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«È terrorismo!», Israele azzoppa sei ong palestinesi

Terrasanta.net
27 ottobre 2021
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«È  terrorismo!», Israele azzoppa sei ong palestinesi
Il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz (a destra) con il capo di stato maggiore Aviv Kochavi alla Knesset il 19 ottobre 2021. (foto Yonatan Sindel/Flash90)

Dal 19 ottobre il ministero della Difesa israeliano, guidato da Benny Gantz, classifica come terroriste sei organizzazioni non governative palestinesi che operano per la difesa dei diritti umani. Critiche e perplessità per la decisione.


(g.s.) – Martedì 19 ottobre il ministero della Difesa israeliano ha reso nota la decisione di classificare come terroriste sei ong palestinesi che operano in campo umanitario. Nei giorni seguenti la determinazione ha suscitato un vespaio di proteste da parte degli interessati e frizioni dentro la composita compagine dei partiti di governo in Israele.

I sei organismi messi alle corde dalla decisione del ministro Benny Gantz sono: Addameer; Al Haq; il Centro Bisan per la ricerca e lo sviluppo; la sezione palestinese del Comitato internazionale per la difesa dei bambini; l’Unione dei comitati per il lavoro agricolo; l’Unione dei comitati delle donne palestinesi.

I campi d’azione

Diamo un’occhiata agli specifici campi d’azione dichiarati dalle ong stesse: Addameer («Coscienza» in arabo) è stata fondata nel 1991 per offrire sostegno e assistenza legale ai prigionieri politici detenuti nelle carceri israeliane e palestinesi; Al Haq, attiva a Ramallah dal 1979, nasce da un gruppo di avvocati che si interrogavano su come meglio tutelare i diritti delle persone nei Territori palestinesi sotto occupazione; il Centro Bisan per la ricerca e lo sviluppo opera dal 1989 per una società democratica e progressista; la sezione palestinese di Defense for Children International si adopera per difendere i diritti dei minori in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza (in trent’anni ha investigato, documentato e denunciato gravi violazioni subite dai più piccoli e richiamato le istituzioni israeliane e palestinesi alle loro responsabilità); l’Unione dei comitati per il lavoro agricolo, creata nel 1986, è tra le maggiori istituzioni palestinesi per lo sviluppo agricolo; infine, l’Unione dei comitati delle donne palestinesi contrasta dal 1980 le forme di discriminazione cercando di far maturare una società civile palestinese democratica e aperta.

Le fonti di intelligence che hanno portato il ministero della Difesa israeliano a classificarle come organizzazioni terroristiche reputano che siano, in realtà, emanazioni del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, movimento di stampo marxista leninista già considerato terrorista dagli israeliani, così come dal governo statunitense e dall’Unione europea.

Divergenze nel governo israeliano

Sui media locali sono rimbalzate ben presto reazioni politiche opposte. Condivide la decisione del collega Gantz la ministra dell’Interno Ayelet Shaked, cofondatrice del movimento di destra Yamina, di cui è leader il primo ministro Naftali Bennett. Per Shaked, il ministro della Difesa ha deliberato sulla base di informazioni solide. «Per molti anni – ha chiosato la ministra – queste organizzazioni si sono proposte come gruppi per i diritti umani. Molti paesi hanno contribuito [finanziariamente alle loro attività] ed è bene che si metta la parola fine a tutto ciò».

Di tutt’altro avviso sono gli esponenti del partito di sinistra Meretz, anch’essi nel governo. Il ministro della Salute Nitzan Horowitz, in particolare, ha chiesto che siano fornite chiare prove del coinvolgimento delle organizzazioni citate in attività terroristiche, ritenendo che «ci siano implicazioni per i diritti umani e la democrazia» e che la scelta di Gantz danneggi Israele sul piano internazionale. Gli ha fatto eco la ministra dei Trasporti Merav Michaeli (laburista) secondo la quale il modo in cui si è gestita la questione può causare «grandi danni tra i nostri maggiori e più importanti amici». Difendono Gantz gli esponenti del suo partito Blu e Bianco, che invitano la ministra a non occuparsi di cose che non conosce e non immischiarsi nella lotta al terrorismo… Il ministro degli Esteri Yair Lapid dice che la scelta di non rendere pubbliche le consistenti prove di colpevolezza delle ong è stata presa in accordo con il suo dicastero.

