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In Giordania nuove braccia per l’archeologia

Christophe Lafontaine
7 giugno 2021
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In Giordania nuove braccia per l’archeologia
Il mosaico della chiesa di Santa Maria a Rihab, nel nord della Giordania. (foto Unesco)

Un progetto dell’Unesco mira a preservare il patrimonio culturale giordano creando opportunità di lavoro per residenti e rifugiati. In tre chiese di Rihab, a Petra e, presto, in sei in località del nord del Paese.


«Opportunità di lavoro per la salvaguardia del patrimonio culturale in Giordania». È il titolo di un programma pilota conclusosi nei giorni scorsi a Rihab, nel nord della Giordania. Invece di coinvolgere esperti internazionali, mira a investire in manodopera locale a lungo termine per la salvaguardia del patrimonio culturale giordano e per rafforzare l’attrattività turistica nei siti archeologici, migliorandone la visibilità e l’informazione in loco. Tutto questo venendo incontro al bisogno immediato di creare posti di lavoro tra i giordani con meno risorse e i rifugiati siriani ospitati nel regno hashemita.

L’Unesco è partner in questo progetto con il Dipartimento delle antichità giordano, l’Agenzia tedesca per la cooperazione internazionale (Giz) e l’ong Avsi. Il progetto è finanziato dal ministero federale tedesco per la Cooperazione e lo Sviluppo economico nell’ambito di una iniziativa volta ad affrontare le cause profonde della migrazione, stabilizzare le regioni ospitanti e sostenere i rifugiati.

Missione compiuta

I lavori di Rihab sono stati portati a termine il 27 maggio. L’accento è stato posto sulla conservazione e ricostruzione dei mosaici, sulla conservazione delle strutture architettoniche e su una migliore presentazione dei resti archeologici. Ha riguardato la chiesa di Santa Maria, eretta nel 533 d.C. e che misura 13 metri di larghezza e 20 di lunghezza; l’interno di un doppio complesso ecclesiastico che risale all’inizio del periodo bizantino (fine VI e inizi VII secolo d.C.) con una chiesa dedicata a San Giovanni Battista e un’altra nota come chiesa dei sacerdoti Sergio e Procopio, secondo un’iscrizione dedicatoria rinvenuta nella navata principale.

Lì gli scalpellini hanno anche restaurato pilastri e plinti. I pavimenti a mosaico della chiesa di San Giovanni Battista sono caratterizzati da motivi geometrici e floreali, tra cui una rappresentazione dei quattro fiumi del Paradiso. Nel mese di giugno, nelle chiese saranno allestite mappe e pannelli interpretativi e a settembre 2021 verrà installato un riparo per la chiesa di Santa Maria.

Una scalpellina al lavoro nel complesso delle due chiese dedicate a San Giovanni Battista e ai preti Sergio e Procopio, a Rihab, Giordania. (foto Unesco / Qutaiba Dasouqui)

Rihab è nota per aver ospitato circa 32 chiese nel tempo, per lo più di epoca bizantina. Abbandonate nel IX secolo, le loro rovine sono state riscoperte alla fine degli anni Novanta.

Il progetto ha incluso anche la riabilitazione di due percorsi turistici nel sito di Petra, la famosa città nabatea nel sud della Giordania. Offrendo ai visitatori nuove opportunità per sperimentare il valore complessivo del celeberrimo sito archeologico, compreso il collegamento tra la Piccola Petra, situata a 10 chilometri a nord della sorella maggiore, e il «Monastero», l’edificio più grande della Grande Petra. Inoltre, la sommità del Sîq («il fosso»), la gola naturale che conduceva all’antico sito, necessitava di essere ripulita da detriti e rocce frantumate, per proteggere meglio il luogo dal rischio di frane.

Un aiuto concreto contro la disoccupazione

Il secondo obiettivo del progetto che ha permesso di realizzare il primo è stato quello di creare posti di lavoro a breve termine, attraverso un approccio cash-for-work. Il progetto prevede anche una formazione professionale nella conservazione del patrimonio culturale e richiede il coinvolgimento diretto della popolazione locale che vive nei pressi del sito di Petra, mentre a Rihab il progetto è rivolto  sia a giordani sia a rifugiati siriani che vivono nelle vicinanze della città, (a soli 30 chilometri dal confine siriano).

Attualmente, in un Paese dove il tasso di disoccupazione è del 23 per cento, il progetto ha dato opportunità di lavoro a 270 lavoratori: 150 a Petra e 120 a Rihab, di cui il 20 per cento donne e il 4 per cento disabili. A Rihab, l’obiettivo è stato di assumere fino a un lavoratore su due tra i siriani.

C’è un importante impatto finanziario e psicologico sui lavoratori che non solo ricevono posti di lavoro ma anche nuove competenze per essere membri attivi nella salvaguardia del loro patrimonio culturale. L’esperienza sarà replicata in un progetto più ampio rivolto ad altri sei siti nel nord della Giordania. L’iniziativa, che sarà realizzata dall’Unesco, è sostenuta dall’Unione europea. L’intento è di dare lavoro a mille persone.


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