Domenica prossima, 10 ottobre, nella basilica di San Pietro, papa Francesco aprirà ufficialmente l’itinerario di preparazione al Sinodo dei vescovi in programma nel 2023 sul tema: Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione.
Tutte le diocesi del mondo sono invitate a sintonizzarsi con questo percorso dando vita a una fase diocesana da qui all’aprile 2022, per poi passare a una fase continentale (fino al marzo 2023) e infine universale, con la riunione sinodale in calendario nell’ottobre dello stesso anno in Vaticano.
I cattolici di molte lingue ed etnie che vivono nella penisola arabica, accolgono lo stimolo del Papa avviando già dal 15 ottobre il loro cammino sinodale. Lo stabilisce una lettera pastorale pubblicata il 15 agosto scorso da mons. Paul Hinder. Il 79enne presule – frate cappuccino di origini svizzere – è responsabile del vicariato apostolico dell’Arabia meridionale (che include i territori degli Emirati Arabi Uniti, dell’Oman e dello Yemen). Dal 13 maggio 2020 è anche amministratore del vicariato apostolico dell’Arabia settentrionale (Bahrain, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita), dopo la morte di mons. Camillo Ballin (75) avvenuta il 12 aprile 2020 a Roma.
Hinder ha deciso di porre le comunità a lui affidate in stato di sinodo, nonostante la fase di transizione che stanno vivendo. Il vescovo stesso ne è consapevole: la nomina di due nuovi vicari apostolici, chiamati a succedere a lui e a Ballin, non può essere lontana.
In queste terre musulmane il popolo cattolico è costituito da lavoratori stranieri asiatici e mediorientali, giunti qui in cerca di maggior fortuna. Parliamo, secondo le statistiche, di oltre 2 milioni di persone, in gran parte giovani. Vivono e lavorano in condizioni ambientali e professionali spesso precarie e avverse: pensiamo solo alle frequenti notizie di maltrattamenti subiti da chi presta servizio come collaboratore domestico, o ai 6.500 lavoratori morti nell’arco di un decennio nei cantieri per la costruzione di stadi e infrastrutture per i mondiali di calcio del 2022 in Qatar (stima che il quotidiano britannico The Guardian ha pubblicato nel febbraio 2021 e che, sostanzialmente, non è stata smentita).
«La nostra testimonianza è unica e importante»
Nelle chiese i migranti trovano spazi di aggregazione e preghiera, ma la loro presenza resta transitoria: non appena possono, cambiano destinazione o rientrano in patria (come molti hanno dovuto fare con l’arrivo della pandemia di Covid-19). Le comunità parrocchiali e l’associazionismo cattolico in questi Paesi hanno perciò un volto mutevole. Tuttavia, sottolinea il vescovo Hinder l’apporto di questa Chiesa al futuro Sinodo dei vescovi può essere significativo: «Come Chiesa di migranti inserita in una società musulmana e composta da fedeli di differenti nazionalità e tradizioni, la nostra testimonianza è unica e importante».
«Noi – rimarca la lettera pastorale di mons. Hinder – siamo una Chiesa locale che mostra in modo particolare il proprio carattere di comunità in condizione di pellegrinaggio e di cattolicità. Pellegrinaggio perché non siamo cittadini delle terre in cui abitiamo e non abbiamo alcuna garanzia di potervi soggiornare in modo permanente; cattolicità perché la maggior parte delle nostre parrocchie comprende fedeli di molti gruppi linguistici e tradizioni, proprio come gli Atti degli Apostoli descrivono la varietà di genti dopo la prima Pentecoste».
«Ogni fedele prenda parte al discernimento»
Per questo il vicario apostolico esorta ogni fedele a dare il suo contributo di riflessione si concluderà entro il 2021: «Ogni cattolico è invitato a prender parte al discernimento di quanto “lo Spirito dice alle chiese” (Apocalisse 2,7) nel contesto del mondo moderno e delle sue sfide. Partecipare al processo sinodale è un mezzo di collaborazione e dialogo sui nuovi modi di essere della Chiesa e della sua missione evangelizzatrice nel mondo».
All’inizio del 2022, la fase di consultazione dei fedeli cederà il passo al lavoro di sintesi che spetta all’episcopato a livello regionale e che verrà svolto dalla Conferenza episcopale dei vescovi di rito latino del Medio Oriente (Celra) che riunisce i presuli di Cipro, Egitto, Gibuti, Giordania, Iraq, Libano, Palestina, Israele, Palestina, Siria, Somalia e penisola arabica. (g.s.)
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