Monete, sigilli, gioielli, anelli, piccole tavolette di argilla con iscrizioni cuneiformi… È un bottino degno della grotta di Ali Baba che l’unità di prevenzione dei furti dell’Autorità israeliana per le antichità (Aia) ha recuperato. È «uno dei più grandi sequestri» nella storia di questo organismo, come si legge in un comunicato del 19 maggio.
Nella stessa dichiarazione, l’Aia spiega di aver perquisito, dieci giorni fa, su ordine di un giudice e con l’aiuto della polizia, la residenza a Modiin (Israele centrale) di un commerciante sospetto, che esercitava il commercio delle antichità senza legale autorizzazione. Tale commercio avveniva coprendo le tracce e contrabbandando sistematicamente migliaia di manufatti da Israele verso Paesi stranieri.
In tutto circa 1.800 monete e manufatti sono stati salvati il 15 maggio da questo traffico illecito. «Si sospetta che gli oggetti provengano da recenti scavi illegali di antichi siti in tutto il Paese», riferisce l’Aia.
Alcune monete e oggetti erano addirittura ancora ricoperti di terra fresca. Sfortunatamente, l’Aia ritiene che altre migliaia di monete abbiano già lasciato il territorio e da molto tempo. Decine di monete sono state trovate anche all’interno di buste postali recanti gli indirizzi dei destinatari all’estero, pronte per essere spedite.
Monete delle rivolte ebraiche e una statuetta di Hermes
Il sequestro dell’Autorità israeliana per le antichità, tuttavia, ha permesso di trattenere nel Paese rare monete di bronzo e d’argento, alcune delle quali risalenti al periodo persiano e asmoneo, o coniate durante la grande rivolta rbraica contro i romani avvenuta tra il 66 d.C. e il 73 d.C.
In particolare, uno shekel d’argento, coniato nel 67 d.C. Il dritto reca l’iscrizione «Santa Gerusalemme» con tre melograni su un ramo. Il rovescio porta le parole «Shekel Yisrael anno due» scritte sopra una coppa. Un’altra moneta porta il nome di Shimon Bar Kochba, il capo della seconda insurrezione degli ebrei della provincia della Giudea contro l’Impero romano, tra gli anni 132 e 135.
Il bottino includeva anche una statuetta in bronzo delle dimensioni di un dito, di epoca ellenistica. Rappresenta il dio Hermes, messaggero degli dei dell’Olimpo. È facilmente riconoscibile per il suo cappello alato, il petaso, e per la borsa di denari che tiene in mano, attributo che gli apparteneva anche come dio greco di commerci e delle ricchezze.
Un artefatto rubato è una storia rubata
Ilan Haddad, commissario per il commercio delle antichità all’interno dell’Aia, ha detto a The Times of Israel che è impossibile risalire all’esatta provenienza degli oggetti. Tuttavia, presume che molti pezzi siano originari della Cisgiordania e siano stati acquistati da saccheggiatori che operano nella zona. Quindi il trafficante di Modiin li avrebbe introdotti di nascosto in Israele per commercializzarli illegalmente.
«Se non arrestiamo i criminali sul luogo degli scavi, non abbiamo il contesto dei manufatti e quindi non abbiamo modo di localizzarli con precisione», ha detto con rammarico Haddad. «È desolante pensare ai molti siti di antichità che sono stati distrutti per consentire ai trafficanti di fare soldi».
«Questa è una storia che appartiene a tutti noi, che non può più essere ripristinata», ha aggiunto intervistato da The Times of Israel. Il Nucleo per la prevenzione delle antichità ha comunque affermato che «nelle prossime settimane le indagini saranno estese per interrogare quelli che hanno fornito i pezzi all’indagato».
Tradito dall’indirizzo Ip del suo negozio online
Ilan Haddad ha precisato al quotidiano che l’Autorità controlla regolarmente le piattaforme di aste di antichità su Internet, eBay in particolare, nonché qualsiasi nuovo negozio online domiciliato in Israele.
Infatti, il trafficante di Modiin è stato avvistato e poi identificato tramite il suo negozio online, collegato a un indirizzo Ip israeliano. Durante l’interrogatorio, il sospettato ha ammesso tutti i fatti di cui era accusato.