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Israeliane leader nel biotech del cibo

Manuela Borraccino
1 luglio 2021
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Batteri “buoni” per conservare più a lungo il cibo, integratori alimentari tratti dal colostro umano e bovino, stoviglie commestibili per ridurre gli scarti: ricercatrici israeliane premiate per l’innovazione nelle biotecnologie alimentari


Oltre ad esser entrata, nell’anno della pandemia, tra le prime venti economie del mondo con un prodotto interno lordo pro capite di 44mila dollari all’anno (quello italiano è pari a 31.300 dollari), Israele sta diventando una potenza tecnologica anche nei due settori intrecciati della cosiddetta agricoltura di precisione, ovvero come coltivare e conservare cibo, e dello sviluppo di prodotti alimentari alternativi come le proteine prive di carne (ad esempio il manzo di origine vegetale che ha tratto eccezionale visibilità nei mesi scorsi da una visita dell’allora primo ministro Benjamin Netanyahu a un’azienda del settore). I ricercatori, fra i quali molte donne, usano strumenti d’avanguardia nei loro progetti come stampanti 3D (con ingredienti di origine vegetale nelle cartucce) e fibre di nano-cellulosa.

Conservare il cibo fresco più a lungo

Uno dei problemi più complessi nella produzione agricola è come proteggere i raccolti dalle calamità naturali o invasioni di insetti, contaminazioni e decomposizioni ed aumentare la durata di conservazione degli alimenti durante il trasporto dai campi alle case dei consumatori. I produttori di cibo impiegano infatti vari mezzi per proteggere quel che producono, compresi gli spray insetticidi chimici, il congelamento, il raccolto precoce e la maturazione rapida. Ma Ifat Hammer, cofondatrice e amministratrice delegata della start-up israeliana Biotipac, ha inventato un’altra tecnica eco-compatibile per il consumo del cibo fresco: si tratta di usare batteri “buoni” per estendere la durata di conservazione dei prodotti, agenti naturali che preservano il cibo prendendo il posto dei batteri nocivi. Senza necessariamente ricorrere al frigorifero.

Un concorso per le imprenditrici dell’agroalimentare

Per questa tecnologia naturale che ambisce a cambiare il modo in cui gestiamo il cibo fresco, la Hammer si è aggiudicata nelle scorse settimane il primo premio di 200mila dollari nel concorso israeliano per le donne nell’agroalimentare Women of Agrifood Nation, riservato alle imprenditrici che investono nell’innovazione. Il concorso, alla seconda edizione, è promosso dalla Fondazione Copia, che si occupa di sviluppo sostenibile e contrasto allo spreco, con lo scopo di far conoscere prodotti e aziende guidate da donne dell’agroalimentare e attrarre consumatori e investimenti. La speranza della Hammer, che ha già registrato parecchi brevetti, è quella che questo prodotto possa contribuire a ridurre la fame nel mondo conservando i raccolti abbastanza a lungo per esser trasportati da campi più remoti ai mercati.

Tra i 30 leader under 30

Un’altra delle aziende finaliste è la Maolac, guidata dalla cofondatrice e amministratrice delegata Maya Otmazgin Ashkenazi, già entrata l’anno scorso nella classifica dei «30 leader under 30» più influenti di Israele nell’edizione israeliana della rivista Forbes. Ispirata dalle proprietà del latte materno, la biologa ha sviluppato un integratore tratto dalle proteine del colostro: sono note infatti le proprietà di rafforzamento per il sistema immunitario del latte prodotto dalle ghiandole mammarie nelle ore immediatamente successive al parto, motivo per cui è altamente raccomandato l’allattamento anche solo per poche ore subito dopo la nascita. «Dalla mappatura delle proteine del colostro umano e bovino – ha spiegato la ricercatrice – abbiamo creato un sistema che può dare origine a una miscela, ovvero un integratore alimentare, capace di rafforzare il sistema immunitario e che può essere adattato a diverse categorie di persone, si tratti di anziani, atleti, bambini o adulti».

Servono investitori per la produzione di massa

Un’altra azienda entrata tra le finaliste è Incredibowl, fondata nel 2017 dall’imprenditrice Adi Pollack con scodelle e tazze commestibili create con materiali biodegradabili. Ragazza madre di un bimbo con bisogni speciali, la Pollack è stata aiutata dalla ong Yozmot Atid – specializzata nell’aiutare donne in difficoltà economica–, con un corso di formazione e un microcredito grazie al quale ha iniziato a realizzare le sue scodelle fatte di cereali, tazze e barattoli per marmellate tutti a base di ingredienti naturali. Dopo aver fatto conoscere i suoi prodotti attraverso i social, la Pollack è stata poi contattata da diverse imprese della green economy.

Per tutte, la scommessa è quella di attrarre investitori che possano immettere dei capitali per passare da una produzione di nicchia ad una di massa, e far decollare questi progetti in fase avanzata di sviluppo ma che hanno costantemente bisogno di ricerca.

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