Un autentico «labirinto di storie». La definizione – decisamente appropriata – è di Ugo Volli, semiologo, giornalista e docente universitario, autore di questo poderoso quanto appassionante volume dedicato alla figura di Davide, re di Israele.
Personaggio poliedrico e affascinante, la sua data di nascita è fissata dalla tradizione al 1040 prima della nostra epoca. Guerriero audace e insolente; bandito dagli atteggiamenti che oggi definiremmo “mafiosi”; sublime poeta e musico; amante incapace di resistere alle proprie passioni; pessimo padre. Ma pure: peccatore che non tace i propri errori, ma li ammette pubblicamente; uomo che si sforza di essere giusto e di rispettare la legge; sovrano in costante e privilegiato contatto con Dio. Un Dio, si noti, che a sua volta è capace di “pentirsi” e di ammettere i propri “sbagli”, «lontano dagli stereotipi teologici occidentali dell’onniscienza e dell’onnipotenza».
Il libro ricostruisce la tormentata vicenda biografica e familiare di Davide, sul crinale tra il mito e uno scenario crudo e violento, basandosi sulle molteplici storie giunte fino a noi. Fonte primaria è il libro di Samuele (diviso in due libri nella traduzione greca dei LXX e, quindi, nel testo biblico dei cristiani – ndr), seguito dalle Cronache e dai Salmi, in gran parte, com’è noto, attribuiti proprio a Davide e qui proposti nell’efficace traduzione italiana a cura dello stesso Volli. Tanti anche i riferimenti ai midrash, i commenti rabbinici, che spesso allargano il racconto a più interpretazioni. Tutti i contenuti del libro sono dunque riconducibili a fonti della tradizione: nulla è frutto della fantasia.
Il racconto della vita di Davide viene suddiviso in tre grandi stagioni. La prima colloca il protagonista all’interno di una storia più grande, in cui spiccano le figure di Saul e Samuele. È la storia di una famiglia, di un insieme di tribù e di un intero popolo, a quel tempo povero e oppresso dai filistei, nemici assai più potenti e organizzati. Davide vi si inserisce da quando, bambino e sconosciuto pastore di pecore, viene scelto e consacrato re da un Dio imprevedibile, che agisce un po’ come nelle favole («La favola è partita come accade spesso: proprio il più piccolo e il meno accreditato fra i fratelli sarà l’eroe, beninteso dopo aver superato le prove previste per stabilire la propria competenza. Oltre a una costante del folclore, questa scelta del fratello minore corrisponde allo spirito generale della Scrittura ebraica […]. Ma Dio non sceglie solo un ragazzino, lo sceglie pastore, come lo era stato Mosè fuggito dall’Egitto»).
La seconda stagione è quella che porta Davide – dopo essere stato a lungo un fuggitivo – all’apice del suo percorso e della sua potenza. È finalmente a capo di una famiglia numerosa, di un vero esercito e di un piccolo impero, per il quale ha stabilito una capitale, Gerusalemme, dove ha trasportato l’Arca santa.
L’ultima stagione è quella della decadenza fisica e morale della vecchiaia, tra congiure familiari, scandali e lotte civili, perdita di fiducia da parte del popolo, solitudine.
Le vicende si snodano a un ritmo sostenuto e coinvolgente che al lettore evocano, per diversi aspetti, la lettura di un romanzo.
Il testo ha anche il pregio di aiutarci a entrare in modo agile e chiaro nella mentalità della Sacra Scrittura, nella società ebraica del tempo e nell’ebraismo più in generale. Gli esempi – a cominciare dalle frequenti spiegazioni delle etimologie – non si contano. Scopriamo, ad esempio, che Vox populi, vox Dei «è un principio che nasce nella Scrittura ebraica. È Isaia a identificare con la voce divina un tumulto popolare nel Tempio; ma, soprattutto, secondo un interessante principio talmudico, ai tribunali, era proibito approvare una legge che la società non potesse tollerare. Se il pubblico votava con i piedi per non accettare la legge, essa doveva essere abrogata, non imposta con la forza».
Ci viene anche ricordato che nell’ebraismo è lasciato spazio alla convivenza tra bene e male: «Nell’animo umano esso identifica due impulsi sempre compresenti: lo yetzer hatov, cioè l’impulso verso il bene, e lo yetzer harà, che non è una forza demoniaca, ma piuttosto la passione da parte dell’uomo per le cose di cui il corpo fisico ha bisogno per sopravvivere, e di conseguenza per il loro abuso. Correlativamente, (…) Dio è pensato come origine di tutto, del bene e anche del male».
Meritano una menzione particolare il vasto apparato di note del libro, l’utile glossario dei termini tecnici della cultura biblica e rabbinica, gli indici dei nomi dei maestri talmudici e commentatori, dei luoghi e delle popolazioni.
Al termine di questa lettura emerge un profilo dai tratti eroici, ma anche profondamente umani. Una figura con grande probabilità realmente esistita, e il cui mito è «il cuore dell’identità con cui gli ebrei si misurano da sempre».
Ugo Volli
Musica sono per me le Tue leggi
Storie di Davide, re di Israele
La nave di Teseo, 2022
pp. 544 – 24,00 euro