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Invocazioni e oracoli nei papiri di Tebtynis

Aristide Malnati e Virginia Reniero
5 gennaio 2022
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Invocazioni e oracoli nei papiri di Tebtynis
Vestigia del Tempio di Sobek, Umm el-Burigat (Tebtynis). (foto Roland Unger/Wikipedia)

Il passaggio da un anno all'altro è sempre occasione di auguri, propositi, auspici, preghiere. Da sempre gli umani si affidano ai loro protettori celesti, li interrogano, li invocano. Lo testimoniano una volta di più i papiri votivi – anche cristiani – rinvenuti a Tebtynis, in Egitto.


Un anno se ne è appena andato e per quello agli inizi nel mondo – e non solo tra i cristiani – non mancano certo preghiere e invocazioni al Trascendente. Una prassi ben radicata già nelle culture antiche, testimoniata a più riprese nella millenaria civiltà egizia e da lì travasata nel cristianesimo primitivo, ovviamente nel pieno rispetto del nuovo credo religioso. Sono i numerosi i papiri scritti in geroglifico, ma ancor più numerosi quelli appartenenti al periodo greco-romano (IV sec. a. C. – IV sec. d. C.) contenenti i cosiddetti scritti oracolari: in qualsiasi periodo dell’anno, ma soprattutto in occasione del passaggio all’anno nuovo o dell’arrivo della bella stagione con il risveglio della natura, i sudditi dei faraoni con l’indispensabile ausilio dei sacerdoti si rivolgevano a una divinità tra le tante del vasto pantheon egizio al fine di ottenerne la protezione per il periodo di tempo che si apriva.

In particolare, era invocato Nilo, divinità legata al grande fiume, di cui l’Egitto era dono assoluto come ricorda Erodoto (neI libro delle Storie): a lui si rivolgevano preghiere con formule ricorrenti e riti propiziatori a ricordarne la potenza decisiva per l’abbondanza dei raccolti (tra le famose piaghe d’Egitto ricordate nell’Antico Testamento vi sono le carestie, generate dal Nilo che non aveva esondato fertilizzando l’omonima valle di fertile limo). Quando i fedeli leggevano le preghiere redatte su papiro stringevano amuleti o piccoli gioielli votivi – ritrovati poi in gran numero negli scavi egiziani – al fine di ingraziarsi ancor di più la divinità venerata.

Numerosi sono i testi con invocazioni o richieste di oracoli sulle questioni più disparate rivolte a Sobek, divinità dalle sembianze di coccodrillo. Al dio Sobek si rivolgevano, tramite i potenti sacerdoti officianti del suo culto, i pellegrini che convergevano numerose volte all’anno nel suo grande tempio a Tebtynis, fiorente villaggio (komè) dell’oasi dell’Arsinoite (oggi Fayum, 80 chilometri a sud-ovest del Cairo), la più grande regione (nòmos) dell’Egitto in epoca greco-romana. A Sobek chiedevano di tutto, persino chi potesse essere colpevole del tale o tal altro misfatto. Soprattutto lo supplicavano ad ogni inizio anno di essere loro accanto con tutta la sua potenza positiva.

Oltre ad oracoli e amuleti c’erano le vere e proprie preghiere: si invocava un dio per guarire da una malattia (anche da un mal di denti, che all’epoca poteva essere esiziale) o per poter fare innamorare di sé la persona di cui ci si era innamorati senza essere ricambiati. Simili preghiere, in Egitto e ovunque nell’Impero, rivolgevano i cristiani ai loro santi, che diventavano sempre più numerosi man mano che il Vangelo si radicava tra le genti. Sono numerosi i testi su papiro, che a volte assumono la forma di lettere personali indirizzate idealmente al santo in questione perché la richiesta d’aiuto risulti in qualche modo più intima.

Nel manuale La Papirologia (di Orsolina Montevecchi, ed. Vita e Pensiero) c’è un’intera parte dedicata ai testi religiosi, soprattutto cristiani, redatti su papiro o pergamena in lingua greca: un materiale abbondante, a sottolineare una grande devozione e soprattutto la ricerca di un rapporto diretto, quasi intimo con la divinità o il santo invocato. Un gran numero di frammenti con scritti di questa natura sono stati ritrovati anche nei recenti scavi sul sito di Tebtynis, dove dal 1988 ad oggi è impegnata la missione congiunta dell’Istituto di Papirologia dell’Università Statale di Milano e dell’Institut Français d’Archéologie Orientale del Cairo. Chi scrive ha partecipato alle prime nove campagne di scavo e ricorda il rinvenimento di diverse invocazioni propiziatorie ad Apollo «divinità grandissima e potentissima». Analoga terminologia sarebbe stata poi indirizzata, anche ai santi della religione cristiana, come riferiscono i rendiconti delle ultime stagioni di scavo che hanno interessato la zona cristiana dell’antico villaggio.

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