È tanto facile guardare da un’altra parte. E in questo mondo ci siamo abituati a quella cultura dell’indifferenza, a quella cultura del guardare da un’altra parte, e addormentarci così, tranquilli» (Papa Francesco, Nicosia, Cipro, 3 dicembre 2021). Le parole pronunciate da papa Francesco lo scorso 3 dicembre nella nostra chiesa francescana della Santa Croce a Nicosia possono essere la sveglia che ci scuote dal torpore e dalla stanchezza.
Veniamo tutti da due anni difficilissimi e per certi versi terribili. Abbiamo visto morire, a causa della pandemia, gente che conoscevamo e ci era familiare. Abbiamo visto persone intubate e quasi crocifisse ai letti delle terapie intensive. Abbiamo percepito l’angoscia degli anziani completamente segregati dagli affetti familiari; poi il disagio dei bambini imprigionati dalla «didattica a distanza» nei loro miniappartamenti; quindi, le fatiche dei giovani costretti ancor di più a isolarsi nella Rete pur di conservare un minimo di relazioni.
Abbiamo conosciuto le fatiche dei lavoratori e delle lavoratrici che, in molti casi, hanno perso il proprio lavoro a causa di chiusure più o meno intermittenti. E i poveri sono diventati ancora più poveri, senza vaccino, senza terapie, senza sostegno, senza niente. Abbiamo condiviso anche il disagio dei fedeli e dei credenti, spesso impediti a radunarsi per ascoltare insieme la Parola di Dio e insieme pregare, per ricevere il Corpo del Signore e sentirsi parte del suo Corpo ecclesiale, talvolta nell’impossibilità di confessarsi e riconciliarsi, non raramente costretti a morire senza il conforto di una preghiera, di una parola di speranza, di una carezza e di un’assoluzione.
Quello che è accaduto in tutto il mondo è accaduto anche in Terra Santa. In questa situazione abbiamo cercato di continuare la nostra missione. Di sostenere, anche materialmente, soprattutto le comunità più deboli: la comunità di Betlemme e quella della città vecchia di Gerusalemme, senza più pellegrini e senza lavoro; le comunità del Libano, disastrato da una crisi economica e politica sempre più incancrenita; quelle della Siria, prigioniera di una guerra che sembra non finire.
Nei santuari abbiamo intensificato la preghiera, dando voce al grido di tutta l’umanità. Nelle parrocchie abbiamo continuato a celebrare e a stare accanto alle persone, ai fedeli locali, ai lavoratori migranti e ai rifugiati. Nelle scuole abbiamo cercato di educare alla fraternità e alla speranza. Nei centri di studio abbiamo accolto e formato giovani frati, ma anche sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche provenienti da tutto il mondo.
Durante questa Settimana Santa non dimenticatevi di noi, non dimenticatevi dei vostri fratelli e delle vostre sorelle che vivono in Terra Santa. Aiutateci secondo le vostre possibilità, aiutateci secondo la generosità del vostro cuore, aiutateci nella misura del possibile. Gesù di Nazaret, chicco di grano seminato dal Padre nei solchi oscuri della nostra storia umana, ha accettato di spogliarsi della sua condizione divina per condividere la nostra esistenza umana fino alla morte di croce, ed è risorto per donarci la possibilità, la speranza e l’esperienza di diventare Figli di Dio, per sempre.
Nel Nome di Colui che ha donato tutto se stesso per arricchirci mediante la sua povertà (2 Lettera ai Corinzi 8,9), aiutateci a continuare la nostra missione: siate generosi nel condividere e non dimenticate mai le parole del Signore Gesù: «C’è più gioia nel dare che nel ricevere» (cfr Atti degli Apostoli 20,35).
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Eco di Terrasanta 2/2022
Cercare e accogliere i segni e la parola
Cercare dove Gesù dimora, cercare e trovare, con passione, metodo e studio. Sono le linee di fondo dell’esistenza dell’uomo che si scopre figlio e chiamato. Ciò risponde alla fame e alla sete di assoluto che resistono in ognuno.