Centinaia di giovani di varie parti del mondo prenderanno parte dall’8 al 15 maggio al «pellegrinaggio di fiducia» in Terra Santa proposto dai monaci della comunità ecumenica di Taizé. Visiteranno varie località e Luoghi Santi, come Betlemme, Beit Jala, Gerusalemme, Betania.
Le mattinate saranno dedicate soprattutto all’incontro con i testimoni e le esperienze – anche faticose – di speranza (un nome su tutti: la Tenda delle Nazioni, alle porte di Betlemme). Nel tardo pomeriggio e in serata si svolgeranno i tipici momenti di preghiera corale.
Da Gerusalemme fratel Emile, uno dei membri della comunità di Taizé, ha coordinato i preparativi negli ultimi mesi. Ci spiega, anzitutto, lo slogan di questo pellegrinaggio: Camminare insieme verso le fonti della speranza.
«Di fronte a una situazione complessa come quella che troviamo in questa regione del mondo – chiosa frère Emile – è facile rimanere paralizzati. Nessuno può pretendere di avere soluzioni facili a tutto ciò che ostacola la pace. Ma il tema dell’incontro esprime bene ciò che ci spinge. Ogni parola mi sembra importante. “Camminare” cioè andare, partire, non lasciarsi paralizzare. “Insieme” perché l’isolamento genera scoraggiamento e cinismo. Parliamo poi di “fonti” perché vogliamo attingere a ciò che non viene da noi e che apre nuove possibilità. A volte queste fonti sono accessibili solo quando siamo insieme, quando ci aiutiamo a vicenda a intraprendere, o tornare, sul sentiero delle fonti. Infine la speranza: non prendere i nostri desideri per la realtà, ma accogliere questa forza che viene dallo Spirito e che alla fine ci impedisce di fuggire».
Come è nata l’idea di questo pellegrinaggio? Occorre tornare all’incontro promosso a Beirut da Taizé nel marzo 2019. Tra gli altri giovani, i palestinesi erano una trentina. «Ebbero modo – ricorda il nostro monaco – di vedere 1.600 giovani di molti Paesi fraternizzare, cantare insieme i nostri canoni in arabo, sperimentare l’ospitalità libanese e l’accoglienza delle Chiese di tutte le confessioni. In modo del tutto naturale l’ultimo giorno sbocciò l’ipotesi di organizzare un incontro simile in Terra Santa. La pandemia di Covid-19 ha poi stravolto i nostri piani costringendoci a rinviare l’incontro fino a questo maggio 2022. Fin dall’inizio, il patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Theophilos III, ha sostenuto l’iniziativa. Lo stesso vale per il Patriarcato latino e per i melchiti, i siriaci, gli armeni, i luterani e gli anglicani di Terra Santa. Una grande collaborazione è stata avviata con la pastorale giovanile di queste Chiese e con l’Istituto ecumenico di Tantur che nel 2016 suggerì alla nostra comunità di essere più presente in Terra Santa. Trecento giovani, da 23 Paesi e di età compresa tra i 18 e i 35 anni, verranno dall’Europa e da altri continenti. Sul finale della settimana, dal 12 al 15 maggio, dovrebbero aggiungersi altri 300 giovani della Terra Santa».
Chiediamo a frère Emile se l’andamento degli eventi in Europa e la guerra in corso in Ucraina, hanno avuto ripercussioni sul pellegrinaggio. «Trovandomi in questi ultimi mesi in Terra Santa ho sentito via via crescere l’ansia nelle settimane che hanno preceduto l’invasione russa dell’Ucraina. Da queste parti sappiamo bene cosa significhi una guerra. Tra gli iscritti al pellegrinaggio di fiducia in Terra Santa ci sono anche alcuni giovani provenienti da Russia e Ucraina. Speriamo che possano venire davvero. Come per altri Paesi, la guerra non sembra aver dissuaso i giovani dal mettersi in viaggio per la Terra Santa. Forse siamo tutti più consapevoli delle nostre responsabilità rispetto alla pace».
Il più delle volte, in questo genere di incontri, si cerca di far incontrare i giovani ospiti con le famiglie locali, che li accolgono nelle loro case. Anche su questo versante la pandemia ha costretto a ricalibrare. Gli organizzatori hanno dovuto prevedere un piano A (accoglienza in famiglia) e un piano B (accoglienza nelle foresterie delle comunità religiose). «Per come sono messe le cose attualmente – spiega fratel Emile – optiamo per un mix dei due piani. Gli scout di tutte le confessioni hanno preso contatto con molte famiglie e così hanno fatto anche alcune parrocchie. A volte ci viene chiesto: “Occorre essere cristiani per poter accogliere?”. L’ospitalità è una realtà importante in Medio Oriente e non è escluso che tra chi accoglierà ci siano anche dei non cristiani».
«Quello che si svolge dall’8 al 15 maggio – conclude il monaco di Taizé – è un incontro veramente ecumenico. Alle riunioni di coordinamento a volte hanno preso parte trenta persone di diverse Chiese, tutte intente a lavorare insieme per mettere a punto il programma. La generosità delle comunità religiose ha colpito tutti noi. Siamo particolarmente grati ai francescani che hanno fatto tanto per rendere possibile un programma così ricco e bello».
Eco di Terrasanta 3/2022
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