Domani pomeriggio, 13 luglio 2022, nel suo viaggio con destinazione Arabia Saudita, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, farà tappa a Gerusalemme per la prima volta da quando è l’inquilino della Casa Bianca.
In Israele trova un governo in crisi e una lunga campagna elettorale alle porte (si vota il primo novembre per eleggere i 120 deputati del parlamento monocamerale); sul versante palestinese incontra una classe dirigente invecchiata, poco agile e risentita con Washington per tutte le decisioni assunte dall’amministrazione di Donald Trump e di fatto avallate da Biden, che non ha fatto molto, fin qui, per revocarle o remare in direzione contraria.
In modo pacificamente provocatorio (agli occhi di molti connazionali) l’organizzazione israeliana Pace adesso (Peace Now / Shalom akshav) ha voluto esprimere all’illustre ospite un simbolico benvenuto: sul muro di un edificio di Tel Aviv ha fatto installare, a pagamento, un’enorme cartellone pubblicitario con le bandiere palestinese e israeliana che garriscono una di fronte all’altra e, in ebraico, le parole «Presidente Biden, benvenuto nei due Paesi che più amiamo». (g.s.)