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A due mesi dal cessate il fuoco, l’economia di Gaza va sempre peggio

Cécile Lemoine
22 luglio 2021
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A due mesi dal cessate il fuoco, l’economia di Gaza va sempre peggio
Munir Awad il 6 giugno 2021 ispeziona i resti del suo stabilimento che produceva plastica, colpito dall’aviazione israeliana. (foto Abed Rahim Khatib / Flash90)

L’ultimo conflitto tra Israele e Gaza, consumatosi tra il 10 e il 21 maggio, ha lasciato dietro di sé infrastrutture a pezzi, un’economia paralizzata e due milioni di persone in condizioni precarie.


Lo scambio di razzi tra Gaza e Israele è durato solo 11 giorni, ma le conseguenze per l’economia della già sofferente enclave costiera sono di vasta portata.

Il più colpito è il settore dell’edilizia abitativa e delle infrastrutture: i danni rappresentano il 61 per cento del totale, secondo i dati diffusi a metà luglio dal Comitato superiore del governo per la ricostruzione di Gaza. Quasi 1.800 abitazioni sono state completamente distrutte e altre 14.300 sono state danneggiate, costringendo decine di migliaia di palestinesi a cercare rifugio nelle scuole gestite dalle Nazioni Unite. Sono stati distrutti anche 74 edifici pubblici. Le Nazioni Unite calcolano che il costo per le prime riparazioni sia di 413 milioni di euro.

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Un edificio crollato nel quartiere di Al-Rimal nella città di Gaza il 30 maggio 2021 (foto Abed Rahim Khatib/Flash90)

Con il crollo degli edifici è danneggiata l’intera rete di approvvigionamento idrico, e l’acqua è rara nella Striscia di Gaza. «Circa un terzo delle tubazioni sono state danneggiate e non sono state ancora adeguatamente riparate, impedendo il trattamento delle acque reflue. Una parte si accumula in pozzanghere maleodoranti vicino alle aree residenziali, entra nelle falde acquifere o sfocia in mare», ha riferito Maher al-Najjar, vicedirettore del servizio idrico dei comuni costieri di Gaza, al quotidiano Haaretz.

Il blocco ritarda le riparazioni più urgenti

La mancanza di acqua si fa sentire pesantemente. Il consumo medio giornaliero di acqua per persona (per bere, lavarsi e pulire) è attualmente di 50-60 litri al giorno, mentre era di 80 litri prima del conflitto e dovrebbe essere di 100 litri, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità. A ciò si aggiunge il deterioramento della sua qualità.

Volontarie palestinesi ripuliscono dalle macerie una strada della città di Gaza, 23 maggio 2021. (foto Atia Mohammed / Flash90)

Le riparazioni più urgenti sono ritardate dal blocco mantenuto da Israele ed Egitto dal 2007, cioè da quando Hamas ha preso il potere a Gaza. Due mesi fa, il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz l’ha inasprito, condizionando l’ingresso di tutte le materie prime, i materiali da costruzione e prodotti «non umanitari” nell’enclave alla restituzione dei corpi dei soldati israeliani. Di conseguenza, anche le esportazioni nella Striscia di Gaza si sono ridotte del 90 per cento, e rappresentano un’importante fonte di reddito per i suoi abitanti.

Gli attacchi israeliani hanno preso di mira anche attività economiche del territorio, la cui distruzione rappresenta un terzo dei danni. Terreni agricoli, industrie chimiche, fattorie, magazzini… In totale, secondo il conto effettuato dall’ong Euro-Mediterranean Human Rights Monitor, sono stati cancellati dalla mappa circa 525 impianti produttivi.

Programmi di emergenza

«Il settore privato è nella situazione peggiore. Ha attraversato tre guerre dal 2000 senza alcun tipo di sostegno. Oggi l’economia è sull’orlo del collasso e questo potrebbe avere un grave impatto sui tassi di disoccupazione e sulla povertà», avverte sul sito The Media Line Ali al-Hayek, capo dell’Associazione degli imprenditori palestinesi.

Rifiuti nelle strade di Beit Hanoun, nel nord della Striscia di Gaza, all’indomani del cessate il fuoco tra Hamas e Israele del 21 maggio 2021. (foto Atia Mohammed / Flash90)

Il conflitto ha già notevolmente indebolito i mezzi di sussistenza e le reti di sicurezza dei più vulnerabili. Secondo un rapporto diffuso all’inizio di luglio dall’Onu, poco più del 60 per cento della popolazione della Striscia si trova in una situazione di insicurezza dal punto di vista alimentare, mentre metà delle persone sono disoccupate e/o vivono in condizioni di povertà.

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Se la situazione dovesse peggiorare ulteriormente, Abu Jayyab, economista palestinese con base a Gaza intervistato da The Media Line, teme un cambiamento nelle strategie dei programmi internazionali di sostegno ai territori palestinesi: «Ci saranno solo programmi di emergenza, anziché di sviluppo strategico a lungo termine per rafforzare il nostro settore privato e garantire un solido ciclo economico», afferma.

Il Fondo centrale delle Nazioni Unite per rispondere alle emergenze ha dichiarato di aver concesso 18,5 milioni di dollari per aiuti umanitari, mentre diversi Paesi hanno promesso milioni di dollari in aiuti. Gli Stati Uniti si sono impegnati ad aiutare a coordinare la ricostruzione di Gaza, pur sottolineando che Hamas, considerata un’organizzazione terroristica, non deve essere autorizzata a beneficiare di tali aiuti.

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