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Ritorno al passato, lo Yemen si spacca

Laura Silvia Battaglia
31 ottobre 2021
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Sembra ormai inevitabile. L'esito della guerra che infuria in Yemen da ormai sei anni sarà a una spaccatura - di fatto o di diritto - del Paese in due parti: Nord e Sud, come nel secolo scorso.


Il conflitto in Yemen, alla fine del suo sesto anno di durata, mostra, nel rutilare degli eventi, una certezza sul futuro: il ritorno della suddivisione tra Nord e Sud (come prima del 1990 – ndr), dove ogni tendenza separatista avrà – sul lungo periodo – la meglio. È notizia appena diffusa che Aidarous al-Zubaidi, leader del Consiglio di transizione meridionale (Ctm, o Stc secondo l’acronimo inglese) sostenuto dagli Emirati Arabi Uniti, ha chiesto il ritiro delle forze governative yemenite (governo legittimo centrale di Abd Rabbuh Mansour Hadi) nel Sud dello Yemen, come precondizione per riavviare un accordo di unità sostenuto dai sauditi, tra il governo e i secessionisti.

Aidarous al-Zubaidi ha chiesto alle forze alleate del governo yemenita di lasciare i governatorati meridionali e orientali di Abyan e Shabwa, come condizione per tornare all’accordo di Riyadh e l’ha fatto durante un incontro con un certo numero di ambasciatori dell’Unione Europea che sono arrivati ad Aden, la capitale provvisoria dello Yemen, a fine ottobre. L’accordo di Riyadh, firmato nel novembre 2019 e da cui il Ctm si era ritirato nel gennaio 2020, è stato inizialmente accolto come una prevenzione della disgregazione dello Yemen e salutato come un possibile trampolino di lancio verso la fine del conflitto ma de facto è diventato lo strumento per una più veloce disgregazione del Sud, ormai ingovernabile.

L’accordo era stato suddiviso in tre componenti principali della spartizione del potere: politico, militare e di sicurezza. Dal punto di vista politico, l’accordo prevedeva un nuovo governo composto da un massimo di 24 ministri, con posizioni di gabinetto distribuite equamente tra il governo Hadi e il Consiglio di transizione meridionale. Il primo ministro dello Yemen avrebbe dovuto nominare un governatore e un direttore della sicurezza per la città di Aden – divenuta capitale temporanea dello Yemen dopo che Sana’a è stata conquistata dai ribelli Houthi – così come per le province meridionali di Abyan e Dhale. Uno dei punti più rilevanti dell’accordo è la condizione che tutte le entrate statali devono essere depositate presso la banca centrale di Aden. Dal punto di vista securitario, le forze del Consiglio di transizione meridionale dovevano essere fuse nei ministeri degli Interni e della Difesa del governo Hadi, con una riorganizzazione delle forze di sicurezza e antiterrorismo ad Aden. Mentre, per gli aspetti militari, il personale militare e di sicurezza di stanza ad Aden doveva essere redistribuito in diverse aree sotto la supervisione della Coalizione guidata dai sauditi, senza operare alcun avanzamento ulteriore sui territori, punto che è stato disatteso.

Mentre nel Sud questo governo a due teste naufraga con evidenza, al Nord si consuma l’Armageddon finale. I combattimenti nel Marib, a Sud di Sana’a, infuriano dal mese di febbraio, tra avanzate consistenti via terra delle truppe Houthi e bombardamenti sauditi: le stime ufficiali diffuse dalla Coalizione della Lega araba dichiarano 22 attacchi aerei a Sud e ad Ovest della città nell’ultima settimana di ottobre con un totale di 2mila miliziani Houthi uccisi dall’11 ottobre in poi, a una media di un centinaio al giorno. Gli Houthi non hanno mai commentato le loro perdite sul campo ma Mohammed Nasser Al-Atefi, ministro della Difesa nel governo non riconosciuto degli Houthi a Sana’a, ha dichiarato al quotidiano libanese Al-Akhbar che la presa della città di Marib nell’assedio è «solo questione di tempo». Nel frattempo la percentuale degli sfollati dalle aeree assediate cresce (le stime si attestano a 55mila persone dall’inizio dell’anno solo in quest’area) e aumentano le testimonianze di civili intrappolati tra l’artiglieria degli Houthi e i bombardamenti sauditi, con una difficoltà di geo-localizzazione e di diffusione delle informazioni dovuta anche al taglio della corrente e delle linee internet nelle aree occupate dagli Houthi.

In questo conflitto, la mediazione omanita che aveva permesso la scorsa primavera notevoli avvicinamenti tra gli Houthi e il governo Hadi sembrava potere essere efficace, ma non c’è ormai dubbio che la soluzione intrapresa dagli yemeniti è la guerra totale, lì dove il governo legittimato all’estero non ha alcuna voce in capitolo tra i separatisti del Nord e quelli del Sud. Se il Marib cadrà nelle mani degli Houthi, la soluzione a due Stati sarà inevitabile.

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