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Iran, la felinità eversiva della «Città dei gatti»

Elisa Pinna
4 dicembre 2021
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Le disavventure di un regista iraniano che ha realizzato un film anti-trumpiano rivolto a un pubblico giovanissimo. Gli interpreti della sua storia felina ballano e cantano troppo per i puristi sciiti. E il film viene bloccato.


Doveva essere l’ex presidente statunitense Donald Trump, nei panni di un micione crudele e arrogante, a rappresentare il bersaglio della satira di un film iraniano destinato a un pubblico di bambini e adolescenti e approdato nelle sale cinematografiche della Repubblica islamica una decina di giorni fa. Le cose sono andate diversamente e La città dei gatti, un musical per il grande schermo, prodotto e diretto dal regista Seyed Javad Hascemi ha finito, invece, per far infuriare gli ayatollah più potenti e gli ultraconservatori iraniani, offesi per l’atteggiamento disinvolto degli attori e delle attrici, travestiti da felini, rispetto a un caposaldo del dettato khomeinista, ovvero il divieto – specie per le donne – di danzare e cantare in pubblico.

Il film, rimasto nelle sale solo per cinque giorni, rischia ora di essere sospeso per sempre, pur avendo ottenuto a suo tempo l’approvazione del ministero della Cultura e della Guida islamica. Di imperdonabile, secondo gli accusatori, vi è il fatto che i gatti umanizzati siano tutti ballerini e canterini tanto che proprio le loro passioni musicali sono sfruttate dal bieco micio Trump per cercare di attirarli in una trappola.

A prendere in contropiede, nonostante le sue intenzioni anti-trumpiane e patriottiche, lo sfortunato regista Hascemi sarebbe stato uno scarto nei tempi dovuto alla pandemia di Covid-19 che ha imperversato con particolare durezza in Iran. Secondo una ricostruzione fatta dal sito semiufficiale iraniano Fararu, La città dei gatti era già pronto nel 2019 e sarebbe dovuto uscire in concomitanza con l’ultima fase della presidenza Trump. Una tempistica perfetta da un punto di vista mediatico.

Il regista era talmente sicuro del successo della sua opera che aveva già messo in piedi il set per il sequel. La pandemia ha bloccato tutto per due anni, finché Hascemi, afflitto anche dai debiti, non ha deciso di mandare il film in sala lo scorso novembre. Nei cinque giorni di proiezioni, il musical ha incassato 2 miliardi di rial (all’incirca 45 mila euro, una cifra non esaltante per il mercato iraniano, ma di tutto rispetto se si considera lo scarso affollamento dei cinema).

Probabilmente, se non ci fosse stato il Covid e il film fosse uscito regolarmente nel 2019, anno in cui era ancora presidente in Iran il moderato Rouhani, Hascemi avrebbe ricevuto le sue soddisfazioni dai botteghini e non sarebbe stato contestato su un’opera che metteva nel mirino un nemico che ogni giorno induriva le sanzioni e la pressione per strangolare l’Iran.

Tanto più che – come ha affermato lo stesso regista – i film per l’infanzia sono ormai da due decenni accompagnati da balletti e canzoncine, senza che nessuno si sia mai sognato di mettere paletti. Viceversa l’incubo-Trump si è diluito nel tempo e a sentirsi presi in giro e insultati dalla «dissolutezza» (uno dei rimproveri mossi al musical) dei gatti e delle gatte di Hascemi sono stati gli attuali dirigenti iraniani.

Contro la fiction per bambini, l’agenzia filo-governativa Fars ha presentato immediatamente una petizione, firmata da 21 mila persone, perché il film fosse bloccato nei cinema. Cosa avvenuta nel giro di poche ore. La vicenda è però ancora aperta perché Hascemi ha promesso di tagliare le sequenze giudicate più offensive per la sensibilità dei religiosi sciiti e di accettare parte delle indicazioni dei suoi critici.

Se il film non dovesse ritornare in sala, per lui sarebbe una catastrofe finanziaria visti gli alti investimenti effettuati. Al momento, del film rimangono solo i trailer. Mostrano gatti pieni di gioia di vivere e di combattere contro le trame dei potenti cattivi. Felini galanti con le loro compagne, micie ardimentose (attrici che indossano cuffie di pelliccia con orecchie dritte) e concerti rock davanti a folle di gatti in estasi. Probabilmente una felinità troppo eversiva e troppo pericolosa per un regime a trazione ultraconservatrice.

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