Da Yarmuk, campo profughi palestinese in Siria, all’arbitraggio nella Coppa del mondo femminile di calcio 2023, in programma in Australia e Nuova Zelanda. La 34enne Heba Saadia è un modello per milioni di ragazze: prima giudice di gara araba a raggiungere questo traguardo.
L’hanno definita «una vera speranza non solo per i palestinesi ma anche per le donne», ancora così poco presenti nel mondo del calcio. Heba Saadia è la prima palestinese ad esser stata scelta dalla Fifa per arbitrare ai prossimi campionati mondiali femminili di calcio in programma in Australia e Nuova Zelanda dal 20 luglio al 20 agosto 2023.
Classe 1989, nata e cresciuta nel campo profughi di Yarmuk nei pressi di Damasco – il maggiore fra i campi per i palestinesi in Siria creato dall’Unrwa nel 1957 – Heba è tra i primi arbitri di cittadinanza araba ad essere ingaggiati per la Coppa del mondo, segnando così un nuovo traguardo dopo aver fatto parte del gruppo internazionale di giudici di linea donne che hanno partecipato al campionato della Confederazione di calcio asiatica nel 2022 in Vietnam e dopo aver arbitrato numerosi tornei di calcio femminili locali e internazionali, come la Coppa femminile di calcio disputata in India lo scorso febbraio.
Nel 2012 la fuga dalla Siria
«Sono sempre stata appassionata di sport. Un giorno per caso a Yarmuk vidi un allenamento di arbitri e notai che non c’era alcuna donna fra loro. Chiesi il perché e mi invitarono ad unirmi alla squadra» ha raccontato un anno fa ad una tivù palestinese l’atleta, che dalla nomina nelle scorse settimane è in ritiro per prepararsi alla Coppa del mondo e su richiesta della Fifa si nega alle interviste che le testate di tutto il mondo vorrebbero farle. Dopo aver ottenuto il diploma di Educazione fisica all’Università di Damasco, la giovane è entrata nell’associazione arbitri della Federazione siriana di calcio ed è diventata quarta ufficiale di gara, ovvero uno dei giudici di supporto agli arbitri titolari (comunemente chiamato «quarto uomo» – ndr).
Rifugiata in Malaysia e in Svezia
Dopo lo scoppio della guerra in Siria e la fuga di massa nel 2012 dal campo profughi di Yarmuk passato nel 2015 sotto il controllo dell’Isis e oggi ridotto in macerie, Heba riparò in Malaysia dove è entrata nella Federcalcio locale e successivamente in Svezia. «Quando sono arrivata a Stoccolma – ha raccontato – non parlavo una parola di svedese, ma sul campo di calcio potevo capire tutto ed esprimermi con i colleghi». Sempre assistita dalla Federcalcio palestinese, è entrata a far parte del comitato di arbitri dell’omologa organizzazione svedese e nel 2016, anche con l’appoggio di altre associazioni calcistiche arabe, ha ottenuto dalla Fifa la qualifica per entrare a far parte del comitato arbitrale internazionale.
Talento e disciplina
Per Abu Hilal, segretario generale della Federcalcio palestinese, il traguardo di Heba Saadia rappresenta «una conquista sia per lo sport palestinese e per le donne. Heba è un modello per milioni di donne arabe, visto che è tra le prime ad approdare ad un campionato mondiale; emblema di come le palestinesi possano eccellere in ogni ambito professionale». Il talento non basta: «Heba è stata scelta dalla Fifa dopo aver versato lacrime e sangue per anni, impegnandosi con disciplina per acquisire la preparazione atletica e tecnica necessaria per raggiungere questo risultato».
Ora la Federcalcio palestinese punta ad ampliare il numero di arbitre nel campionato interno e segnalare le migliori fra alla Fifa perché possano arbitrare nei tornei internazionali. Come Yasmine Nairouk, originaria di Hebron, che dovrebbe ottenere in questi giorni la qualifica di arbitra internazionale.