In Egitto per la prima volta un copto presiede la Suprema corte costituzionale
(c.l./g.s.) – Il 9 febbraio, per la prima volta, un cristiano copto ha prestato giuramento davanti al presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi come nuovo presidente della Suprema corte costituzionale egiziana. Boulos Fahmy, 65 anni, è entrato in carica lo stesso giorno. Succede a Saeed Marei Amr che ha dovuto lasciare per ragioni di salute. Il suo mandato durerà quattro anni, come previsto dalla legge. Il capo dello Stato – che ha la facoltà di nominare presidente della Corte uno dei cinque membri anziani – ha espresso al neo-presidente della Corte i suoi sinceri auguri per i compiti e la responsabilità che si accolla. Nel corso della sua vita professionale il giudice Fahmy ha ricoperto numerosi incarichi in ministeri e organi giudiziari. Della Suprema corte costituzionale è stato membro dal 2010 al 2012 e poi, nuovamente, dal 2014 ad oggi.
La Suprema corte costituzionale ha sede alla periferia del Cairo (a Maadi) ed è un organo giudiziario indipendente della Repubblica Araba d’Egitto, creato nel 1979 in sostituzione della Corte Suprema, a sua volta voluta dieci anni prima dal presidente Gamal Abd el Nasser. Nel 2017, il presidente al-Sisi ha ratificato degli emendamenti normativi che consentono al capo dello Stato di nominare giudici nelle più alte magistrature egiziane.
L’articolo 2 della Costituzione egiziana, entrata in vigore nel 2014, riconosce i «principi della Sharia islamica» come «principale fonte legislativa». Dopo le rivolte di piazza del 2011, durante il breve periodo in cui il governo era guidato dai Fratelli Musulmani, la Corte Suprema è stata uno dei principali fattori istituzionali di opposizione ai rigidi programmi di islamizzazione della legislazione.
Un passo da gigante?
La funzione principale della Corte è verificare e confermare la costituzionalità di leggi e regolamenti emanati dalle autorità egiziane. È altresì competente ad interpretare i testi legislativi; a pronunciarsi sui conflitti di competenza tra gli organi giudiziari e gli enti a cui è attribuita una qualche competenza giurisdizionale, nonché sulle controversie relative all’esecuzione di decisioni in contraddizione tra loro quando le une provengono da un’autorità giudiziaria e le altre da un organo di diversa natura. Dirime inoltre le controversie relative all’applicazione delle sue sentenze e decisioni ed eventuali diatribe relative agli affari dei suoi membri.
I media egiziani – riferisce l’agenzia Fides – hanno presentato la nomina di Fahmy a capo della Suprema corte costituzionale come un ulteriore segno della volontà del presidente al Sisi di garantire ai cristiani l’accedere alle più massime istituzioni del Paese. Il capo del Consiglio per i diritti umani, Mouchira Khattab, che ha detto all’agenzia France Presse che la nomina di Boulos Fahmy è «un passo da gigante senza precedenti» in un Paese dove i cristiani si dicono emarginati da molto tempo.
Ancora non basta
Non tutti concordano. Ishak Ibrahim, uno dei massimi esperti di questioni cristiane in Egitto, ricercatore dell’ong Iniziativa egiziana per i diritti della persona (Egyptian Initiative for Personal Rights – Eipr), ha scritto in un post su Facebook che la nomina avrà scarso impatto sulla fine della discriminazione nei confronti dei cristiani, che restano ampiamente sottorappresentati nelle istituzioni pubbliche egiziane. «Potremo dire – ha osservato – che il miglioramento è significativo quando vedremo che la percentuale (di cristiani che ricoprono incarichi di rilievo) è passata da circa il 2 per cento a una percentuale vicina a quella che è la loro percentuale rispetto alla popolazione [si parla in genere del 10 per cento – ndr]».
La nomina di Boulos Fahmy si pone tuttavia in continuità con le misure prese negli ultimi anni da al-Sisi a favore della comunità cristiana in Egitto. Da quando è entrato in carica nel 2014, gran parte dei cristiani egiziani vede nel presidente un alleato contro gli islamisti. Al-Sisi ha anche autorizzato la costruzione di nuove chiese e la legalizzazione delle centinaia costruite negli anni precedenti senza i necessari permessi, difficili da ottenere in decenni di restrizioni amministrative e legislative.
Ancora recentemente – il 5 febbraio scorso – in occasione dell’inaugurazione della nuova chiesa costruita a El Salam City, distretto urbano industriale e residenziale emerso negli ultimi anni nella vasta area del Cairo, il patriarca copto-ortodosso Tawadros II ha salutato con soddisfazione la direttiva presidenziale che impone di costruire una chiesa, e non solo una moschea, in ogni nuovo insediamento urbano.