Giorni di tensione in Giordania. In varie parti del Paese si sono susseguiti disordini in seguito alle proteste per l’aumento del prezzo del carburante e del costo della vita. Le tensioni sono scoppiate a Ma’an, nel sud del Paese, e sono dilagate in diverse città meridionali, dopo gli scioperi dei camionisti che chiedevano riduzioni dei prezzi del gasolio. Mercati e negozi sono rimasti chiusi nei governatorati di Ma’an, al-Karak e Madaba, come forma di solidarietà con il movimento di protesta. Nel corso dei disordini sono rimasti uccisi anche tre agenti di polizia (Gaith Rahahleh, Mutaz Injada e Atef Shaqareen), una cinquantina sono stati i feriti tra le forze dell’ordine e molte automobili di servizio sono state danneggiate o distrutte.
Pronta la risposta del ministro dell’Interno giordano Mazen Farrayeh, che ha annunciato il pugno di ferro. Finora sono stati arrestate 44 persone in relazione ai disordini e le squadre antisommossa sono state dispiegate ad Amman, Zarqa, Irbid e in altre città del regno hashemita.
Durante i disordini le forze di sicurezza hanno usato gas lacrimogeni per disperdere la folla inferocita. A Zarqa i manifestanti hanno dato fuoco a pneumatici; ad al-Karak e in diverse altre città è stato bloccato il traffico stradale. Per contrastare i disordini, sembra che siano stati limitati i servizi delle piattaforme social utilizzate dai manifestanti per condividere informazioni e lanciare iniziative.
Lunedì 19 dicembre – secondo quanto riferisce l’agenzia Petra – il Consiglio dei capi delle Chiese in Giordania ha deplorato l’uccisione dei tre agenti di polizia, definendolo un atto terrorista. Convocato d’emergenza, il Consiglio, che riunisce i responsabili di tutte realtà cristiane del Paese, ha deciso di cancellare tutte le celebrazioni di Natale e del Capodanno e di limitare i riti all’interno delle chiese, in solidarietà con il resto del Paese, le autorità di sicurezza e le famiglie dei defunti.
Il governo di Amman ha promesso di esaminare le richieste degli autotrasportatori, ma ha fatto presente che di aver già investito 700 milioni di dollari solo nel 2022 per calmierare il prezzo del carburante.
La situazione in generale resta confusa, anche perché sulle proteste determinate dal carovita si sono innestate altre questioni. Nel corso delle rivolte è stato, infatti, ucciso con un colpo d’arma da fuoco alla testa il vicedirettore della polizia di Ma’an, Abdul Razzaq Al-Dalabeh. L’autore dell’omicidio sarebbe stato a sua volta ucciso durante gli scontri, ma nei giorni successivi un reparto delle forze speciali di sicurezza ha fatto irruzione in un edificio nell’area di Husseiniya dove avrebbe avuto sede una cellula terroristica che si ispira all’ideologia dell’islam radicale detta takfiri (che accusa gli altri musulmani di apostasia). Secondo la polizia, nel nascondiglio della presunta cellula terroristica è stato rinvenuto un grande deposito di armi da fuoco automatiche e munizioni.
Il timore è che le proteste per i rincari del carburante possano essere strumentalizzate dai gruppi jihadisti e che possano degenerare in scontri diffusi e ancora più violenti.
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