Mentre si prendevano cura delle piante del loro uliveto, la scorsa primavera l’agricoltore Salman al-Nabahin e suo figlio hanno fatto la scoperta della vita. Parliamo di quello che è probabilmente uno dei più bei reperti archeologici di tutta la Striscia di Gaza.
La notizia è stata pubblicata giorni fa dal ministero del Turismo e delle Antichità dell’enclave palestinese sul suo account Facebook, dove si spiega che i due contadini, spalando la terra, si sono imbattuti nei primi resti di un pavimento musivo che, secondo gli esperti del ministero, risale al periodo bizantino. Il caleidoscopico manufatto si trova in un terreno presso il campo profughi palestinese di Bureij, nel centro della Striscia, a circa un chilometro dal confine con Israele. Si calcola che la sua superficie totale sia di circa 25-30 metri quadrati.
Una varietà di soggetti animali
In ciò che è stato riportato alla luce sino ad ora sono raffigurati numerosi animali dai colori vivaci circondati da cornici con motivi intrecciati. Nelle singole cornici è rappresentata un’ampia varietà di volatili – tra i quali anatre, pavoni e fenicotteri – con altri animali come conigli, cani, capre o pesci e delfini. Ogni figura animale è evidenziata con una linea nera per farla risaltare. Alcune riprese video girate sul posto mostrano anche cesti di frutta. Vi sono infine fregi con foglie d’edera e di una vite leggermente frondosa che corre tutt’intorno al tappeto musivo.
Altre sezioni del mosaico, diverse da questo primo pannello a tema animale e floreale, formano un insieme di motivi geometrici dove ricorrono quadrati, losanghe, cerchi, foglie, fregi, arabeschi e intrecci. Nel suo comunicato, il ministero palestinese del Turismo e delle Antichità gazese dice che sono stati portati alla luce anche «altri reperti della vita sociale del periodo bizantino», come resti di vasellame e vetreria, oltre ad alcuni resti di muri.
Un tesoro da proteggere con urgenza
René Elter, archeologo e ricercatore associato presso l’Ecole biblique et archeologique française di Gerusalemme (Ebaf), che dal 2001 dirige il programma scientifico e di restauro del monastero di Sant’Ilarione (Umm el-Amr) a Gaza, ha dichiarato all’Associated Press che il mosaico è qualcosa di «eccezionale». Dopo aver esaminato le prime foto e video del sito, l’esperto francese reputa che «si tratti di uno dei più bei pavimenti musivi scoperti a Gaza, sia per la qualità della rappresentazione grafica sia per la complessità delle geometrie». All’agenzia France Presse lo studioso ha aggiunto che il mosaico si presenta in un perfetto stato di conservazione, cosa che non era accaduta in precedenti ritrovamenti a Gaza.
Il pavimento, secondo Elter, potrebbe aver adornato una chiesa o una villa privata. Per chiarirlo dovrà essere condotto uno scavo adeguato e approfondito, che consentirà di determinare se facesse parte di un complesso religioso o profano e di attribuirgli una datazione più precisa.
Nel frattempo, questo tesoro rimane fragile e potrebbe scomparire per sempre se non si fa nulla per salvarlo. «È indispensabile organizzare rapidamente un’operazione di messa in sicurezza», ha sottolineato René Elter. Per la sua prossimità al confine con Israele, l’area in cui si trova il mosaico è spesso teatro di scontri tra gazesi e truppe israeliane. Inoltre, l’enclave palestinese patisce una drastica mancanza di consapevolezza e sensibilità in materia archeologica. I saccheggi non sono rari e capita addirittura che i denti delle ruspe devastino antiche vestigia per far spazio a programmi immobiliari che rispondono alla fortissima pressione demografica nella Striscia. Infine, va ricordato che a Gaza mancano indubbiamente le risorse finanziarie e professionali per restaurare adeguatamente e proteggere un mosaico del genere.