Da una parte gli islamisti del partito arabo Ra’am entrano nella coalizione del nuovo governo israeliano, dall'altra nasce una nuova sezione del quotidiano ebraico Haaretz per dare voce alle comunità arabe e palestinesi in Israele.
Sarà anche surreale, come si legge su Al Jazeera, ma non c’è dubbio che l’ingresso del partito dei conservatori islamisti Ra’am nella nuova coalizione di governo israeliana sia una delle novità dell’esecutivo che probabilmente nei prossimi giorni metterà fine, dopo 12 anni ininterrotti alla guida del governo, all’era di Benjamin (Bibi) Netanyahu. L’eredità di Bibi potrebbe risultare, a lungo termine, proprio la normalizzazione della partecipazione politica degli arabi in Israele, commenta il quotidiano The Financial Times. Ed un ulteriore segnale che forse l’ultima guerra con Hamas e gli scontri fra arabi ed ebrei in diverse città miste abbiano lasciato il segno nel pubblico israeliano. Ne è convinta tra gli altri l’analista di Haaretz Noa Landau, caposervizio responsabile di Haaretz21, una nuova iniziativa editoriale dello storico quotidiano con sede a Tel Aviv, una delle più autorevoli testate del Medio Oriente.
Landau: «un incubatore giornalistico e di cittadinanza»
«Se vogliamo intravvedere qualcosa di nuovo in quest’ultima guerra che possa farci essere ottimisti – ha osservato Landau in una delle ultime puntate del podcast settimanale di Haaretz – è il fatto che rispetto agli scontri degli anni passati sono aumentate le persone, i gruppi, le associazioni che hanno manifestato per chiedere la fine delle violenze». «È sempre più evidente – aggiunge Landau – che per uscire dal conflitto è necessario cambiare le narrative prevalenti e contribuire a forgiare una nuova identità israelo-palestinese, moltiplicare le occasioni di incontro, di conoscenza».
«Per superare le barriere visibili e invisibili esistenti tra noi – soggiunge la giornalista – dobbiamo adottare un approccio proattivo. Per questo alcuni mesi fa abbiamo intrapreso un viaggio sperimentale che non ha precedenti e che, come si è visto a Gaza, è diventato cruciale non solo come giornalisti ma anche come cittadini. Haaretz21 intende dare voce e amplificare il più possibile le storie e i punti di vista sottorappresentati delle comunità arabe e palestinesi all’interno di Israele: lo farà reclutando e formando nuovi giovani giornalisti arabi israeliani. L’idea era quella di creare e formare una redazione di giovani redattori arabi, un incubatore giornalistico che accompagni la loro integrazione con un sostegno individuale e collettivo».
La sfida di costruire una nuova identità israelo-palestinese
Sulla nuova sezione del sito scorrono notizie di denuncia degli incidenti del mese scorso e delle proteste che ne sono seguite, firmate da giovani e meno giovani giornaliste e giornalisti arabi, insieme a reportage come quello sul significato dell’aumento costante da anni delle matricole arabe all’Università ebraica di Gerusalemme. «Quando abbiamo iniziato ad organizzare la redazione nei mesi scorsi – racconta Landau – non pensavamo che si sarebbero trovati così presto a scrivere in un momento di crisi così acuta nelle relazioni fra arabi ed ebrei. Ciononostante hanno retto all’urto della prima linea, affrontando dilemmi di varia natura con coraggio, fornendo ai lettori di Haaretz uno sguardo diretto alle radici profonde della tempesta che abbiamo attraversato». Leggere i loro articoli, chiosa, è sostenere attraverso questo progetto culturale la nascita di una nuova identità israelo-palestinese.