(c.l./g.s.) – La battaglia legale tra il Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme e Ateret Cohanim, un’organizzazione che mira a ebraicizzare completamente Gerusalemme tramite l’acquisizione di immobili nei quartieri cristiano, armeno e musulmano della città vecchia, in questi giorni ha assunto una svolta che crea fermento e allerta tra le comunità cristiane.
Nella notte tra il 26 e il 27 marzo – ha riferito il quotidiano Haaretz – alcuni membri dell’organizzazione nazionalista ebraica hanno fatto irruzione nel primo piano dell’hotel Petra. Sono entrati inoltre nell’ufficio di un cambiavalute situato all’ingresso dell’albergo per i pellegrini cristiani. L’edificio si trova presso la Porta di Jaffa, uno degli ingressi principali ai quartieri cristiano e armeno della città murata.
Da quasi due decenni Ateret Cohanim rivendica la proprietà dell’edificio a discapito dei greco-ortodossi. Insieme all’Hotel Imperial e ad un altro stabile, l’albergo fu alienato dall’ex patriarca greco-ortodosso, Ireneo I, con un controverso atto di compravendita nel 2004. Le contestazioni che si registrarono dentro il Patriarcato greco-ortodosso condussero alla deposizione di Ireneo e all’elezione dell’attuale patriarca Theophilos III, il quale, da allora, non ha mai smesso di lottare per la proprietà dei fabbricati, accusando la controparte acquirente di frode.
Dopo molti colpi di scena, dentro e fuori le aule dei tribunali, il caso pende da due anni presso la Corte Suprema israeliana, che – secondo Haaretz – dovrebbe emettere un parere motivato nei prossimi mesi. Ma Ateret Cohanim, forte delle precedenti vittorie nelle aule giudiziarie, sembra essersi stancata di aspettare ed è passata all’azione con un gruppo di militanti.
Il Patriarcato greco-ortodosso insorge
Indignato, il 27 marzo il Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme ha reso pubblica un’energica dichiarazione. «Queste azioni rappresentano una violazione di domicilio, sono stato commesse illegalmente e costituiscono un attacco alle attività commerciali e alle proprietà private nel quartiere cristiano di Gerusalemme», ha accusato. «I loro autori – ha soggiunto – non erano muniti di alcun avviso (legale) di sfratto e quindi hanno deciso di agire di testa propria, commettendo un reato».
Per le Chiese la posta in gioco è alta: i cristiani a Gerusalemme e in Terra Santa si sentono minacciati dalle azioni di questi radicali, denunciava già nel dicembre scorso il patriarca Theophilos III, con l’avallo degli altri patriarchi e capi delle Chiese locali. Il Patriarcato, sostenuto dalle altre Chiese cristiane a Gerusalemme, non ha smesso in questi anni di mettersi in gioco su questa vicenda. «La Chiesa – ha riaffermato anche nel suo comunicato – sta facendo tutto il possibile per fermare queste azioni» e «pervenire a una soluzione legale e pacifica».
Le Chiese chiedono alla polizia di «agire in modo equo»
Il Patriarcato greco-ortodosso ha comunque chiesto un rapido intervento della polizia «per sgomberare Ateret Cohanim e ripristinare la situazione tal qual era prima dell’irruzione, fino al completamento e alla conclusione dell’iter giudiziario in corso». Tuttavia, la curia greco-ortodossa, nel suo comunicato, non ha risparmiato critiche ai tutori dell’ordine. Secondo alcune informazioni pervenutele, «gli agenti di polizia hanno difeso deliberatamente il gruppo radicale o hanno chiuso un occhio sulle attività illegali di Ateret Cohanim all’hotel Little Petra».
Benché il Patriarcato abbia pubblicato la dichiarazione a proprio nome, spiega di essersi confrontato con il coordinamento dei patriarchi e dei capi delle Chiese di Gerusalemme. Ed è stato per loro conto che ha fatto appello alla polizia di Gerusalemme affinché «agisca in modo equo e in base alla propria autorità» davanti a un’effrazione «senza alcuna procedura legale o regolarità».
