Quinto round elettorale in meno di quattro anni, e sempre meno candidate. Soprattutto a destra: sono poche nel Likud e nessuna nei partiti religiosi. La giurista Fischer Lalo: «Vergognoso che la nostra società ne accetti l'esclusione».
Se qualcuno in Israele sperava che cinque elezioni nell’arco di tre anni e mezzo potessero far crescere l’agognata parità di genere anche in politica, la chiusura, nei giorni scorsi, delle liste elettorali in vista del voto del prossimo primo novembre deve esser stata una vera e propria doccia fredda. È vero che i due partiti storici, ed oggi minoritari, della sinistra sionista – il Meretz e i laburisti – sono guidati da due donne, rispettivamente il ministro dei Trasporti uscente Meirav Michaeli e Zehava Galon (le due formazioni hanno attualmente sei e quattro seggi su 120 nella Knesset). È anche vero che nei partiti di centro la rappresentanza femminile è significativa. Tuttavia la sparuta presenza di donne nelle liste di destra proietta un’ombra sulla formazione del prossimo parlamento israeliano, avverte in un lungo articolo sul quotidiano Haaretz l’editorialista Allison Kaplan Sommer.
Secondo un sondaggio della Rete delle donne israeliane, entrerà a far parte della Knesset una trentina di donne, contro le attuali 35. La percentuale di rappresentanza politica sarà inferiore al 30 per cento per le cittadine, che sono oltre la metà della popolazione israeliana. «Solo con un’adeguata rappresentanza femminile la nostra realtà può cambiare» rimarca la direttrice esecutiva della citata organizzazione femminile, Einat Fischer Lalo.
«Una società sessista che guarda ai militari»
La giurista constata gli effetti sulla società israeliana della militarizzazione della vita civile che ha preso piede negli ultimi vent’anni. «Il concetto di rappresentanza femminile è ancora molto giovane – spiega – e c’è parecchio sessismo nella nostra cultura politica: abbiamo ancora una lunga strada da percorrere. La maggior parte dei nostri modelli di riferimento sono generali e figure dell’esercito, e molti pensano che sia ciò che l’elettorato israeliano cerchi in un leader».
Statistiche alla mano, il problema è soprattutto nei partiti di destra e sembra aumentare tra un’elezione e l’altra: tra di loro sono una decina le candidate che hanno qualche possibilità di essere elette, ma tutte lontane dai vertici delle liste. Secondo il sistema elettorale israeliano, ogni partito posiziona i propri candidati secondo la loro rilevanza elettorale: quindi se un partito vince otto seggi, i primi otto candidati della sua lista entreranno nel parlamento.
Poche candidate a destra
Negli ultimi anni la disparità di genere fra destra e sinistra ha contrassegnato in modo marcato la politica israeliana a causa dell’ulteriore spostamento a destra dei partiti religiosi ultraortodossi Shas e Yahadut HaTorah (Giudaismo unito nella Torah), che non ammettono donne nelle loro liste. Ma il divario si sta allargando, e non soltanto tra gli ebrei haredi.
Il Likud, che è il maggiore partito israeliano (sempre in testa nei sondaggi), ha il più basso tasso di rappresentanza femminile di tutti i partiti laici. Secondo le attuali proiezioni, solo il 16 per cento dei parlamentari del Likud nella prossima legislatura saranno donne. All’estrema destra il partito Sionismo religioso, guidato da Bezalel Smotrich, intanto, è dato al 20 per cento di gradimento e ha una donna al quarto posto, Orit Strock, posizionata più in alto della lista di quanto non faccia il Likud con la sua Miri Negev, in nona posizione. Quest’ultima tra l’altro è appena una delle tre donne inserite dal Likud tra i primi 20 candidati.
Il collasso della coalizione Yamina e l’isolamento politico della ministra dell’Interno Ayelet Shaked hanno messo ulteriormente sotto i riflettori la disparità di genere nella destra israeliana (il partito della Shaked, La Casa ebraica, probabilmente non supererà la soglia di sbarramento del 3,25 per cento). I partiti centristi – Yesh Atid, guidato da Yair Lapid, e il partito Unità nazionale di Benny Gantz –, al contrario, hanno compilato le liste cercando di trasmettere un messaggio di parità di genere, anche per attrarre il voto delle donne e per distinguersi dalla destra. Con il risultato che, secondo gli attuali sondaggi, ognuno di questi partiti dovrebbe avere un terzo dei seggi occupato da donne.
Scettici sulle donne ai vertici
Diverse ricerche mostrano che gli israeliani sono molto critici verso le donne in posizioni apicali. Si sa anche che le donne votano più volentieri per altre donne, ma è difficile che gli uomini votino per le donne. Quel che è certo, attacca Fischer Lalo, è che una vera parità di genere in Israele è irraggiungibile finché non verrà affrontato il problema dell’assenza di donne nei partiti che rappresentano gli ultraortodossi, e non unicamente per l’impatto che la loro assenza può avere in un eventuale governo di destra. «Non si tratta solo del fatto che i partiti ultraortodossi escludono le donne. Il problema – rimarca la giurista – è che il resto della società accetta che escludano le donne. E questo è vergognoso. A mio avviso è il problema maggiore che dobbiamo affrontare. Non possiamo essere un paese democratico e liberale con i partiti principali che escludono le donne, e ai quali la Corte suprema non ordina di integrare le donne. Non può funzionare così. È inaccettabile nella forma e nella sostanza. Meno donne abbiamo in politica, meno leggi e politiche attive per la parità di genere avremo».