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Nasce l’Assemblea delle associazioni cristiane palestinesi

Christophe Lafontaine
3 dicembre 2021
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Nasce l’Assemblea delle associazioni cristiane palestinesi
Un'immagine della tradizione sfilata degli Scout palestinesi davanti alla chiesa della Natività, a Betlemme, per celebrare Natale. (foto Uri Lenz / Flash90)

A Betlemme è stata inaugurata il 26 novembre l’Assemblea nazionale delle associazioni cristiane in Palestina, per incoraggiare i cristiani a rimanere nel Paese e a rispondere insieme alle sfide che hanno di fronte.


«Autoctono e radicato in questa terra»: è il tema della conferenza di fondazione che si è svolta a fine novembre all’Università di Betlemme, nella Cisgiordania occupata. L’evento, secondo quanto riportato dal sito arabo di informazione cristiana abouna.org, intende inaugurare l’«Assemblea nazionale delle associazioni cristiane palestinesi», una rete di oltre una ventina di organizzazioni sociali, culturali, economiche, religiose, accademiche e scoutistiche, attive nelle città di Betlemme, Beit Sahour e Beit Jala, e animate da laici cristiani.

Jamal Hammash, a nome della nuova Assemblea, ha sottolineato «l’importanza di unire la visione e le posizioni delle associazioni arabe cristiane (…) su varie questioni politiche e sociali (…), in modo da servire la presenza araba cristiana e il suo sviluppo e rafforzare il suo ruolo, perché fa parte integrante dell’esistenza storica del popolo arabo palestinese». Ha affermato inoltre che la costituzione di una tale assemblea è «una tappa importante». L’esperienza, ha detto, potrebbe servire come base in altri governatorati palestinesi. «Per affrontare tutti i pericoli di divisione, crisi e caos che minacciano il nostro popolo palestinese», ha aggiunto.

Un raduno di fratelli…

La dichiarazione letta al termine del convegno ha invitato i cristiani delle diverse Chiese ad «amarsi gli uni gli altri» nella propria pluralità, perché «ognuno sostenga il fratello, collabori con lui all’edificazione della società, e incoraggi le Chiese, le parrocchie e le istituzioni cristiane a coordinarsi direttamente tra loro, su vari progetti e attività, con l’obiettivo di integrare i cristiani tra loro ogni volta che sia possibile». L’obiettivo è di «stabilire una comunicazione diretta ed efficace con i dirigenti palestinesi» di diversi settori, partiti o istituzioni professionali e civili, per «creare un’atmosfera di intimità e fiducia tra le persone e costruire una componente politica e sociale basata sull’uguaglianza di tutti i cittadini».

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All’evento hanno partecipato il patriarca latino emerito Michel Sabbah, il sindaco di Betlemme Anton Salman, il vescovo emerito della Chiesa luterana di Giordania e Terra Santa Munib Younan, e Youssef Daher, segretario esecutivo del Centro inter-ecclesiale di Gerusalemme (Jic), un’iniziativa delle Chiese di Gerusalemme nata in collaborazione con il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente e il Consiglio ecumenico delle Chiese.

I vari relatori hanno sottolineato l’importanza che i cristiani di Palestina raccolgano insieme tutte le sfide che il Paese e la Chiesa devono affrontare. E, secondo loro, «la sfida più grande nella nostra esistenza come palestinesi e come cristiani» è resistere «all’occupazione e all’apartheid». Per fare ciò i cristiani palestinesi sono fortemente incoraggiati, riferisce abouna.org, a impegnarsi concretamente nella società, a esercitare una «critica costruttiva» e a fornire «soluzioni pratiche». Invece di emigrare.

…che non è un raduno settario

Il patriarca emerito Michel Sabbah, nel suo discorso di apertura, ha salutato questo raduno di associazioni cristiane in Palestina invitandole «a perseverare, a collaborare e ad unire le loro forze», per il Paese e per la Chiesa. Ha voluto chiarire che la nuova assemblea è «un raduno di fratelli per il bene di tutti i fratelli, e non un raduno settario». Non si tratta, perciò «di un incontro per affrontare qualcuno, o per sostituire qualcuno, ma per aiutare tutti e per dire a tutti: tu sei mio fratello, e io sono tuo fratello».

La dichiarazione finale dell’incontro è molto esplicita: «Siamo tutti un solo popolo, cittadini della stessa patria, musulmani e cristiani. Chiediamo un dialogo costruttivo e fratellanza tra tutti i cittadini. Siamo convinti che noi, cristiani e musulmani, siamo capaci di costruire una società basata sulla fratellanza e sulla cittadinanza, sotto la stessa legge. Invitiamo tutti i cittadini, cristiani e musulmani, a non essere isolati ed egoisti, ma ad aprirsi per costruire insieme la patria che vogliamo, una patria per tutti».

Concretamente, i relatori hanno esortato cristiani e musulmani a lavorare insieme e comunicare, specialmente nelle scuole e nelle università. Allo stesso tempo, non hanno mancato di ricordare la necessità che i giovani si impegnino nella vita pubblica, politica e sociale per «costruire una patria che ha urgente bisogno di tutti i suoi cittadini».

 

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