Non è facile per il governo turco prendere posizione nei confronti di due tradizionali amici, come Russia e Ucraina, ora belligeranti. Si instaura così un vero e proprio gioco di equilibrismi precari…
Solo dopo una settimana dall’inizio del conflitto russo-ucraino, con una dichiarazione del presidente della Repubblica di Turchia Recep Tayyip Erdoğan la Turchia ha deciso di utilizzare i diritti previsti dalla Convenzione di Montreux sul transito delle navi attraverso il Bosforo e i Dardanelli, impedendo il passaggio di navi da guerra, destinate a peggiorare l’escalation militare nella regione. La Convenzione di Montreux sullo Stretto Marittimo, firmata nel 1936, autorizza il passaggio di navi da guerra appartenenti a paesi non affacciati sul Mar Nero, dallo stretto dei Dardanelli e del Bosforo, solo dopo previa informazione e autorizzazione delle autorità turche e, in caso di accesso accordato, per un soggiorno nel Mar Nero per un periodo non superiore a 21 giorni.
Non facile per la diplomazia di Ankara, prendere posizione nei confronti di due tradizionali amici, ora belligeranti. Si instaura così un vero e proprio gioco di equilibrismi precari, nella speranza di favorire a turno una parte, senza troppo danneggiare l’altra…
Fin dalle prime ore del drammatico confronto bellico al cuore dell’Europa, uno dei temi che ha tenuto impegnati gli esperti di strategie militari è stato il ruolo svolto dai droni Bayraktar TB2 che la Turchia ha venduto a Kiev. Sui social network sono circolati diversi video che mostravano attacchi aerei da droni contro le forze russe, così come notizie sull’abbattimento degli stessi da parte delle unità inviate da Mosca. Pochi sanno che l’accordo tra Ucraina e Turchia non prevedeva l’uso offensivo dei droni (ancora una volta per non indispettire Mosca, benché in uno scambio telefonico per gli auguri di inizio 2022, Putin si fosse manifestato piuttosto contrariato per il business bellico di Erdoğan… arrabbiatura premonitrice?), ma la clausola è venuta meno dato che l’iniziativa militare della Russia ne fa il Paese invasore. I droni in questione, del resto, sono per il presidente turco non una semplice arma, ma un vettore di politica estera e c’era già un accordo per integrare Kiev nella catena produttiva dei TB2, con la fornitura dei motori attraverso un’azienda locale ucraina. Non bisogna dimenticare che la Turchia è un membro della Nato che, tra l’altro, incoraggia un allargamento del Patto Atlantico!
Evidentemente, gli ottimi rapporti commerciali tra Ucraina e Turchia non si limitano all’industria bellica: ad esempio, la Turchia ogni anno – al netto della pandemia – ospita milioni di turisti ucraini sul suo territorio (sono stati oltre 2 milioni nel 2021) e acquista una serie di prodotti alimentari basilari dall’Ucraina, come il grano e l’olio di girasole. D’altro canto però, anche i rapporti economico-commerciali di Ankara con Mosca sono noti e il ritardo con cui il presidente turco ha reagito sulla questione del transito delle navi da guerra dal Bosforo ha sullo sfondo questa “complicità” economica dei due partner. Il capo della diplomazia turca Mevlüt Cavusoğlu, ha comunque subito “riequilibrato” le posizioni restrittive di Ankara per il transito di navi da guerra, annunciando che il Paese non si sarebbe unito alle sanzioni internazionali contro Mosca.
Ma accanto alla politica delle cancellerie, è importante seguire gli umori delle piazze. Anche in Turchia e ad Istanbul in particolare, non si è fatta attendere la mobilitazione dell’importante comunità di cittadini ucraini sul suolo turco, subito affiancata dall’Associazione per la cultura e la solidarietà dei turchi di Crimea. I tartari minoranza musulmana di origine turca, si stabilirono nel XIII secolo in Crimea. Deportati in Siberia e in Asia centrale sotto il regime stalinista, tornarono in questa penisola dopo la fine dell’Urss e l’indipendenza dell’Ucraina, nel 1991. I tartari di Crimea – valutabili intorno alle 300mila persone, che rappresentano circa il 12 per cento della popolazione della penisola – avevano ampiamente boicottato il referendum del 2014, con quale Mosca annetteva di fatto la regione. Da allora, hanno denunciato più volte forti repressioni nei loro confronti. Alcuni membri della loro comunità sono stati accusati di essere legati al gruppo islamista Hizb ut-Tahrir, bandito in Russia, la cui cellula, secondo gli inquirenti locali, opera a Yalta e Alushta. Una storia tra le tante, di minoranze sostanzialmente ignorate, per non dire dimenticate, che riemergono tra le pieghe della storia, spesso in frangenti particolarmente drammatici e che pagano in genere il conto più salato di politiche d’interesse sulle loro teste.