Nella prima metà del 2022 gli incassi della vendita del petrolio in Iraq hanno raggiunto la cifra record di 60 miliardi di dollari. Eppure il popolo iracheno è alla fame e il Paese resta nell'abisso. Qualche cifra.
Le lotte di potere tra le diverse fazioni sciite paralizzano la vita politica dell’Iraq e generano ricorrenti scontri e violenze nella capitale Baghdad, usata dalle parti anche come palcoscenico internazionale. Spari e sassaiole sono, appunto, uno spettacolo da servire agli alleati e ai Paesi che osservano da fuori. Ma la realtà è che la paralisi sta rapidamente affossando un Paese che da decenni vive in modo drammatico e che pure avrebbe tutte le risorse per far campare un po’ meglio il suo popolo: nella prima metà del 2022 gli incassi della vendita del petrolio hanno raggiunto la cifra record di 60 miliardi di dollari e tutti i pronostici dicono che l’economia in generale (petrolio e non petrolio) nei prossimi due anni dovrebbe crescere del 5,4 per cento l’anno, ovvero sui livelli pre-pandemia.
E invece i dati sociali sono drammatici. Una recente ricerca dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), in collaborazione con il ministro della Pianificazione iracheno, ha mostrato che solo il 33 per cento della popolazione in età da lavoro è effettivamente impiegata (e il 54,8 per cento di quelli che lavorano lo fa in “nero” o con i cosiddetti “impieghi informali”), che circa il 30 per cento dei giovani non studia né lavora, che il tasso di partecipazione femminile alla forza lavoro nazionale è del 10,6 per cento. Si badi bene: con «forza lavoro nazionale» i tecnici e i demografi definiscono chiunque sia attivo sul mercato del lavoro, sia che abbia un lavoro sia che lo stia ancora cercando.
Quella attuale è la più lunga parentesi senza un vero governo che l’Iraq abbia vissuto negli ultimi vent’anni. Ma non è difficile capire perché Moqtada al-Sadr, che con i criteri dell’Occidente possiamo senza dubbio definire un leader “populista”, riesca facilmente a mobilitare tali masse di seguaci, e a dirigerle con facilità fino a bloccare le istituzioni. La corruzione, l’inefficienza e soprattutto la quasi nulla volontà di affrontare il problema della povertà rampante, sono i grandi regali che gli fanno le altre forze politiche.