Un simbolico presidio
Il 29 marzo il Patriarcato greco ortodosso ha organizzato un simbolico presidio dello stabile occupato dagli estremisti. Theophilos III ha raggiunto l’edificio accompagnato da un corteo di monaci ed ecclesiastici (clicca qui per un documento video). Tra gli altri, ad esprimere visibilmente la solidarietà delle altre Chiese erano presenti, per parte cattolica, il Custode di Terra Santa, Francesco Patton (accompagnato dal vicario Dobromir Jasztal e da fra Ibrahim Faltas) e mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, già vescovo ausiliare del Patriarcato latino di Gerusalemme. Nei locali dell’Hotel Imperial, adiacente all’hotel Little Petra, sono stati pronunciati brevi discorsi.
Nel suo, Theophilos III, ha ribadito che l’occupazione dell’Hotel Little Petra da parte del «gruppo estremista radicale Ateret Cohanim è una minaccia all’esistenza del quartiere cristiano di Gerusalemme e in definitiva alla coesistenza pacifica delle comunità in questa città».
Il patriarca ha anche detto ai giornalisti della stampa internazionale presenti che sono in corso contatti con il ministro israeliano per l’intelligence, Elazar Stern, e il presidente Isaac Herzog per mettere fine all’incidente.
C’è rammarico nell’osservare che «occupando la proprietà della Chiesa greco-ortodossa, l’Hotel Little Petra, Ateret Cohanim ha commesso un’irruzione e una violazione di domicilio». «Agiscono – lamenta il patriarca – come fossero sopra la legge e non temessero alcuna conseguenza». Alcuni dei presenti hanno chiesto a gran voce che intervengano anche il re di Giordania, Abdallah III, nella sua qualità di custode dei luoghi santi di Gerusalemme, e del presidente palestinese Mahmoud Abbas.
Il Custode di Terra Santa, con brevi parole in inglese, ha voluto esprimere solidarietà al patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, dicendo: «Siamo al vostro fianco. Non chiediamo privilegi, ma semplicemente che sia rispettata la legge e che il tempo delle negoziazioni sia tenuto sgombro da tensioni. Ci auguriamo che le nostre voci vengano ascoltate».
Da Ginevra si è levata la voce del segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, Ioan Sauca, che ha fatto propria la denuncia del patriarca Theophilos e ha chiesto «alle autorità locali di ergersi a protezione delle persone che meritano di vivere in pace» e ponendo fine in Israele «al clima di impunità che circonda simili violazioni».
Azioni potenzialmente pericolose
L’incidente dell’albergo Petra si inserisce in un quadro di tensioni crescenti a Gerusalemme e in Terra Santa. Su questo sfondo, il Patriarcato greco-ortodosso suona un campanello d’allarme: «La Chiesa teme che certe azioni possano degenerare rapidamente e scatenare uno scenario molto turbolento in città vecchia», dicono i greco-ortodossi, che aggiungono: «Agire in un tale modo illegalmente aggressivo contro una nota proprietà cristiana e imprese arabe – in questo periodo che precede la Pasqua [ebraica e cristiana] e il Ramadan – potrebbe probabilmente innescare ostilità locali simili a quelle osservate l’anno scorso nel quartiere di Sheikh Jarrah».
All’inizio di questo mese di marzo, nella città vecchia di Gerusalemme, si sono verificati diversi attacchi con accoltellamenti. L’allerta è alta in vista delle festività imminenti. Pesach (la Pasqua ebraica), che inizia il 15 aprile, e la cerimonia di benedizione dei sacerdoti (Birkat HaCohanim) vedranno molti ebrei radunarsi al Muro occidentale, mentre migliaia di musulmani si riverseranno sulla sovrastante Spianata delle Moschee. Seguiranno la Giornata in memoria dei soldati israeliani caduti e la festa musulmana di Eid Al-Fitr all’inizio di maggio.
Gli apparati di sicurezza israeliani ravvisano, d’altronde, nuovi motivi di preoccupazione negli attentati terroristici avvenuti negli ultimi giorni (l’ultimo a Hadera il 27 marzo, il precedente, solo pochi giorni prima a Beer Sheva) che sarebbero attribuibili ad affiliati del sedicente Stato islamico.
Ultimo aggiornamento: 30/03/2022 09:47