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Il maiale impossibile

Giorgio Bernardelli
4 ottobre 2021
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In base a che cosa un cibo è considerato «impuro» e dunque non può essere mangiato dagli ebrei religiosi osservanti? Sul tema, sempre attuale, si riaccende il dibattito negli Usa, dopo il lancio di una finta carne di maiale.


Basta la «correttezza degli ingredienti» a rendere un cibo conforme alle regole della kasherut (le norme alimentari tipiche dell’ebraismo – ndr)? Oppure conta anche il significato che riveste agli occhi delle persone?

Uno degli aspetti esteriori che da sempre colpiscono di più chi guarda dall’esterno il mondo ebraico è la questione delle regole alimentari: in base a che cosa un cibo è considerato come «impuro» e dunque non può essere mangiato dai religiosi osservanti? Chi conosce almeno un po’ da vicino la vita quotidiana degli ebrei sa bene che il tema della kasherut non si riduce al divieto di mangiare carne di maiale. E – soprattutto – ha capito che alla radice delle prescrizioni alimentari dell’ebraismo non c’è una lista di imposizioni un po’ bizzarre, ma un modo preciso di guardare al rapporto tra l’uomo e il creato che comporta delle implicazioni anche su ciò che mettiamo nel piatto.

Proprio per questo motivo anche stabilire che cosa sia kasher non è sempre così scontato. A rivelarlo – per esempio – è la storia dell’Impossible Pork, dibattuta in questi giorni sui media che si occupano di questioni ebraiche. All’origine della storia c’è la nuova sfida lanciata da Impossible Food, una società californiana che produce sostituti vegetali per la carne e i prodotti caseari, studiandone le caratteristiche molecolari con l’intenzione di replicarne in maniera il più possibile simile anche il sapore. Negli ultimi anni la diffusione dell’alimentazione vegana e delle obiezioni ambientaliste agli allevamenti intensivi ha fatto crescere enormemente in tante parti del mondo il mercato della carne-che-non-è-carne. Ma è un tema che ha anche un versante religioso: l’Impossible Burger, un hamburger vegetale, è diventato già da anni negli Stati Uniti la “scorciatoia” attraverso cui anche i ristoranti kasher possono offrire ai propri clienti un Cheesburger, l’hamburger col formaggio, aggirando così la regola ferrea che vieta di servire insieme la carne con i latticini. Una norma, questa, fondata sulla miztvah (il precetto) che recita: «Non cucinerai il capretto nel latte della madre».

Impossible Food, però, ora ha provato a spingersi ancora più in là, lanciando sul mercato un prodotto che mette nel mirino il cibo impuro per eccellenza per ebrei e musulmani: la carne di maiale, appunto. E questa volta l’Orthodox Union – uno degli enti ebraici più importanti per la certificazione della conformità degli alimenti alle regole della kasherut – ha rifiutato di riconoscere l’Impossible Pork come un cibo conforme alle norme dall’ebraismo. Il dato interessante è che, nel motivare la sua scelta, l’Orthodox Union non ha messo in discussione il “contenuto” dell’alimento: tutti gli ingredienti, hanno spiegato i responsabili dell’ente religioso, «in sé» sono kasher. Ma il problema è un altro: il significato assunto da un prodotto che nella sua stessa denominazione fa riferimento al maiale. Che senso ha – è l’obiezione – osservare una norma fingendo di contraddirla? Il riferimento è al cosiddetto marit ayin, «l’apparenza dell’occhio», un concetto dell’etica ebraica che vieta le azioni che sembrano violare la legge ebraica, anche se tecnicamente non lo fanno.

Impossible Food andrà avanti a commercializzare comunque l’Impossible Pork, che non si rivolge evidentemente solo agli ebrei. Starà dunque al singolo ebreo osservante decidere come regolarsi a casa sua, anche se la mancanza della certificazione dell’Orthodox Union di fatto chiude le porte a questo prodotto in tutti i ristoranti kasher. Ma la domanda posta da questa vicenda è probabilmente ben più ampia e radicale: qual è il senso ultimo di un precetto tramandato dalla propria tradizione? Un tema – in fondo – oggi quanto mai attuale per qualsiasi religione.

Clicca qui per leggere l’articolo di The Times of Israel sull’Impossible Pork

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