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In Terra Santa “Bella ciao” in veste cristiana

Elisa Pinna
16 aprile 2022
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Tra i brani musicali risuonati a Gerusalemme a margine della processione delle Palme c'è anche un motivo molto noto in Italia: Bella ciao. Qui oggi esprime (anche) la fede dei giovani cristiani.


La Domenica delle Palme quest’anno è tornata ad essere un tripudio di pellegrini e di fedeli in Terra Santa. La variopinta e vivace processione che ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme è stata accompagnata da canti e musiche. Tra le altre sono risuonate anche le note di Bella ciao, la canzone simbolo della lotta partigiana italiana. Il canto è stato eseguito dalle bande musicali degi giovani scout di Nazaret, ma anche intonata a gran voce dai giovani parrocchiani della Città Santa, che hanno mutato il testo originarie in un inno religioso arabo-cristiano. C’è da dire che l’entrata in scena di Bella ciao non è stata una sorpresa assoluta. La popolarità della canzone è cresciuta enormemente in Terra Santa, come in tutto il mondo, da quando è diventata il motivo ricorrente di una serie di grande successo di Netflix, La casa di carta. Piano piano, specie in questi anni di Covid, i ragazzi degli oratori l’hanno presa in prestito e le hanno cambiato veste per raccontare un’altra storia, la loro storia di cristiani e – come dice il testo arabo – il loro affidarsi a Gesù.

La riapertura delle frontiere israeliane e il progressivo ritorno ad una vita normale hanno reso tutto ciò molto visibile specie in occasione della Pasqua. Bella ciao è un canto che ha del resto la capacità straordinaria di radicarsi e raccontare storie diverse, esprimendo un generale anelito alla libertà. Sicuramente fu cantata durante la Resistenza partigiana in Italia. Tuttavia, i combattenti dell’epoca e gli etnomusicologi hanno sostenuto che, ai tempi della guerra per la liberazione dal nazi-fascismo, la canzone fosse conosciuta in realtà da pochi e sparuti gruppi partigiani. Resta un mistero come abbia fatto a divenire un simbolo così potente della lotta partigiana; probabilmente la sua fortuna è dovuta al fatto che è estremamente orecchiabile e che il suo messaggio contro un generico invasore incontra aspirazioni e desideri generali (anche palestinesi).

A un certo punto si era pensato che il testo fosse la rivisitazione di un canto delle mondine, ma la cosa non sembra poi così certa. Nel 2006, il colpo di scena. In un negozietto di dischi a Parigi, un turista italiano comprò per 2 euro un cd di melodie e improvvisazioni Klezmer, la musica yiddish nata tra gli ebrei dell’Europa dell’Est. Tra i brani, uno si intitolava Koilen ed era stato composto nel 1919 da un certo Mishka Ziganoff. Il turista italiano, rientrato a casa, lo ascoltò e rimase stupefatto. L’incipit era identico a quello di Bella ciao e anche lo sviluppo musicale sostanzialmente simile. Basta andare su YouTube, impostando la ricerca su Koilen, per rendersene conto.

Ovviamente nacquero diverse congetture sulla biografia del suo autore, forse un ebreo russo o forse un fisarmonicista zingaro trapiantato a New York. E se è vero – come sostengono gli esperti in materia – che molti canti partigiani hanno evidenti legami con la musica popolare russa, emoziona immaginare il lungo percorso fatto da un brano yiddish del 1919, passato dall’Europa dell’Est alle montagne dell’Italia occupata dai nazisti, per divenire il simbolo della lotta di liberazione e il must di ogni 25 aprile, per poi ripartire, acquisendo nuove sfumature, nuove identità e significati.

Eccolo riapparire adesso come canto dei cristiani palestinesi in Terra Santa.

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