(c.l./f.p.) Costeggia maestosamente il Mar Mediterraneo: la più grande basilica romana mai trovata in Israele fu il cuore di Ashkelon (Ascalona) dal I al III secolo d.C. I resti di questo antico e importante porto si trovano 20 chilometri a nord di quella che oggi è la Striscia di Gaza e 60 chilometri a sud di Tel Aviv.
L’Autorità israeliana per le antichità (Aia) ha rilasciato il 31 maggio una dichiarazione in cui annuncia che, per la prima volta, i resti della basilica romana di Ashkelon saranno presto mostrati ai turisti dopo un lungo lavoro di conservazione e parziale restauro per spiegare meglio la storia del sito e offrire una visione realistica di come poteva essere l’edificio. Nuovi scavi sono stati effettuati a partire dal 2016 come parte di un progetto di sviluppo del Parco nazionale di Ashkelon, secondo quanto ha riferito il quotidiano Haaretz. Gli scavi che sono continuati fino a due anni fa.
Le proporzioni della basilica erano colossali: si estendeva per circa 115 metri di lunghezza e 34 metri di larghezza. Per fare un raffronto, un campo da calcio ha una lunghezza che varia tra i 90 e i 120 metri e una larghezza tra i 45 e i 90 metri. Tale è la dimensione dell’edificio.
Un grande edificio pubblico
In epoca romana, la basilica era un grande edificio pubblico nel centro della città, dove i cittadini svolgevano i loro affari, si riunivano per ogni genere di questione, sociali, legali, amministrative. A volte vi si potevano tenere spettacoli teatrali o cerimonie religiose.
La basilica di Ashkelon era divisa in tre parti: una grande sala e due parti laterali. Secondo gli archeologi, la sala centrale era circondata da colonne di marmo allineate, alte fino a 13 metri. In epoca più tarda, le chiese cristiane si ispirarono in larga misura a questa struttura architettonica. Le colonne erano ornate alla sommità da capitelli – ne sono stati portati alla luce decine – elaborati con motivi vegetali e, in alcuni casi, con un’aquila. Simbolo romano per eccellenza, l’aquila conferma la destinazione generale e civile dell’edificio.
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La basilica era coperta da un tetto sostenuto da colonne. I pavimenti e le pareti erano in marmo importato via mare dall’Asia Minore. Nel sito sono stati scoperti circa 200 pezzi di marmo del peso di centinaia di tonnellate, testimonianza del passato splendore dell’edificio.
I direttori degli scavi, Rachel Bar Nathan, Saar Ganor e Federico Kobrin, hanno spiegato ad Haaretz che «la basilica [era stata] scoperta per la prima volta negli anni Venti del secolo scorso dall’archeologo britannico John Garstang che poi la ricoprì». Quest Una pratica comune nella conservazione. John Garstang è noto per essere stato il direttore delle antichità sotto il mandato britannico della Palestina. Nella zona non ci furono poi più scavi per quasi un secolo.
La basilica eretta in due fasi
Secondo gli archeologi, le fondamenta della basilica risalgono a Erode I il Grande (73 a.C. – 4 a.C.). «Una fonte storica suggerisce che la sua famiglia fosse originaria della città di Ashkelon», dicono gli archeologi. Questo potrebbe giustificare il grande interesse del re per la città. Poiché Erode era famoso in particolare per il suo gusto per l’architettura monumentale, le dimensioni della basilica non dovrebbero sorprendere. Fanno eco gli scritti dello storico ebreo-romano Giuseppe Flavio che menzionano chiaramente le costruzioni di Erode nella città di Ashkelon, con elenchi di fontane, un bagno pubblico, stanze colonnate. Una conferma viene anche dalla datazione di alcune monete del periodo erodiano rinvenute sotto le lastre della struttura.
Ma fu sotto la dinastia romana dei Severi (Settimio Severo regnò sull’Impero Romano tra il 193 e il 235), nel II e III secolo d.C., che l’edificio fu ristrutturato. Gli archeologi indicano che «nel sito sono stati portati elementi architettonici marmorei e fu aggiunto un piccolo teatro», attiguo alla basilica. L’odeon era stato scoperto durante precedenti scavi nel 1985.
Nel sito erano state rinvenute anche diverse imponenti sculture in marmo durante gli scavi effettuati dagli inglesi negli anni Venti. Alcune raffigurano divinità pagane, tra cui Nike, dea greca della vittoria, sorretta dal dio Atlante, titano condannato a portare il mondo le sue spalle. C’è anche la divinità egizia Iside, rappresentata come Tyche, la dea della fortuna, della prosperità e del destino di uno Stato o di una città. Come è il caso di Ashkelon.
La città fu distrutta da un terremoto nel 363 d.C. e la basilica venne devastata. «Gli effetti delle onde sismiche sono chiaramente visibili sul pavimento dell’edificio, che forniscono prove tangibili degli eventi di quell’anno ad Ashkelon», si legge nel comunicato dell’Aia.
I ruderi della basilica furono poi riutilizzati in epoca abbaside e fatimide (VIII-XII secolo d.C.) per altri usi in situ o in varie costruzioni nella regione. «I migliori sono stati trasportati a Giaffa», ha detto ad Haaretz l’archeologa Saar Ganor. «Parte del marmo della basilica si trova nella moschea Mahmoudiya, la più grande moschea di Giaffa, costruita nel XIX secolo», ha aggiunto.
Un vasto e complesso progetto di restauro
Gli scavi effettuati dall’Aia fanno parte di un progetto congiunto dell’Autorità israeliana per la natura e i parchi, del Comune di Ashkelon e della Fondazione filantropica privata americana Leon Levy, volto a preservare e restaurare il teatro e la basilica e renderli accessibili ai visitatori. In questa fase gli archeologi stanno ricostruendo quanto è possibile della basilica romana, utilizzando il marmo che ancora rimane sul sito e hanno già innalzato una colonna alta più di 10 metri.
«Quando i lavori saranno terminati, il colonnato dovrebbe essere costituito da 15-17 colonne di questo tipo, e per la prima volta dal 363 d.C. la basilica si risolleverà. Inoltre, alcune statue saranno issate in posizione verticale. Il piccolo teatro sarà restaurato e sarà dotato di moderne poltrone, un palcoscenico e una serie di pannelli esplicativi. I visitatori potranno seguire dal proprio posto lo stato di avanzamento dei lavori della basilica, che dovrebbero concludersi nei prossimi mesi.