(c.l./g.s.) – «È un grande choc per noi». Bernard Thibaud, che per conto di Secours Catholique – Caritas France gestisce la Casa di Abramo a Gerusalemme Est, si esprime così sulla decisione israeliana di proibire un evento culturale organizzato presso l’istituzione cattolica, situata nel quartiere di Ras El-Amud a Gerusalemme Est, sulle pendici del Monte degli Ulivi. La manifestazione, articolata su tre giorni, mirava unicamente al relax e alla gioia dei bambini e delle famiglie dei vicini quartieri di Ras el-Amud e Silwan, afferma il nuovo direttore della Maison d’Abraham.
Il festival che si sarebbe dovuto svolgere dal 26 al 28 ottobre è stato vietato con un’ordinanza firmata il 26 ottobre dal ministro israeliano della Pubblica sicurezza, il laburista Omer Bar-Lev. Agli organizzatori si addebita di aver goduto di finanziamenti erogati dall’Autorità Palestinese. Gli israeliani si appellano a una normativa derivante dagli accordi di Oslo (dei primi anni Novanta) che vieta a Gerusalemme qualunque attività dell’Autorità palestinese che possa configurarsi come propaganda politica.
Secondo il quotidiano Haaretz, che per primo ha riferito la notizia, l’ordinanza ministeriale «sembra porre Bar-Lev in continuità con i predecessori Amir Ohana e Gilad Erdan, che, con la stessa motivazione, hanno impedito quasi tutti gli eventi culturali palestinesi programmati a Gerusalemme».
Se è vero che il festival culturale ospitato presso la Maison d’Abraham è stato organizzato in collaborazione con tre enti culturali palestinesi (ovvero il Teatro nazionale palestinese El Hakawati, il Conservatorio nazionale palestinese Edward Said e Qafilah – Palcoscenico in movimento, un camion adibito a teatro per spettacoli in piazza), tuttavia Bernard Thibaud ricorda che l’evento stesso non ha alcun legame diretto con l’Autorità Palestinese e neppure carattere politico. A finanziarlo è il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp), attraverso sponsorizzazioni austriache e finlandesi, in collaborazione con il Silwan Club, un’associazione di quartiere, e la stessa Maison d’Abraham. Gli spettacoli del mattino erano rivolti ai bambini dai 9 agli 11 anni che frequentano le scuole circostanti; quelli della sera per le famiglie del quartiere.
Il direttore della Maison d’Abraham era stato avvertito informalmente della decisione del ministro Bar-Lev il giorno prima delle rappresentazioni. La polizia si è presentata con il testo del provvedimento dopo i primi spettacoli mattutini del 26 ottobre. Il resto degli eventi artistici, teatrali, musicali in programma è stato quindi cancellato.
I leader cattolici: «Gerusalemme sia inclusiva!»
La Maison d’Abraham, luogo di accoglienza per i pellegrini di tutte le religioni e spazio di incontro per coloro che lavorano per la giustizia e la pace, è stata creata nel 1964 su impulso del papa san Paolo VI. Affidata, come dicevamo, alla gestione di Secours Catholique – Caritas France, è sotto la protezione sia della Santa Sede che della Francia. Per questa ragione, e per sollecitare proteste formali, Bernard Thibaud si è rivolto, oltre che al patriarca latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa, anche all’arcivescovo Adolfo Tito Yllana, delegato apostolico a Gerusalemme e in Palestina, e al console generale di Francia, René Troccaz, peraltro presente all’inizio dell’evento interrotto il 26 ottobre dall’intervento delle forze dell’ordine israeliane.
Il 27 ottobre è stata l’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa a esporsi con una dichiarazione di condanna dell’ordinanza ministeriale israeliana, accolta con «grande preoccupazione e stupore» dai leader religiosi delle comunità cattoliche locali.
«Non possiamo comprendere – scrivono gli ecclesiastici – la logica di una decisione così frettolosa e ingiustificabile. Naturalmente l’evento culturale in programma aveva un carattere palestinese: la Casa è situata a Gerusalemme Est e sin dai suoi albori si pone l’obiettivo di creare un ambiente pacifico e costruttivo nel contesto che la circonda». «A Gerusalemme – si rammarica la dichiarazione – assistiamo a un continuo e sempre più aggressivo atteggiamento delle autorità locali verso tutto ciò che è considerato palestinese, come se i palestinesi non avessero diritto di espressione nella Città Santa. Quasi non ne facessero parte e Gerusalemme non fosse per loro».
«La Casa di Abramo – proseguono netti i leader religiosi cattolici –, le istituzioni che la sostengono, la comunità cristiana di Gerusalemme hanno il diritto di promuovere e sostenere tutto ciò che considerano adatto allo sviluppo della comunità e delle relazioni con tutti gli abitanti della Città Santa. Gerusalemme dovrà aprirsi a tutti in egual modo ed essere una Città inclusiva e non esclusiva, accogliente e non respingente, proprio perché è santa per le tre fedi monoteistiche e di estrema importanza per gli israeliani e per i palestinesi allo stesso modo».