(g.s.) – Alcuni congiunti di Shireen Abu Akleh – il fratello Anton con la moglie e due figlie – ieri, 26 ottobre 2022, hanno trascorso la mattinata in Vaticano per ringraziare la Santa Sede per la vicinanza dimostrata dopo l’assassinio della giornalista di Al Jazeera avvenuto l’11 maggio scorso a Jenin per mano di un cecchino dell’esercito israeliano, come sembrano confermare le evidenze fin qui raccolte da più parti.
Accompagnati da fra Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, i congiunti della defunta corrispondente – che aveva doppia cittadinanza: palestinese e statunitense – hanno incontrato di buon mattino il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, al quale hanno espresso gratitudine per le parole espresse il 24 settembre scorso a New York alla 77.ma Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Nel testo ufficiale dell’intervento – più lungo della sintesi pronunciata dal podio del Palazzo di Vetro dal cardinale – si legge: «La Santa Sede non cessa di seguire con preoccupazione la questione palestinese e il conflitto che essa genera, e desidera esprimere la sua vicinanza al popolo palestinese per la sofferenza causata dall’uccisione della giornalista Shireen Abu Akleh nel corso del conflitto a fuoco tra l’esercito israeliano e alcuni palestinesi l’11 maggio a Jenin (Palestina), che la giornalista stava solo documentando. La Santa Sede non solo deplora in chiari termini questa e altre uccisioni che sono aumentate negli ultimi mesi, ma non può non esprimere anche il suo orrore per ciò che è accaduto al funerale della defunta Shireen Abu Akleh a Gerusalemme, provocato da un atteggiamento inaccettabile e assolutamente reprensibile da parte della polizia: la dignità e il rispetto per una persona deceduta viene prima di qualsiasi considerazione di sicurezza, e chi non riesce in questo non può essere responsabile dell’ordine pubblico».
Salutato il cardinale Parolin, gli Abu Akleh – famiglia cattolica di rito melchita – han preso parte all’udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro, al termine della quale hanno potuto salutare brevemente papa Francesco. Infine, riferisce padre Faltas, c’è stato un incontro con il cardinale Leonardo Sandri, prefetto del dicastero per le Chiese orientali, che bene conosce la realtà delle minoranze cristiane in Medio Oriente. «Tutti e tre i momenti – dice fra Ibrahim – sono stati molto commoventi. Il Papa e i cardinali hanno espresso le proprie condoglianze e promesso di pregare per Shireen e i suoi famigliari, che hanno apprezzato questi incontri».
La giornata pubblica romana della famiglia della giornalista uccisa a Jenin si è conclusa con una Messa di suffragio celebrata nella basilica di Santa Maria in Cosmedin, affidata al clero melchita. Nella folta assemblea che ha preso parte al rito vi erano anche il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa – che si trovava già a Roma per altri impegni e ha preso brevemente la parola al termine della celebrazione –, parecchi diplomatici stranieri e un buon numero di palestinesi stabilmente residenti in Italia.
La liturgia è stata presieduta dall’archimandrita Chihade Abboud, che dal 2018 è rettore della basilica. In un passaggio dell’omelia, il celebrante ha detto: «Chi cerca la verità e in essa crede è sicuramente un martire della verità, perciò, sulla base della nostra fede e della tradizione cristiana, ci riuniamo oggi per celebrare la divina liturgia a sei mesi dalla scomparsa della nostra cara sorella martire Shireen Abu Akleh». L’archimandrita ha poi elevato un’invocazione a Dio perché conceda alla compianta giornalista «la contemplazione del suo santo volto» e al mondo «un risveglio di coscienza affinché si diffondano l’amore, la giustizia e il rispetto della dignità umana».
Intanto continua la ricerca di verità e giustizia per Shireen da parte della sua famiglia e del suo popolo, che chiedono ai militari israeliani di riconoscere le proprie responsabilità.
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