Il fenomeno è recente e forse non avrà lunga vita. S’è fatto largo in alcune fasce di ebree ultraortodosse in Israele nei primi anni Duemila. «Le talebane» – come le chiamano con disprezzo gli altri haredi – sono poche decine e vivono nella città di Beit Shemesh, ma soprattutto nel quartiere di Mea Shearim, dislocato a ridosso del municipio di Gerusalemme. Anche all’interno di quella ridotta di ebrei ultraortodossi rigorosi, queste donne tendono ad isolarsi ulteriormente, denigrate dai vicini.
Molti israeliani ne ignorano l’esistenza. D’altronde nascondersi, sottrarre il proprio corpo agli sguardi altrui, e in particolare a quelli maschili, è una scelta di vita per delle ebree che esasperano oltre ogni limite il concetto di modestia e di pudore, attirandosi anche le reprimende dei rabbini.
Le ampie vesti nere che le avvolgono – talvolta fino a velare il viso – hanno molti strati e popolarmente sono state ribattezzate frumqa (o frumka), vocabolo ottenuto assemblando il termine yiddish frum (pio, devoto) con burqa, il velo integrale indossato, per scelta o imposizione esterna, da tante donne musulmane. (g.s.)