Un’atmosfera apocalittica circonda dal 15 agosto Gerusalemme. Mentre si concludeva la festività dell’Assunta, il cielo si è oscurato improvvisamente. Mascherato da una fitta nuvola di fumo, il sole si è trasformato in un punto luminoso i cui raggi faticano a filtrare. Alle 17 la luminosità era quella dei tramonti più belli. Un breve passaggio dal Monte degli Ulivi, che domina Gerusalemme, ha fatto capire che un violento incendio è divampato una ventina di chilometri a ovest della città.
Lunedì 16 agosto cinque focolai erano ancora attivi, mentre i vigili del fuoco non erano riusciti ancora a domare le fiamme di quello che già considerano uno dei più vasti incendi nell’area di Gerusalemme degli ultimi anni. Secondo la dichiarazione fatta dai pompieri, quasi 1.700 ettari di foresta sono andati in fumo, quasi quattro volte di più rispetto ai precedenti incendi nella regione. Alimentato dall’aridità e dal vento, l’incendio ha imposto di evacuare circa 10 mila abitanti di sei centri a ovest di Gerusalemme – Beit Meir, Ksalon, Ramat Raziel, Shoresh, Sho’eva e Givat Ye’arim –, persone che nel corso di lunedì sono tornate alle loro abitazioni.
Quasi nessun incendio divampa per cause naturali
«Le cause dell’incendio sono al 100 per cento da attribuire all’uomo, ma non sappiamo ancora se il gesto sia stato doloso o accidentale», ha dichiarato Dedi Simhi, portavoce dei vigili del fuoco, specificando che un’inchiesta sarà aperta quando l’incendio sarà domato. Alon Mazar, portavoce dell’Autorità nazionale per gli incendi e i soccorsi, citato dal quotidiano Haaretz, ha spiegato che meno dell’1 per cento degli incendi boschivi ha cause naturali. Nella settimana che ha preceduto Ferragosto, mentre enormi incendi divampavano in Grecia e Turchia, i servizi israeliani hanno vietato i barbecue o l’accensione di fuochi all’aperto, perché nella maggior parte del Paese c’era già un «estremo rischio di incendio». La causa principale è la siccità, che si intensifica anno dopo anno nella regione.
Sebbene l’aridità da sola non provochi una combustione (è sempre necessaria una scintilla), quando la vegetazione è particolarmente secca per il caldo, gli incendi che divampano sono più violenti. Il mese di luglio 2021 è stato classificato come il peggiore per gli incendi a livello globale, da quando nel 2003 sono iniziati i rilievi con i satelliti. Gli incendi di foreste e praterie hanno rilasciato 343 megatoni di CO2, circa un quinto in più rispetto al precedente record del luglio 2014, secondo le stime del servizio di monitoraggio dell’atmosfera Copernicus dell’Unione Europea. Più della metà di queste emissioni proveniva da Nord America e Siberia, ma la stagione degli incendi è appena iniziata nel Mediterraneo.
Le zone a rischio
In Israele le aree più a rischio sono ben identificate dall’Autorità per gli incendi e i soccorsi: «Le zone interne di città e villaggi – spiega Shay Levy al quotidiano Haaretz, prendendo come esempio l’incendio di Haifa nel 2016 –. Il motivo è controintuitivo: si tratta della presenza del verde. Le persone vogliono sentirsi come se vivessero in una foresta. Il verde può mitigare il cambiamento climatico e ne abbiamo bisogno, ma dobbiamo tenere presente che costituisce il combustibile per gli incendi e deve essere gestito correttamente», ha affermato il capo dei vigili del fuoco. L’incendio di questa domenica è il secondo scoppiato nell’arco di dieci giorni nell’area di Gerusalemme.