«Un attacco sinistro e senza precedenti»

In difesa delle sei organizzazioni palestinesi raggiunte dal provvedimento israeliano è stato diffuso il 22 ottobre un comunicato firmato dalla Rete delle organizzazioni non governative palestinesi (PngoNet) e dal Consiglio palestinese delle organizzazioni per i diritti umani. Il testo respinge la decisione di Gantz come un «attacco sinistro, generalizzato e senza precedenti» che mette fuorilegge le loro attività e le espone a possibili rappresaglie. Per il coordinamento delle ong palestinesi è chiaro il vero obiettivo delle autorità israeliane: mettere a tacere – ricorrendo a norme antiterrorismo «vaghe e senza fondamento» – le azioni di documentazione e monitoraggio delle violazioni dei diritti umani e dei crimini di guerra commessi da Israele.

Dopo aver definito grave la situazione, la dichiarazione chiede al governo israeliano di revocare la sua decisione e ai ministeri della Difesa e della Giustizia dello Stato ebraico di cessare il ricorso a pratiche illegali e intimidatorie di attacco e repressione delle organizzazioni palestinesi. Agli interlocutori internazionali viene invece chiesto di: non riconoscere e respingere la recente designazione quale «atto illegittimo di apartheid»; respingere l’applicazione del diritto interno di Israele nei Territori palestinesi sotto occupazione; riaffermare il sostegno alle organizzazioni della società civile palestinese.

Una solidarietà che il 25 ottobre è stata espressa, in forma comune, da decine di organizzazioni umanitarie israeliane (le stesse – considerate di sinistra e disfattiste – alle quali governo, militari e parlamento israeliano mettono i bastoni tra le ruote quando possono). La loro dichiarazione pubblica definisce la decisione di considerare terroriste le sei organizzazioni palestinesi «una misura draconiana che criminalizza il lavoro per i diritti umani». «Criminalizzare questo lavoro – osservano – è un atto di codardia, tipico di regimi autoritari e repressivi. La società civile e i difensori dei diritti umani devono essere protetti».

Dirottamento di fondi esteri?

Secondo i giornalisti della testata elettronica +972Mag, la decisione del ministero della Difesa israeliano si basa su informazioni raccolte dallo Shin Bet, il servizio segreto per la sicurezza interna, non rese pubbliche, ma che sostanzialmente affermano che i fondi inviati dall’estero per sostenere l’attività degli organismi umanitari palestinesi sarebbero stati girati al Fronte popolare per la liberazione della Palestina che li userebbe per scopi militari.

«Di prove che contraddicono la lettura dello Shin Bet – scrive +972Mag – ce ne sono a palate. Negli ultimi cinque anni, dietro pressione del governo israeliano e di ong filo-israeliane, molti governi europei e fondazioni private che finanziano la società civile palestinese hanno condotto ampie verifiche su ognuna delle sei organizzazioni. Nessuno ha trovato prove di illeciti».

Il 25 ottobre la rappresentanza diplomatica dell’Unione europea in Palestina ha comunicato via Twitter di prendere molto seriamente gli addebiti mossi dal governo israeliano, al quale ha chiesto chiarimenti. Nel corso di un incontro con i rappresentanti delle sei organizzazioni ora considerate terroriste, i funzionari europei hanno comunque ribadito che in passato non hanno trovato conferma le accuse mosse ad alcune entità della società civile palestinese di uso improprio di fondi dell’Unione europea.

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