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A Raqqa i cristiani ancora senza culto

Christophe Lafontaine
9 febbraio 2022
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A Raqqa i cristiani ancora senza culto
Dopo il passaggio dello Stato islamico a Raqqa, in Siria, i cristiani non hanno più preti, né campane, né liturgia. (foto Miriam Alster/Flash90)

Un rapporto dell'Osservatorio siriano per i diritti umani rileva che, nonostante la liberazione di Raqqa dalla morsa dell'Isis, i cristiani non possono ancora pregare nelle loro chiese, perché distrutte o senza sacerdoti.


«Quattro anni dopo la liberazione di Raqqa dalla morsa dell’organizzazione Stato islamico, le chiese restano senza campane né preghiere». È il titolo del rapporto pubblicato il 4 febbraio dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdu), le cui informazioni sono state spesso riprese durante il conflitto siriano dalle tre maggiori agenzie di stampa internazionali: France Presse, Reuters e Associated Press.

Nel documento, l’Osservatorio sostiene che «attualmente nella città di Raqqa vive una trentina di famiglie cristiane, che da quasi nove anni sono impedite dal praticare i riti nelle chiese della città».

In effetti «tutte le chiese della città sono state distrutte nel corso di operazioni militari», sottolinea il rapporto. E molte famiglie cristiane sono state costrette a lasciare la città sulla sponda settentrionale del fiume Eufrate quando è diventata la «capitale» siriana dell’organizzazione jihadista Stato islamico, dal 2014 al 2017.

Prima del 2014 tre chiese accoglievano i fedeli di Raqqa, discendenti di famiglie locali cristiane da generazioni oppure di armeni fuggiti in Siria dopo i massacri in Turchia a cavallo tra Ottocento e Novecento. I membri della comunità greco-cattolica (melchita) si incontravano nella chiesa dell’Annunciazione, ora distrutta. Lo Stato Islamico l’aveva trasformata in un centro della Dawa islamica (l’attività “missionaria” che invita ad abbracciare l’islam). I fedeli della Chiesa armena apostolica si riunivano nella cappella di una scuola oggi devastata. La scuola è stata trasformata in una «casa per la zakat» (l’elemosina, che costituisce il terzo pilastro dell’islam), prima di essere trasformata in un ufficio reclami quando le fazioni di opposizione e i gruppi jihadisti catturarono la città dopo aver sconfitto le forze governative.

Una chiesa restaurata, ma senza sacerdote

I cattolici armeni, invece, pregavano nella chiesa dei Martiri, conosciuta come Al-Shuhadaa. Il luogo di culto ha potuto riaprire lo scorso novembre, dopo essere stato restaurato grazie all’ong statunitense Free Burma Rangers, guidata dal missionario cristiano protestante David Eubank, in collaborazione con il Consiglio locale di Raqqa. L’Osservatorio siriano per i diritti umani riferisce che, secondo le sue fonti, non è però stato ancora nominato alcun sacerdote.

Secondo alcune famiglie cristiane intervistate dall’Osservatorio, il motivo per cui nessun sacerdote è stato nominato nella chiesa Al-Shuhadaa deriva dal fatto che i cristiani della città di Raqqa fanno capo ad Aleppo, città sotto il controllo del governo. Da lì i sacerdoti non possono recarsi nelle aree in mano alle Forze democratiche siriane. Queste ultime annunciarono la completa conquista di Raqqa – strappata all’Isis – il 17 ottobre 2017, a seguito di una lunga battaglia che portò alla massiccia distruzione della città.

Tra il 2013 e il 2017 il numero delle famiglie cristiane nell’intera provincia di Raqqa è sceso da 4.000 ad appena 200. Alcuni nuclei hanno potuto rimanere in città dopo aver pagato la jizya, una tassa annuale riscossa sui dhimmi, cioè i sudditi non musulmani di uno Stato governato dalla legge islamica. Coloro che non sono stati in grado di pagare questa tassa sono partiti per la Turchia o verso altre regioni della Siria, afferma il rapporto dell’Osservatorio siriano per i diritti umani.

L’organizzazione terroristica non solo ha devestato le chiese, ma ha anche sottoposto i cristiani a ogni tipo di intimidazione, violenza e discriminazione. Il rapporto ribadisce che «lo Stato islamico ha trasformato le chiese cittadine in quartier generali militari e sedi di uffici amministrativi; distrutto le croci e lanciato campagne di arresti contro un gran numero di cristiani costringendo gli abitanti a conformarsi ai rigidi principi islamici», impedendo di praticare liberamente la propria fede.

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