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Fra Hanna Jallouf e la carezza del Papa per la Siria

Terrasanta.net
21 dicembre 2022
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Fra Hanna Jallouf e la carezza del Papa per la Siria
Fra Hanna Jallouf con papa Francesco il 17 dicembre 2022 in Vaticano. (foto Vatican Media)

Il 17 dicembre scorso papa Francesco ha voluto compiere un altro gesto di attenzione per il popolo siriano, consegnando il premio Madre Teresa di Calcutta a uno dei francescani presenti nella Valle dell'Oronte. Il suo racconto.


(g.s.) – Il francescano della Custodia di Terra Santa fra Hanna Jallouf, sabato scorso 17 dicembre 2022, è stato ricevuto da papa Francesco che gli ha consegnato il premio Madre Teresa, patrocinato dal Dicastero vaticano per il Servizio della Carità, a 25 anni dalla scomparsa della fondatrice delle suore dal caratteristico sari bianco e azzurro.

Un gesto particolare che Bergoglio ha voluto compiere nel giorno del suo compleanno anche nei confronti di altre due persone: i signori Gian Piero (detto Wué) – un senzatetto che ogni giorno con parte delle elemosine che racimola aiuta persone più disagiate di lui – e Silvano Pedrollo, industriale veronese che impiega una parte degli utili della sua azienda per soccorrere i più poveri in diverse nazioni d’Africa, Asia e America Latina, costruendo scuole, pozzi e strutture sanitarie (la sua storia è raccontata anche nel libro di Safiria Leccese La ricchezza del bene, TS Edizioni).

Isolati

Fra Jallouf – nato in Siria 70 anni fa – è parroco a Knayeh, nella valle del fiume Oronte. Lì accanto ci sono altri due villaggi cristiani, Yacubieh e Jdayde, situati quasi a ridosso del confine con la Turchia. In linea d’aria è più vicina la città turca di Antakya (Antiochia) che la siriana Aleppo. L’area fa parte del governatorato di Idlib, in mano ai jihadisti antigovernativi di Hayat Tahrir al-Sham, vicini a Jabat al Nusra e Al Qaida.

Anche un altro frate – il giordano fra Luai Bsharat, 39enne – è a servizio delle circa 200 famiglie cristiane rimaste in zona. «La nostra – ci racconta fra Hanna – è una comunità piuttosto sui generis perché viviamo in due conventi diversi. Fra Luai è a Yacubieh e ognuno ha la sua parrocchia e le sue attività da seguire, ma proprio queste occupazioni fanno sì che ci incontriamo quasi ogni giorno. Dentro le chiese possono svolgersi le normali funzioni liturgiche e la preghiera, ma all’esterno non è ammesso alcun segno cristiano. In questo periodo le famiglie non possono neppure allestire gli alberi di Natale nelle loro abitazioni».

La scuola informale

Tra le altre cose di cui occuparsi ci sono le attività scolastiche. Spiega il parroco di Knayeh: «Abbiamo una trentina di bambini e ragazzi in età scolare, dalla scuola materna alla maturità. Curiamo la loro istruzione in modo informale. Li prepariamo “da privatisti”, diciamo così, a sostenere gli esami finali presso una scuola pubblica governativa. Per farlo ci avvaliamo della collaborazione di insegnanti cristiane che con l’arrivo dei ribelli sono state allontanate dalle scuole pubbliche. Ora che hanno perso il posto, lavorano per noi come maestre. In questo modo forniamo loro anche una fonte di reddito. Quest’anno tre dei nostri ragazzi hanno superato l’esame di maturità e si sono iscritti all’università di Aleppo…».

Fra Hanna – che nel 2014 venne anche “arrestato”, per alcuni giorni, dalle milizie islamiste – è realista, ma non scoraggiato: «La situazione nella zona di Idlib è stabile e non si intravvedono prospettive di miglioramento, anche perché le decisioni a riguardo non sono nelle mani né dei ribelli, né del governo di Damasco. Sono nelle mani di Russia, Iran, Turchia e Stati Uniti. Qualche volta ci bombardano o lanciano missili. Siamo nell’incertezza della vita, ma andiamo avanti».

Oggi in Siria sono presenti tredici frati minori. Gli altri sono essenzialmente ad Aleppo e a Damasco. I due nel governatorato di Idlib restano tagliati fuori: «Siamo chiusi dentro la nostra area e non abbiamo contatti con gli altri frati, se non via WhatsApp».

La Siria non si riprende

Negli ultimi anni la situazione economica in Siria è peggiorata per tutti. Tanto più a Idlib, dove si sta anche peggio. «La vita è diventata più cara e qualche volta manca il necessario», dice fra Hanna. «Riceviamo sostegno finanziario dalla Custodia, dai fondi raccolti dall’Associazione Pro Terra Sancta e da altre vie. Distribuiamo alle persone aiuti in denaro per far fronte alle necessità più urgenti».

Il conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina ci ha fatto dimenticare tante altre guerre ancora in corso, a cominciare da quella in Siria. Poco importa che Damasco sia geograficamente più vicina a Roma di quanto lo sia Kiev e che quella nazione mediorientale abbia riversato negli Stati confinanti e in Europa milioni di profughi. Il popolo siriano continua a pagare pesantemente il prezzo di una situazione economica disastrosa, con prezzi alle stelle, salari inadeguati, carenza di beni di prima necessità, corruzione, sanzioni internazionali che intralciano la ripresa. A complicare le cose ci si mette anche il tracollo del vicino Libano, sulle cui banche non pochi siriani facevano affidamento.

Cristiani tenaci

Per fra Hanna è stata una sorpresa inattesa il riconoscimento consegnatogli dal Papa, che lui tributa idealmente anche alla sua gente tenace e al confratello Luai. L’invito a recarsi in Vaticano – racconta nel sito istituzionale della Custodia di Terra Santa – gli è arrivato dal nunzio apostolico in Siria, il cardinal Mario Zenari. «Quando mi ha raggiunto al telefono gli ho fatto presente che per me era impossibile andare a Damasco, figuriamoci a Roma! Tutte le vie di comunicazione tra noi e la capitale sono chiuse. Lui mi risposto: “Padre cerchi di venire perché il Santo Padre la vuole incontrare”. Così mi sono messo in viaggio». Per raggiungere Damasco il frate ha impiegato tre giorni e tre notti, un tragitto che prima della guerra richiedeva poche ore.

Fra Hanna per rientrare in patria. Si fermerà nella capitale per trascorrere il Natale con i suoi familiari, come non accade da decenni. «Siamo cinque fratelli e due sorelle e ci sono ovviamente anche i nipoti già sposati. Tutti sono rimasti a Damasco, nessuno è partito». Sarà bello ritrovarsi, prima del ritorno a Knayeh.


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