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Re Carlo III e il Corano

Fulvio Scaglione
14 settembre 2022
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Ora che il Regno Unito ha un nuovo re, c'è chi mette in luce il passato interesse di Carlo III per il testo sacro dei musulmani di cui apprezza soprattutto le pagine dedicate alla natura e al rapporto dell’uomo con essa.


Middle East Eye è un organo digitale di informazioni specializzato nelle questioni mediorientali. Ha sede a Londra ed è diretto da un giornalista inglese, per cui è logico che sia stato il primo, e forse l’unico, a ricordare un aspetto della personalità del nuovo re Carlo III (succeduto alla madre Elisabetta II, morta pochi giorni fa, l’8 settembre 2022 – ndr) di cui pochi sono al corrente. Quando era «solo» il principe del Galles, ovvero l’erede al trono, Carlo si diede allo studio dell’arabo classico allo scopo dichiarato di comprendere meglio il Corano, di cui era appassionato lettore. Un fatto che, non a caso, nei giorni scorsi è stato ricordato da Shaykh Abdal Hakim Murad, l’imam della moschea centrale di Cambridge, durante il sermone del venerdì.

Del Corano, in linea con gli interessi ambientalisti ed ecologisti che ha coltivato per tutta la vita, il principe apprezzava soprattutto le pagine dedicate alla natura e al rapporto dell’uomo con essa. In un discorso del 1996, intitolato Il senso del sacro: costruire ponti tra l’Islam e l’Occidente, il principe diceva che «i princìpi del Corano posso aiutarci a ripensare, e in meglio, il nostro rapporto con l’ambiente». Una convinzione conservata nel tempo visto che diversi anni dopo, nel 2010, in un altro discorso tenuto al Centro di studi islamici di Oxford, di cui era patrono, Carlo ribadì che «per quanto so degli insegnamenti fondamentali dell’Islam, il principio che dobbiamo sempre tenere presente è che anche l’abbondanza della natura ha dei limiti… Limiti non arbitrari ma imposti da Dio e che i musulmani, se ho capito bene il Corano, sono chiamati a non superare». «La scomoda verità», proseguiva il discorso, «è che condividiamo questo pianeta con il resto della creazione per un’ottima ragione e cioè perché non possiamo esistere da soli senza la rete intricata ed equilibrata della vita che ci circonda. L’Islam ha sempre insegnato questo e ignorare quella lezione significa non rispettare il nostro contratto con la Creazione».

Ci sono molte altre citazioni possibili. E anche qualche episodio che, a suo tempo, attirò sul principe Carlo qualche critica. Nel 2006 andò in visita alla grande moschea di Al-Azhar, al Cairo, dove prese con una certa decisione le distanze dalle vignette danesi che satireggiavano su Maometto e l’islam. E qualcuno, in passato, gli ha attribuito una certa freddezza per la sorte dello scrittore Salman Rushdie, sul cui capo pendeva una taglia degli ayatollah iraniani dopo la pubblicazione del libro I versi satanici. E viceversa c’è stato anche chi, come l’ormai scomparso gran muftì di Cipro, Nazim Al-Haqqani, gli ha attribuito una segreta (e peraltro inesistente) conversione all’islam.

Una storia molto «alla Carlo», la cui morale è peraltro evidente. L’attenzione per le altre culture e le altre religioni è un tratto altamente stimabile. Ma molte cose che per il principe erano possibili all’ombra della regina Elisabetta II saranno impossibili a Carlo III, re e capo della Chiesa d’Inghilterra.

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