«Mentre il 2020 è stato un anno davvero difficile, nel 2021 rispetto alla pandemia si sono alternati periodi di alti e bassi. Ora, con il procedere della campagna di vaccinazioni in Cisgiordania, anche le biblioteche pubbliche stanno lentamente tornando alle loro normali attività. La risposta da parte degli utenti è buona: le persone – terminata la prima fase di profonda paura – hanno ripreso a usufruire dei servizi, con prudenza. Certo non può dirsi lo stesso per Gaza, dove la situazione è molto più complicata».
Delinea questo quadro, al telefono da Ramallah, Renad Qubbaj, direttrice dell’Istituto Tamer per l’educazione comunitaria, organizzazione non governativa che opera con una rete di 80 biblioteche pubbliche (o community libraries, ossia «di comunità», come le chiama anche Renad) e 40 biblioteche scolastiche sparse tra diversi centri della Cisgiordania, Gerusalemme Est e Striscia di Gaza.
L’ong lavora in rete con altre realtà e con i bibliotecari sia in termini di formazione – agevolandoli nel condividere conoscenze e idee – sia nell’ottica del miglioramento degli spazi bibliotecari, ad esempio creando angoli dedicati ai più piccoli o aree di svago per le famiglie. L’obiettivo è quello di rendere le strutture più accoglienti, sicure ed inclusive per bambini e giovani, anche affetti da disabilità.
Parallelamente, l’ong palestinese organizza campagne nazionali sulla lettura e, all’interno delle biblioteche, laboratori per bambini, oltre a vari corsi – dalla scrittura creativa al teatro e alla fotografia – con ragazzi fino ai 25 anni d’età.
Le biblioteche pubbliche palestinesi…
A Renad Qubbaj abbiamo chiesto di chiarire innanzitutto che cosa s’intenda per «biblioteca pubblica» nei Territori palestinesi. «Semplificando – spiega –, in questa categoria rientrano due tipologie di biblioteche: quelle municipali e quelle sostenute da ong, associazioni o club di giovani. Le prime vengono finanziate principalmente dalle tasse comunali, donazioni e aiuti da parte del governo. Le seconde operano invece grazie a fondi e materiali donati da organizzazioni caritative locali e organismi della cooperazione internazionale».
Oggi le biblioteche pubbliche, tra la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, sono in tutto circa 280, sparse sul territorio in comuni come Jenin, Gerico, Ramallah, Tulkarem, Rafah… Grandi città come Gerusalemme e Nablus annoveravano la presenza di biblioteche pubbliche anche prima dell’occupazione israeliana del 1967.
… e tutte le altre
Completano il quadro – come ben descritto in uno dei pochi studi disponibili sul tema, pubblicato nel 2012 da Majed J. Khader (*) – le biblioteche accademiche e scolastiche, quelle private (appartenenti a famiglie in vista, musulmane o cristiane) e le cosiddette «speciali». Queste ultime fanno parte di fondazioni, istituti, uffici governativi (come la biblioteca dell’Ufficio centrale di statistica palestinese) o istituzioni religiose (la biblioteca del Collegio biblico di Betlemme e quella della Moschea di Al-Aqsa, a Gerusalemme, costituiscono due importanti esempi).
A proposito di scuole, va ricordato che in Palestina esse si dividono in pubbliche, private e gestite dall’Agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza ai profughi palestinesi (Unrwa). In generale, oggi meno del 40 per cento delle scuole pubbliche è dotato di biblioteca. Un migliore accesso alle risorse bibliotecarie si registra negli istituti privati o che fanno capo all’Unrwa.
Ostacoli e sfide
Tornando alle biblioteche pubbliche, è scontato domandarsi quali siano oggi, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, i problemi principali, oltre a quelli dettati, come ricordato, dall’emergenza sanitaria. Renad li sintetizza così: «Una delle maggiori sfide, specialmente in alcune aree, è costituita dalle continue violazioni praticate dai coloni israeliani e dalle forze militari. Parliamo di bombardamenti e demolizioni degli edifici, di attacchi dei coloni e aggressioni ai bibliotecari e ai bambini e giovani che frequentano le biblioteche. Un altro ostacolo è la restrizione di movimento causata dal protrarsi dell’occupazione, dai posti di blocco e dal muro (di separazione – ndr), che a volte impedisce di raggiungere le biblioteche».
