Il ministro degli Esteri russo è in genere considerato persona acuta e colta. Le sparate di taglio antisemita che ha infilato in una recente intervista televisiva a un'emittente di Mediaset hanno sorpreso molti e irritato Israele. Cosa lo ha spinto?
Veramente Serghei Lavrov è impazzito, come sostiene la maggior parte dei commentatori di politica estera, dopo aver ascoltato – in un’intervista rilasciata domenica primo maggio a Rete4 di Mediaset – le parole del ministro degli Esteri russo sul presunto sangue ebraico di Hitler, sul paragone tra il Führer e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (lui sì, effettivamente di origini ebraiche), sugli ebrei peggiori nemici di sé stessi? O quelle frasi sciagurate – per contenuto e tono – sono state viceversa pronunciate dal capo della diplomazia russa con la determinazione fredda e lucida di chi vuole lanciare un avvertimento, forse un altolà, a un governo che non si sta più comportando bene agli occhi di Mosca, ovvero il governo israeliano?
Vediamo in breve la sequenza dei fatti. Sin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, Israele ha mantenuto una posizione di basso profilo, accreditandosi come un possibile mediatore tra i due contendenti: con entrambi infatti intrattiene ottimi rapporti, data anche la forte componente russo-ucraina della popolazione dello Stato ebraico. Inoltre, Israele si coordina con le forze armate russe prima di lanciare i suoi attacchi contro obiettivi nemici (anche iraniani o Hezbollah) in Siria. Nelle prime settimane di conflitto, il premier israeliano Naftali Bennett era persino volato a Mosca in un’apparente missione di pace (senza alcun risultato) presso Vladimir Putin.
Le cose hanno cominciato a cambiare quando, verso metà aprile, il ministro degli Esteri Yair Lapid – il «poliziotto cattivo» nella coppia con il premier Bennett – ha accusato esplicitamente la Russia di «crimini contro l’umanità», riferendosi agli eccidi di civili avvenuti a Bucha, alla periferia di Kiev. Nessun esponente israeliano aveva mai usato parole così dure verso Mosca. Il 27 aprile poi, modificando la politica di invio di soli aiuti umanitari all’Ucraina, il ministro della Difesa, Benny Gantz, ha deciso di fornire agli ucraini elmetti e giubbotti anti-proiettile, niente in termini di apporto effettivo ma molto in termini simbolici. Il vero segnale d’allarme, dal punto di vista russo, è però arrivato il 28 aprile. Israele, su invito statunitense, ha partecipato alla riunione a livello di ministri della Difesa della Nato, nella base aerea statunitense di Ramstein in Germania, convocata da Washington per dotare l’Ucraina di armamenti pesanti. Gantz in realtà non è intervenuto di persona, adducendo la scusa della prossimità della festività nazionale dello Yom HaShoah, il giorno del ricordo dell’Olocausto. Al suo posto è stato inviato il generale Dror Shalom, capo dell’ufficio politico-militare del ministero della Difesa. È avvenuta forse qui la violazione di quella delicata linea rossa che regola in questa fase le dinamiche tra Gerusalemme e Mosca? Il quotidiano digitale The Times of Israel, nel riferire della riunione di Ramstein, ha ricordato come l’Ucraina abbia spesso evocato la necessità di ottenere da Israele un sistema di difesa anti-missilistico, tipo l’Iron Dome (la Cupola di ferro), in grado di proteggere le città dai missili nemici.
Passano solo tre giorni dal vertice della Nato ed ecco su una rete televisiva appartenente alla famiglia di Silvio Berlusconi, vecchio amico di Putin, l’intervista esclusiva del ministro degli Esteri russo.
Lavrov, persona nota per la sua cultura e intelligenza, un diplomatico tra i più abili ed efficaci sulla scena mondiale, stavolta usa rozzi e falsi luoghi comuni sugli ebrei per sostenere le proprie tesi contro il regime «neonazista» di Kiev. Proprio a una domanda sull’obiettivo russo di denazificare l’Ucraina, un Paese che però ha un presidente di origini ebraiche, Lavrov replica: «Posso sbagliarmi ma anche Hitler aveva sangue ebraico. Questo non significa assolutamente nulla. Il saggio popolo ebraico dice che gli antisemiti più accesi di regola sono ebrei». Ovviamente si scatena il putiferio. Proteste in tutti i Paesi occidentali e in particolare in Israele, dove il ministero degli Esteri convoca a Gerusalemme l’ambasciatore russo. I toni dello scontro comunque non si alzano e, anzi, a chiudere l’incidente ci pensa il «poliziotto buono», ovvero il primo ministro Bennett che il 5 maggio telefona a Putin, per presentargli richieste di carattere umanitario, ed ottiene le scuse per le dichiarazioni di Lavrov, secondo quanto afferma una nota israeliana. Resta da vedere quanto lo Stato ebraico riuscirà a mantenersi in un perimetro accettabile per i russi, o quanto dovrà invece concedere alle pressioni degli Stati Uniti, un Paese che, solo nel 2021, gli ha fornito aiuti militari per quasi quattro miliardi di dollari.