata alla Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles, che si interfaccia a sua volta con il Patriarcato latino di Gerusalemme. Il soggiorno dei 13 membri della delegazione quest’anno si è speso tutto nel Regno hashemita. Iniziato il 12 gennaio (anche se i lavori si sono aperti ufficialmente il giorno 14), è terminato giovedì 19. Con i presuli anche alcuni giornalisti al seguito.
I primi ad arrivare, nel pomeriggio del 12 gennaio hanno potuto partecipare all’ordinazione presbiterale di due giovani diaconi del Patriarcato latino di Gerusalemme, i padri Michael Al-Thib e Yazan Bader. Rito presieduto dal patriarca Pierbattista Pizzaballa nella chiesa del Buon Pastore presso il Centro Nostra Signora della Pace, ad Amman.
In mezzo al popolo cristiano
Il mattino dopo, un appuntamento forse ancora più festoso per il grande concorso di fedeli: il pellegrinaggio annuale dei cristiani giordani al luogo del Battesimo di Gesù. La celebrazione si è svolta nella chiesa che il Patriarcato latino sta ancora ultimando in una vasta area in cui sorgono anche altri edifici sacri, ortodossi ed evangelici, edificati negli ultimi anni aderendo a un auspicio della Casa reale giordana, che ha spinto perché si valorizzasse quel luogo – in cui vi è anche la memoria del profeta Elia, oltre che di san Giovanni Battista – come meta di pellegrinaggio sulla sponda orientale del fiume Giordano. Per ora – bisogna ammettere – l’obiettivo è stato raggiunto solo in parte, anche per via delle tariffe d’accesso (15 euro a testa per chi non è cittadino di uno dei Paesi membri della Lega araba). Quasi tutte le comitive di pellegrini raggiungono il fiume dalla riva opposta (ove sorge, tra l’altro, un piccolo convento dei frati minori), controllata dall’esercito israeliano.
Il 14 gennaio è iniziata la sessione vera e propria del Coordinamento. L’agenda è ormai collaudata: di giorno si va in delegazione ad incontrare realtà significative; a sera si sosta per mettere in comune riflessioni e considerazioni maturate nelle ore precedenti.
Una pluralità di incontri
Considerate le distanze e i tempi di percorrenza, i vescovi hanno visitato le parrocchie dividendosi in piccoli gruppi, potendo così raggiungere sia comunità nella capitale Amman, sia altre situate a Madaba, Ajloun, Fuheis, Irbid… Non sono mancate soste alla cattedrale greco-cattolica (o melchita) e alla parrocchia anglicana nella capitale, come pure incontri con il personale delle scuole cattoliche, la pastorale giovanile, alcune attività di assistenza ai profughi iracheni e gli uffici della Caritas.
«Molte delle comunità parrocchiali che ci hanno accolto ci sono sembrate vivaci», scrivono i vescovi del Coordinamento nel loro comunicato di congedo.
«Le scuole cristiane – continua il testo – sono state evidenziate come luoghi di fioritura umana e di incontro tra le fedi. Siamo stati testimoni dell’attenzione profetica che i cristiani rivolgono alle persone con disabilità e alle loro famiglie. Abbiamo sentito parlare dell’importante ruolo che i cristiani svolgono nel costruire ponti di speranza tra le comunità. E abbiamo incontrato molti giovani cristiani che, nonostante debbano affrontare importanti sfide sociali ed economiche, rimangono risolutamente impegnati ad arricchire sia la Chiesa che la società».
«Pellegrini, non trascurate la Giordania!»
Il Coordinamento incoraggia «i pellegrini dei nostri diversi Paesi a venire a incontrare queste comunità cristiane e a visitare i luoghi santi di grande importanza della Giordania».
Un altro paio di passaggi riguardano il Paese nel suo insieme e meritano di essere menzionati: «Oggi la Giordania ospita più sfollati di quasi tutti gli altri Paesi. Le persone che abbiamo incontrato dall’Iraq non hanno molta voglia di tornare a casa, a causa della continua insicurezza e della mancanza di opportunità. Incoraggiamo il trattamento dignitoso di tutti coloro che cercano rifugio qui, in particolare l’accesso all’assistenza sanitaria e il diritto al lavoro. Riconosciamo anche la pressione sulle comunità locali che hanno accolto le persone ma non hanno le risorse necessarie per soddisfare i loro bisogni, soprattutto in considerazione della situazione economico e degli alti livelli di disoccupazione. È indispensabile che i nostri Paesi facciano la loro parte per alleviare la pressione sulla popolazione della Giordania, sia aumentando l’assistenza umanitaria in loco sia offrendo un’accoglienza più ampia ai rifugiati stessi».
Urge un vero processo di pace per la Terra Santa
Dal Monte Nebo, mentre si affaccia su una terra (Israele e Palestina) ancor oggi profondamente divisa, la delegazione di vescovi nordamericani ed europei rimarca: «Condividiamo le profonde preoccupazioni espresse dagli ordinari cattolici locali, nel loro recente messaggio d’Avvento, per le minacce alla coesistenza pacifica in Israele, la recrudescenza della violenza in Cisgiordania, la crescita sostenuta degli insediamenti, contraria al diritto internazionale, e il più alto numero di morti palestinesi in più di vent’anni. Facciamo eco all’appello dei leader della Chiesa per un autentico processo di pace radicato nel diritto internazionale, per la concessione della libertà al popolo palestinese e per il rispetto degli uguali diritti di tutte le comunità».
Il Coordinamento Terra Santa è nato nel 1998, rispondendo alla Santa Sede che esortava i vescovi europei e nordamericani a dar vita a una nuova modalità di attenzione e solidarietà con i cristiani della regione. Uno degli intenti di questa esperienza è motivare e sensibilizzare alla solidarietà, spirituale e concreta, gli episcopati delle nazioni occidentali. Per questa ragione i partecipanti al viaggio annuale del Coordinamento non sono sempre gli stessi, ma si avvicendano.
Quest’anno per la Conferenza episcopale italiana era presente mons. Nicolò Anselmi, che pochi giorni dopo, domenica 22 gennaio, ha preso possesso della diocesi di Rimini alla quale papa Francesco lo ha destinato il 17 novembre 2022, trasferendolo dalla diocesi d’origine, Genova, dove era vescovo ausiliare dal 2015.