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Anche Mosca e Washington toccate dall’attualità in Terra Santa

Christophe Lafontaine
17 giugno 2022
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Anche Mosca e Washington toccate dall’attualità in Terra Santa
Una vista dalla terrazza dell’Hotel Petra, vicino alla Porta di Jaffa nella città vecchia di Gerusalemme: una delle proprietà del Patriarcato greco-ortodosso finite nelle mani dell’organizzazione ebraica Ateret Cohanim. (foto Olivier Fitoussi/Flash90)

Il 16 giugno la Russia ha denunciato il trasferimento ad Ateret Cohanim di un terreno di proprietà del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme. Intanto le Chiese attendono l’arrivo tra un mese di Joe Biden in Terra Santa.


La decisione adottata l’8 giugno scorso dalla Corte suprema israeliana di confermare l’acquisizione di edifici della Chiesa greco-ortodossa nella città vecchia di Gerusalemme da parte di Ateret Cohanim, un’organizzazione ebraica ultranazionalista, non è piaciuta alla Russia.

In un comunicato stampa del 16 giugno, la portavoce del ministero degli Esteri russo ha infatti dichiarato che Mosca è «profondamente preoccupata» per la «presenza cristiana» sul posto e ha denunciato le conseguenze dannose di tale decisione sulla «pace interreligiosa». Maria Zakharova ha anche affermato che il suo Paese è determinato a fare tutto il possibile per garantire un posto ai cristiani in Medio Oriente, nonché i loro diritti e libertà. La Russia ribadisce il suo sostegno alla Chiesa ortodossa a Gerusalemme.

Beni contestati e profanazioni

Prima di Mosca, l’ufficio del Rappresentante dell’Unione Europea in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza aveva affermato che l’acquisizione da parte dei coloni israeliani di proprietà cristiane a Gerusalemme mette a repentaglio il patrimonio e le tradizioni della comunità cristiana locale.

Ricordiamo che, l’8 giugno, la più alta istanza della giustizia israeliana ha respinto il ricorso della Chiesa greco-ortodossa che, sostenendo che le sue proprietà erano state acquisite illegalmente e senza la sua autorizzazione, aveva brandito nuovi documenti per impugnare la vendita di immobili all’associazione dei coloni israeliani Ateret Cohanim.

Questa mira ad accrescere la presenza ebraica nella parte orientale di Gerusalemme, occupata e annessa allo Stato ebraico. Per fare ciò, acquista case tramite società di copertura.

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Il caso è iniziato nel 2004 quando Ateret Cohanim, in un controverso accordo concluso segretamente, acquisì i diritti per locazioni a lungo termine su tre edifici della Chiesa greco-ortodossa, tra cui l’hotel Petra e l’hotel Imperial nel quartiere cristiano della Città Vecchia vicino alla Porta di Jaffa, oltre che in un edificio residenziale nel quartiere musulmano. Edifici occupati da palestinesi.

Tensione nelle relazioni russo-israeliane

La portavoce del ministero russo ha invitato Israele «a condurre un’indagine obiettiva» e a «punire i responsabili». Tali dichiarazioni arrivano mentre Israele cerca un equilibrio sempre più difficile dopo l’invasione russa dell’Ucraina alla fine di febbraio e la conseguente guerra ancora in corso. Israele non ha né ufficialmente sostenuto la Russia né ha partecipato alle sanzioni contro di essa, suo alleato, e il cui esercito è presente in Siria, né ha contribuito all’armamento dell’Ucraina, che è un Paese amico.

Ma è chiaro che Mosca si aspettava di più da Israele e che quanto più il conflitto si trascina tanto più le relazioni si fanno tese. Israele è diventato progressivamente più critico nei confronti della Russia di fronte agli abusi russi e alla retorica antisemita del ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, tra gli altri.

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Mosca è stata molto contrariata dal fatto Israele permetterà all’Europa di allentare la morsa del gas russo. L’Unione europea vuole rafforzare la sua cooperazione energetica con lo Stato ebraico in risposta al ricatto della Russia che ha interrotto le consegne di gas ai Paesi europei, come ha affermato il 14 giugno in Israele la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Joe Biden in Medio Oriente, una visita attesa dalle Chiese

L’attualità dei cristiani in Terra Santa interessa anche un altro grande del pianeta. Dal 13 al 16 luglio il presidente degli Usa si recherà in Medio Oriente. Joe Biden visiterà Israele, Palestina e Arabia Saudita. Alla luce delle notizie sui cristiani in Terra Santa – attacchi alla convivenza, minacce allo status quo a Gerusalemme, usurpazioni, intimidazioni, profanazioni – i rappresentanti delle Chiese sul posto hanno espresso le loro aspettative sul quotidiano giordano Ad-Dustour, riprese dall’agenzia Fides.

«L’impatto di queste strategie intimidatorie – ha datto il patriarca greco-ortodosso – potrebbe essere mitigato se le nazioni del mondo, e in particolare gli Stati Uniti, dimostrassero concretamente la loro distanza dalle organizzazioni estremiste israeliane».

Theophilos III si è augurato che la visita del presidente Biden incoraggi la ricerca di soluzioni alle emergenze che devono affrontare palestinesi, cristiani e musulmani, comprese le violazioni contro chiese e monasteri perpetrate da gruppi estremisti, nel silenzio delle autorità israeliane.

Il patriarca ritiene inoltre che il re Abdallah II di Giordania non possa essere lasciato solo nel «suo impegno di evitare qualsiasi alterazione, con mezzi politici e militari, della delicata convivenza multietnica e multireligiosa nella Città Santa».

Auspici del tutto analoghi sono stati espressi dall’arcivescovo Yasser Ayyash, vicario patriarcale della Chiesa greco-cattolica (melchita) e da Hosam Naoum, arcivescovo della Chiesa anglicana di Gerusalemme, Giordania e Medio Oriente.

 

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