Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Sheikh Jarrah, i palestinesi respingono la proposta israeliana

Christophe Lafontaine
4 novembre 2021
email whatsapp whatsapp facebook twitter versione stampabile
Sheikh Jarrah, i palestinesi respingono la proposta israeliana
2 novembre 2021: l’attivista palestinese Mona el-Kurd (al centro) e alcuni residenti di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est comunicano di avere respinto l’offerta della Corte suprema ai residenti del quartiere. (foto Olivier Fitoussi / Flash90)

Le famiglie di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est, minacciate di sfratto a favore dei coloni israeliani, hanno rifiutato un compromesso della Corte Suprema di Israele. La disputa aveva scatenato in maggio il conflitto tra Israele e Hamas.


Rifiutano di scendere a patti le famiglie palestinesi del quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme Est e sfidano il rischio reale di rimanere senza un tetto, rigettando una possibilità dischiusa da un pronunciamento della Corte suprema israeliana. «Rimaniamo fermi nel nostro rifiuto di scendere a compromessi sui nostri diritti, nonostante l’assenza di garanzie istituzionali che proteggano la nostra presenza come palestinesi nella Gerusalemme occupata». Questo è ciò che l’attivista palestinese 23 enne Muna el-Kurd ha dichiarato in una conferenza stampa il 2 novembre.

Con lo slogan No fear («Nessuna paura») sulla sua giacca nera, ha parlato nella strada principale del quartiere di Sheikh Jarrah, dove la sua famiglia è minacciata di sfratto. Insieme al fratello gemello, Mohammed, Muna ha guidato la lotta dei palestinesi contro il forzato allontamento da casa. Mohammed ha ritrasmesso sul suo account Twitter una dichiarazione firmata dalle famiglie del quartiere palestinese che riprende in parte la dichiarazione della sorella.

Per la cronaca, il gruppo di coloni ebrei israeliani Nahalat Shimon sta cercando di sfrattare i residenti palestinesi di questo quartiere, che vivono su un terreno che apparteneva a due fondi fiduciari ebraici (trust) prima dell’indipendenza dello Stato di Israele. I trust furono sfrattati nel 1948 dai giordani che negli anni Cinquanta costruirono case per i profughi palestinesi.

>> Leggi anche: Margalit: Dividere Gerusalemme ora, per unirla poi

Dopo la conquista di Gerusalemme Est da parte di Israele nella Guerra dei Sei Giorni nel 1967, una legge israeliana del 1970 consentì ai proprietari terrieri di reclamare alcune proprietà nella parte orientale della città che erano state acquisite dalla Giordania. I terreni sono stati restituiti ai trust ebraici, che li hanno poi venduti a vari gruppi di coloni, come Nahalat Shimon, che si appoggiano alla legge del 1970 per chiedere lo sgombero dei palestinesi da diversi quartieri di Gerusalemme Est. Le espulsioni previste a Sheikh Jarrah sono state un fattore del conflitto durato undici giorni e scoppiato in maggio tra Israele e Hamas al governo a Gaza.

Un compromesso visto come «illusione»

Dopo una prima soluzione presentata quest’estate per trovare un terreno di intesa, ma che non ha portato a nulla, la Suprema corte israeliana è tornata una seconda volta sulla questione, proponendo il 4 ottobre un altro compromesso a quattro famiglie palestinesi colpite dalla minaccia, molto concreta, di espulsione. Le due parti, Nahalat Shimon e gli abitanti di Sheikh Jarrah, dovevano esprimere la loro opinione entro il 2 novembre ed eventualmente proporre i loro emendamenti.

Le famiglie palestinesi al centro della questione hanno quindi respinto l’ultimo compromesso. Tale decisione è il risultato della «nostra fede nella giustizia della nostra causa e del nostro diritto alle nostre case e alla nostra patria», hanno affermato le famiglie nel loro comunicato. «La giustizia israeliana elude il suo obbligo di prendere una decisione definitiva e ci fa scegliere tra l’espropriazione e la sottomissione a un accordo ingiusto», afferma la nota. La giustizia israeliana è accusata di aver così creato «l’illusione del pallone nel nostro campo», affermano i firmatari.

Il quotidiano Times of Israel ha riferito che «i documenti disponibili al pubblico indicano che anche il gruppo [Nahalat Shimon] ha presentato una risposta alla corte, sebbene i suoi contenuti non siano stati pubblicati».

Verso una decisione vincolante?

Non c’è stata ancora alcuna reazione della Corte Suprema, ma i giudici hanno avvertito che, se la loro proposta fosse stata respinta, avrebbero emesso una decisione vincolante.

Il compromesso della Corte Suprema di Israele avrebbe reso le famiglie palestinesi «inquilini protetti». Ma Nahalat Shimon sarebbe stato provvisoriamente riconosciuto come proprietario del terreno su cui erano state costruite le case. Quindi, i palestinesi avrebbero pagato un affitto annuale a Nahalat Shimon e avrebbero anche dovuto sostenere parte delle spese legali di Nahalat Shimon per questo caso.

>> Leggi anche: Gerusalemme Est, un progetto immobiliare dei greco-ortodossi

L’organizzazione dei coloni, da parte sua, non avrebbe potuto intraprendere azioni legali per espellere i residenti palestinesi per almeno 15 anni, o fino a quando la battaglia legale non fosse stata risolta. Se accettassero il compromesso, le famiglie hanno sottolineato che «[il loro] esproprio sarebbe sempre imminente e [le loro] case sarebbero sempre considerate di qualcun altro».

Altre ventiquattro famiglie di Sheikh Jarrah stanno affrontando la stessa minaccia di sfratto e, secondo quanto riferisce l’ong israeliana PeaceNow, 86 famiglie del quartiere di Silwan (quasi 700 persone), potrebbero subire la stessa sorte.

Spiritualità della bellezza
Anna Peiretti

Spiritualità della bellezza

Viaggio nella divina arte delle icone
Risvegliare la speranza e aprire al futuro
Mara Borsi, Giordana Cavicchi

Risvegliare la speranza e aprire al futuro

Elementi di pedagogia e didattica della religione cattolica
Il Cantico delle creature
Francesco D'Assisi

Il Cantico delle creature