La direttrice del Tamer aggiunge poi le strategie di risposta che il suo istituto (finanziato per la maggior parte da realtà internazionali quali Unicef, Save the Children, Diakonia, oltre all’Unione europea) mette in atto: «Cerchiamo di incoraggiare la creazione di biblioteche ovunque sia possibile: nelle scuole, presso organizzazioni della società civile, o addirittura nelle case delle persone, per renderle più accessibili. Facciamo anche in modo di rivalutare periodicamente i bisogni di queste biblioteche, fornendo il supporto necessario per portare avanti il lavoro con la comunità in cui sono inserite».
Le campagne per la lettura
In uno scenario dunque piuttosto complesso, spiccano alcune iniziative interessanti che negli ultimi anni hanno ottenuto una crescente partecipazione.
Le biblioteche pubbliche, insieme a un’ampia rete di scuole e realtà della società civile, ogni anno partecipano, ad esempio, alle campagne nazionali di lettura promosse dal Tamer Institute con il patrocinio del ministero dell’Istruzione: la Settimana nazionale della lettura e le iniziative Papà, leggi per me e Ho donato un libro.
La Settimana nazionale della lettura, che si tiene in genere la prima settimana di aprile, in coincidenza con la Giornata internazionale del libro per bambini (che dal 1967 ricorre il 2 aprile) prevede svariate attività e laboratori di lettura e scrittura, teatro, recensioni di libri.
«Proprio in questi giorni, entro fine dicembre – continua Renad – decideremo il tema della prossima settimana della lettura, che rappresenta il momento centrale della Campagna nazionale condotta insieme alle scuole dell’Unrwa e al ministero dell’Istruzione».
La Campagna, che nel 2021 ha visto la partecipazione di oltre 32 mila bambini, mira a incoraggiare la lettura nel tempo libero per ampliare la conoscenza e migliorare il pensiero critico dei bambini, arricchendone l’immaginazione e la sensibilità multiculturale. «Attraverso questa campagna», puntualizza Renad, «miriamo a compensare parzialmente i “vuoti” nell’istruzione dovuti all’occupazione».
Nel 2021 lo slogan scelto era: «Non troveremo mai il sole in una stanza chiusa», una citazione da un libro per bambini dello scrittore palestinese Ghassan Kanafani, La piccola lanterna. «Voleva essere un invito al mettersi in moto, a livello personale, familiare e comunitario, per cercare di rompere l’isolamento creato dalle difficili circostanze che i palestinesi vivono da molto tempo», conclude Renad.
L’iniziativa Papà, leggi per me si propone di offrire a padri e figli momenti per riflettere insieme sui propri legami, consolidandoli o ricucendoli. Si concentra su temi molto sentiti: la causa dei prigionieri politici, la costruzione della speranza dopo le crisi, i giochi tradizionali palestinesi come strumenti per rinsaldare le relazioni sociali.
La campagna Ho donato un libro, infine, è nata su base volontaria da giovani che abitano in diversi centri dei Territori. Raccolgono i libri che le persone vogliono donare, li selezionano e ridistribuiscono a biblioteche e scuole delle comunità più emarginate.
Il sostegno dall’estero
Tra il 2020 e il 2021, un’ampia selezione di libri per bambini è arrivata in diverse biblioteche di Cisgiordania e Gaza anche grazie a un’iniziativa internazionale condotta da Bibliotecari e archivisti con la Palestina (Librarians and Archivists with Palestine). Questa rete conta bibliotecari e archivisti – tutti volontari – in diversi Paesi del mondo (tra cui l’Italia), oltre a un comitato palestinese composto da operatori di biblioteche pubbliche, accademiche, musei e ong. La campagna, intitolata in arabo Matloub (Cercasi) offre sul proprio sito Internet una «lista dei desideri» delle biblioteche palestinesi partecipanti, con indicati, per ciascun titolo, il costo del volume e delle spese di spedizione. I libri vengono poi consegnati alle biblioteche con l’aiuto del Tamer Institute.
Un’iniziativa parallela, che coinvolge diversi Paesi europei e non, ha per titolo Un libro, molte comunità (One Book, Many Communities). Ogni anno propone un libro della letteratura palestinese a gruppi di lettura che si ritrovano presso biblioteche, ma non solo. I partecipanti al gruppo avviano, così, approfondimenti e incontri su vari temi connessi al mondo palestinese.
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(*) Majed J. Khader, «Challenges and Obstacles in Palestinian Libraries», 2012, in Libraries in the Early 21st Century: An International Perspective. Volume 2, ed. Ravindra N. Sharma (Berlin: De Gruyter Saur, 2012), 17.