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A Idlib tifano per i talebani

Fulvio Scaglione
26 agosto 2021
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In Siria le milizie asserragliate nell'area di Idlib plaudono alla riconquista talebana dell'Afghanistan, sognando di poterla emulare un giorno anche a Damasco. Per mettere il presidente Assad in fuga come Ghani.


«Gli sviluppi in Afghanistan sono simili a quelli in Siria. I siriani chiedono di essere liberati dall’oppressione del regime criminale (di Bashar al-Assad – ndr) e dei suoi alleati, Russia e Iran. Ogni movimento di liberazione nel mondo ci fa sperare che ci siano popoli liberi che vogliono vivere nella libertà e nella dignità». Firmato: Taqi ad-Din Omar, capo della comunicazione di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), il movimento islamista che controlla larga parte della provincia di Idlib, nel Nord della Siria, e che negli ultimi mesi è andato estendendo il proprio potere. Per gli islamisti siriani, quindi, il prepotente ritorno dei talebani a Kabul è un atto di liberazione, il rovesciamento di un’oppressione. Sono poi sono arrivate le parole di Abu Maria al-Qahtani, leader di Hts, dicendo che «la vittoria non arriva attraverso patteggiamenti ed eufemismi ma attraverso la sincerità, nel tuono dei cannoni e tra le raffiche dei mitra». E per completare l’opera, in segno di gioia i miliziani del movimento hanno organizzato cortei di auto e distribuzioni di dolci per le strade di Idlib, mentre nelle moschee abbondavano i sermoni di compiacimento.

Tutto questo, nelle ore in cui il resto del mondo cercava un po’ affannosamente di organizzare una reazione alla riconquista talebana, ha creato un effetto straniante. Assad come Ashraf Ghani, il presidente afghano fuggito a ferragosto ad Abu Dhabi. E gli Usa di Biden come la Russia di Putin e l’Iran dell’ex presidente Rouhani, ovvero Stati imperialisti che appoggiano l’usurpatore di turno per i loro biechi interessi.

Eppure c’è una certa logica in questa follia. Hts colpisce con una certa regolarità i resti di Al Qaeda e dell’Isis nella provincia di Idlib. In parte per eliminare dei concorrenti, ma soprattutto per compiacere la Turchia, il Paese che con la sua «protezione» (politica ma anche pratica, cioè con armi e denaro) garantisce la sopravvivenza del movimento. L’obiettivo è mostrare all’Occidente, in particolare agli Usa, che Hts non è il gruppo armato che da anni è inserito in tutte le liste delle organizzazioni terroristiche, ma una preziosa risorsa nella lotta contro il jihadismo che tanto spesso ha colpito l’Occidente.

E poi, ovviamente, c’è l’esempio. Per il gruppo asserragliato a Idlib, la lotta dei talebani, vent’anni fa sconfitti e dispersi, poi seduti al tavolo delle trattative con gli Usa e oggi di nuovi trionfanti, è una specie di manifesto, di dichiarazione d’intenti. Un programma di lungo respiro da proporre ai militanti per rafforzare la loro fede nella vittoria finale.

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